Buttati Bernardo! - You're a Big Boy Now
Regia: | Francis Ford Coppola |
Vietato: | No |
Video: | Biblioteca Decentrata Rosta Nuova, visionabile solo in sede |
DVD: | |
Genere: | Commedia |
Tipologia: | Diventare grandi, Giovani in famiglia |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Tratto dal romanzo omonimo di David Benedictus |
Sceneggiatura: | Francis Ford Coppola |
Fotografia: | Andrew Laszlo |
Musiche: | Robert Prince, Arthur Schroeck; le canzoni sono di John Sebastian cantate dai Lovin'Spoonful |
Montaggio: | Aram Avakian |
Scenografia: | Vassele Fotopoulos |
Costumi: | |
Effetti: | |
Interpreti: | Tony Bill (Raef), Karen Black (Amy), Michael Dunne (Richard Mudd), Julie Harris (Miss Thing), Elizabeth Hartman (Barbara Darling), Peter Kastner (Bernard Chanticleer), Michael O'Sullivan (Kurt Doughty), Geraldine Page (Margery Chanticleer), Dolph Sweet (poliziotto Graf), Rip Torn (I. H. Chanticleer) |
Produzione: | Phil Feldman - Seven Arts Prod |
Distribuzione: | Non reperibile in pellicola |
Origine: | Usa |
Anno: | 1967 |
Durata:
| 97'
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Trama:
| A 19 anni Bernardo, impiegato della biblioteca di New York, è ancora succube del padre e della madre. Poiché il giovane ha bisogno di rendersi indipendente, viene deciso che vivrà in una camera ammobiliata la cui padrona resterà in stretto contatto con i genitori. Gli amici sono pronti a sostenere Bernardo che, però, perde la testa per un'attricetta.
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Critica 1: | Diciannovenne ritenuto adulto dai genitori va a vivere a New York. La tutela continua, però, per interposta persona. Particolarmente interessante nella prima parte, quest'opera giovanile di Coppola (aveva 27 anni) è agile, piacevole, ricca di fantasia e di trovate. |
Autore critica: | |
Fonte critica | Il Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli |
Data critica:
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Critica 2: | (…) Con Buttati Bernardo Coppola è ormai grande, è un "big boy". Ha superato l'esame (anche in senso letterale, visto che presenta il film come tesi per il master a UCLA). Al suo secondo film, riesce a tenere in pugno un gruppo di attori esperti come Geraldine Page (che ha una nomination per l'Oscar), Julie Harris, Rip Torn, e a far esprimere ai migliori livelli i giovani Peter Kastner (già messosi in luce con Nobody Waved Goodbye), Elizabeth Hartman e Karen Black (allora sconosciuta). In più si cimenta in un racconto che esula dai "generi" classici da cui il regista proviene; il tema diventerà invece un luogo tipico, se non proprio un genere, della New Hollywood (si pensi soltanto al Laureato di Nichols e, dello stesso regista, Conoscenza carnale). Il punto di riferimento più immediato è però The Knack di Lester, di cui (…) è un po' la versione newyorkese. Il film, purtroppo, è nettamente eclissato dal successo internazionale del Laureato, ma, a ben vedere, non ne è da meno. Come Dustin Hoffman, Peter Kastner incarna “l’uomo nuovo" americano, il prototipo di una generazione che ha perso le sicurezze della big country, e vive nevroticamente (e magari umorosamente) le contraddizioni del nucleo familiare, dell'ambiente sociale, del modo di vita di un'epoca, gli anni sessanta.
Come il personaggio interpretato da Hoffman, Bernard riconsacra poi i conflitti latenti in un happy ending rassicurante; gli anni della scoperta del Vietnam, tutto sommato, sono ancora lontani. Ma molto più di Dustin Hoffman, Peter Kastner è modellato su alcuni stereotipi europei, resi famosi dalla nouvelle vague: pare di scorgere la versione americana di un Jean-Pierre Léaud, con bagaglio di smorfie, ammiccamenti, contorcimenti clowneschi. Insomma, il romanzo di David Benedictus, da cui il film è tratto, viene riletto con gli occhi di Truffaut e di Godard, sia dal punto di vista tecnico (uso dei piani di sequenza, montaggio sincopato, rottura della narrazione, "scoperta" della macchina da presa, ecc. ), sia dal punto di vista dell'ideologia sottesa: il giovane Coppola, infatti, pare buttare nella confezione industriale tutto il bagaglio tipico dello studente di college anni sessanta, con il suo datato moralismo, con le sue rabbie, le sue ingenuità "marcusiane". Qualche esempio: solo, alla scoperta della metropoli, Bernardo subisce la "seduzione" della società dello spettacolo e dei consumi; le immagini sono ipnotiche, tentacolari, basate sull'osceno della «Playland», la città dell'eros. Il giovane, ancora puro, interviene su questa realtà a livello di immaginario, la sua fantasia è dirompente, trasgressiva: la scritta WC sulla porta del suo gabinetto diventa oggetto
di elucubrazioni tipo «Welcome Comunists», e una scritta razzista sul muro «Niggers go Home» (negri tornate a casa) scatena la fantasia in immagini utopiche e umorose: il ragazzo cancella la scritta, la trasforma sul surreale «Negri, in Scozia dove è il vostro cuore», e sogna a occhi aperti un negro che suona la cornamusa, vestito in gonnellino (ma la musica che suona è un jazz stile New Orleans). E così alcuni spezzoni di repertorio (guerra, violenza, pubblicità) fanno da contraltare alle luci e ai lussi della città del benessere.
L'ideologia "liberal" del regista pare dunque dichiarata, seppur con un vezzo à la mode, e carica di interpretazioni colte le varie situazioni narrative della sceneggiatura: ad esempio l'ironia sul mondo della cultura accademica, su cui troneggia « I. H., Curator of Incunabula », padre di Bernardo; oppure la presa in giro del potere costituito, incarnato nel poliziotto nevrotico dalla pistola facile; il suggerimento semiserio di interpretazioni psicanalitiche («ho tagliato il cordone ombelicale», grida ad esempio Raef a Bernardo, dopo avergli tagliato il filo di un aquilone); l'autoironia delle citazioni cinefile (Il pozzo e il pendolo, Dementia 13), ecc. Più importante, però, è l'uso della macchina da presa e del montaggio che sconvolge tutte le regole del ben girato optando per gli arditismi e le invenzioni tecniche dell'avanguardia. Ad esempio le fotografie scattate da una macchinetta automatica sono montate come un film d'animazione; l'immagine di Bernardo in corsa "attraversa" il fotogramma fisso di un gruppo di giocatori di baseball, e così via. Il regista interviene continuamente sul fotogramma, sulla sequenza, la narrazione è sempre sincopata da invenzioni che impediscono al pubblico l'immedesimazione totale. Da qui l'esplosione di gags del film, una sequenza di situazioni e di battute comiche o grottesche a getto continuo, che hanno alle spalle il Charlie Chaplin di Tempi moderni o certe "catastrofi" comiche di Jerry Lewis (…).
Impossibile ricordarle tutte: gli impiegati della biblioteca che corrono sui pattini tra gli scaffali dei libri austeri, in un'atmosfera da American Graffiti (d'altra parte sullo stesso Kastner paiono ricalcati, anche fisicamente, personaggi del film di Lucas, come Charlie Martin Smith); la corsa appresso all'aquilone, che travolge ogni cosa; il risveglio di Bernardo (altro luogo comico tipico, penso al recente Ratataplan di Maurizio Nichetti); un'altra corsa per la città, stavolta sui pattini e sulle ali della felicità (Bernardo ha ricevuto la lettera di Barbara, lettera che finisce, alla fine, in una fogna); il ricordo patetico del fidanzato di Miss Thing. E poi il catastrofico approccio amoroso con Barbara: la seduzione materna di Barbara, che " allatta " Bernardo, lo strip tease del ragazzo, con tanto di mutandoni a pois, il gag del letto ribaltabile (Bernardo vi resta logicamente chiuso dentro), la gamba di legno dell'antico stupratore di Barbara. Anche la biblioteca austera si trasforma in una apocalittica santabarbara: il serioso e narcisista «I. H.» Chanticleer resta chiuso nella cassaforte insieme alla terribile Miss Thing, con risultati immaginabili; la mensa automatica dei dipendenti si trasforma in una catena di montaggio impazzita (alla Tempi moderni, appunto), che sforna senza tregua bicchieri di latte. Il finale è un vero e proprio grand guignol, con il colpo di fulmine tra Miss Thing e il poliziotto " macho " (anche qui una catastrofe: il letto del possibile amplesso sprofonda sotto il peso dei due amanti) e la comica finale della fuga di Bernardo in mezzo a bande musicali (una situazione tipica di Coppola) e grandi magazzini. È il trionfo del "circo" (vedremo a proposito di Apocalypse Now come si sia parlato di "circo" in un'accezione positiva per definire il complesso e multiplo senso dello spettacolo coppoliano).
Coppola riesce a unire così il puro divertissement con l'ammiccamento colto. Da un lato guarda alla nouvelle vague: oltre agli scimmiottamenti di un Léaud o di un Belmondo, si devono ricordare soprattutto le bellissime sequenze con la macchina a mano, i camera car " poveri " per le strade di una New York anticonvenzionale, e i piani sequenza circolari (ancora la macchina a mano) alla scoperta del mondo kitsch della casa di Barbara Darling. Dall'altro si cimenta in un prodotto già della nostalgia: il fascino di un immaginario perduto, alla American Graffiti, dei pattini a rotelle, dell'università, dell'adolescenza, bruciati con la fine dell'innocenza, con il brusco risveglio nell'America del Vietnam. In questo senso, Buttati Bernardo ricorda molto da vicino Hi Mom!, film giovanile di Brian De Palma in cui ritorna, appunto, la matrice europea-cinefila adattata alle
caratteristiche fisiologiche e all'innata esigenza di "spettacolo" della civiltà nord-americana; e lo scanzonato, giovanissimo De Niro nei panni di un cineasta dilettante (che tenta senza fortuna di far fruttare le sue seduzioni amorose e voyeuristiche), ricorda vagamente Bernardo. Anche lui, come la generazione di registi di cui andiamo parlando, alla ricerca di un'identità; anche lui pieno di rabbie e di violenze represse che devono prima o poi esplodere. «Hi, Mom!», saluta De Niro nell'ultima inquadratura, ripreso dalla televisione. E pare salutare, come Bernardo, la mamma vera (da cui si fugge) e la grande mamma, la civiltà delle immagini, l'opulenta società del benessere. De Palma, però, vi irride con un ultimo gesto dissacratorio. Coppola, invece, più ambiguamente, "concilia". Ed è questo compromesso, il ritorno alle rassicuranti certezze, la sintesi pacifica dopo le fratture dolorose, che vuol significare il finale di Buttati Bernardo: Bernard ed Amy, che ormai l'ha conquistato, visitano, chissà perché, una fabbrica di biscotti; e l'happy end si conclude su un'immagine simbolica di biscotti impastati che si allacciano e si annodano come i cuori dei due innamorati. La famiglia trionfa di nuovo, il nuovo nucleo si salda su nuovi valori. |
Autore critica: | Vito Zagarrio |
Fonte critica: | Francis Ford Coppola, Il Castoro Cinema |
Data critica:
| 9/1980
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Critica 3: | |
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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