Macbeth - Macbeth
Regia: | Orson Welles |
Vietato: | No |
Video: | Pantmedia |
DVD: | Ermitage |
Genere: | Drammatico |
Tipologia: | Letteratura inglese - 500/600, Storia del cinema |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Tratto dal dramma omonimo di William Shakespeare |
Sceneggiatura: | Orson Welles |
Fotografia: | William Bradford, John Russell |
Musiche: | Jaques Ibert |
Montaggio: | Louis Lindsay |
Scenografia: | |
Costumi: | |
Effetti: | |
Interpreti: | William Alland, Edgar Barrier, Keene Curtis, John Dierkes, Jerry Farber, Roddy Mcdowall, Alan Napier, Jeanette Nolan, Daniel O'Herlihy, Erskine Sanford, Gus Schilling, Peggy Webber, Christopher Welles, Orson Welles |
Produzione: | Orson Welles per la Republic Pictures e per la Mercury Productions |
Distribuzione: | Cineteca del Friuli |
Origine: | Usa |
Anno: | 1948 |
Durata:
| 107'
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Trama:
| Dal dramma (1605-06) di William Shakespeare. Per Macbeth, spinto dalla moglie, la scalata al trono di Scozia è seminata di delitti. Fin dall'incontro con le tre streghe che gli profetizzano il futuro, l'ascesa e la caduta, è trasparente l'idea del regista-interprete: Macbeth non è padrone del suo destino, quel che gli accade è una sorta di incubo.
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Critica 1: | Produttivamente è una scommessa: girato in tre settimane, dopo quattro mesi di prove, in un teatro della Republic al costo di 65000 dollari con scenografie di cartone incatramato, costumi barbarici (disegnati dallo stesso O. Welles), atmosfere nebbiose per mimetizzare la povertà dell'impianto, attori che parlano con accento scozzese. "... è l'esito della guerra mondiale, dei genocidi, dell'inferno concentrazionario; ecco la dimensione collettiva degli eroi di Welles: sotto il coperchio di questa marmitta da streghe spinge un avvenire apocalittico... Macbeth illumina la componente criminale che è alla fonte di tutti i suoi personaggi..." (M. Bessy). |
Autore critica: | |
Fonte critica | Il Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli |
Data critica:
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Critica 2: | Prima di lasciare l'America, Welles vuole però dimostrare all'opinione pubblica di saper realizzare un film in assoluta economia. E ne approfitta anche per verificare una vecchia teoria, che risale ai suoi “primi amori ": egli sostiene l'assoluta facilità ed economicità di mettere in scena Shake-speare, a condizione di “girare" solo dopo che tutto - attori, recitazione, luci, costumi, scenogralfie ecc. - sia stato provato e riprovato più volte. La possibilità di verificare queste tesi gliela offre, nel '47, in tempi e modi assolutamente imprevisti (vista la fama che Welles si è guadagnato, nell'operosa e codina America), un produttore minore: Charles K. Feldman della Republic Pictures, una piccola casa specializzata in western (Roy Rogers, per esempio, che toccherà i vertici della sua “qualità " nel '52 con A Quiet Man (Un uomo tranquillo) di John Ford.
Welles, a questo punto, strabilia tutti: coglie al volo l’occasione, sceglie il Macbeth - uno dei testi shakespeariani che gli sono più congeniali -, trova gli attori in modo un po' casuale (la mancanza degli amici che di solito lavorano con lui si sentirà), fa fare quattro mesi di prove alla troupe e poi gira il film in una ventina di giorni (Feldman, infatti, rigidissimo, non gli concede di più). Le spese sono - incredibilmente - limitate a 65 mila dollari. Ne risulta un film poverissimo, nel vero senso della parola (e si vede), tutto interni e scenografie di cartone, costumi “preistorici” (anzi, “barbarici”, dato che questo è l'aggettivo più usato nei suoi confronti) disegnati da lui, atmosfere nebbiose di ghiaccio secco, in quella teatralità a forti tinte e fosche sensazioni che gli è sempre caratteristica peculiare. Nel frattempo, Laurence Olivier presenta il suo HamIet a Venezia (c'è anche Welles col suo film), un'opera costruita con una concezione e modi opposti al Macbeth: è ricchissima di ricostruzioni, offre una resa delle atmosfere shakespeariane molto più “pura”, molto meno terrena e carnale. Sono due interpretazioni che si scontrano. Welles (e la sua “vitalità barbarica”) sostiene - l'ha sempre fatto, anche nel '36, agli esordi, con quel Macbeth "nero” di Harlem ambientato ad Haiti tra il Voo-Doo e il Baron Samedi - e mette in risalto l'aspetto elisabettiano e popolaresco, sanguigno e carnascialesco dello scrittore di Stratford-on-Avon (la critica, però, salvo poche eccezioni, sarà tutta a favore dell’interpretazione di Olivier).
Nel '40 aveva detto: “È vero che il cinema migliora quasi tutto, ma non riesce a rendere i versi più belli. Ma Macbeth, con le sue oscure brughiere, sarebbe una gran cosa: una giusta via di mezzo fra Cime tempestose e La moglie di Frankenstein”. Ed è anche in questa chiave da “mélo-horror” (certo non in senso deteriore) che, forse vanno intese la regia e l’interpretazione di questo Macbeth, finalmente passato dal palcoscenico allo schermo, con il trucco e la recitazione "caricati", con le “espressioni stralunate, le sopracciglia rinforzate e vibranti, gli occhi sbarrati” e con i monologhi fuori campo a sottolineare l'interiorità del dramma. |
Autore critica: | Claudio M. Valentinetti |
Fonte critica: | Orson Welles, Il Castoro cinema |
Data critica:
| 11/1980
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Critica 3: | |
Autore critica: | |
Fonte critica: | |
Data critica:
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Libro da cui e' stato tratto il film |
Titolo libro: | Macbeth |
Autore libro: | Shakespeare William |
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