Vangelo secondo Matteo (Il) - Vangelo secondo Matteo (Il)
Regia: | Pier Paolo Pasolini |
Vietato: | No |
Video: | L'Unità Multimedia |
DVD: | |
Genere: | Religioso |
Tipologia: | Storia del cinema |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Pier Paolo Pasolini |
Sceneggiatura: | Pier Paolo Pasolini |
Fotografia: | Tonino Delli Colli |
Musiche: | musica originale: Luis Enríquez Bacalov; musica non originale: da Mozart, Bach, Prokofiev, Webern, "Missa Luba" Congolese, Negro Spirituals e Canti Rivoluzionari Russi |
Montaggio: | Nino Baragli |
Scenografia: | Luigi Scaccianoce |
Costumi: | Danilo Donati |
Effetti: | |
Interpreti: | Enrique Irazoqui (Cristo), Margherita Caruso (Maria giovane), Susanna Pasolini (Maria vecchia), Marcello Morante (Giuseppe), Mario Socrate (Giovanni Battista), Settimio Di Porto (Pietro), Otello Sestili (Giuda Iscariota), Ferruccio Nuzzo (Matteo), Giacomo Morante (Giovanni Apostolo), Giorgio Agamben (Filippo), Luigi Barbini (Giacomo di Alfeo), Amerigo Bevilacqua (Erode il grande), Eliseo Boschi (Giuseppe di Arimatea), Guido Cerretani (Bartolomeo), Franca Cupane (Eroidiade), Ninetto Davoli (Un pastorello), Rossana Di Rocco (L'angelo del Signore), Marcello Galdini (Giacomo di Zebedeo), Alfonso Gatto (Andrea), Natalia Ginzburg (Maria di Betania), Francesco Leonetti (Erode Antipa), Franco Mariotti (L'indemoniato), Rosario Migale (Tommaso), Enzo Siciliano (Simone), Elio Spaziani (Taddeo), Alessandro Tasca (Ponzio Pilato), Paola Tedesco (Salomé), Renato Terra (Un fariseo), Rodolfo Wilcock (Caifa ) |
Produzione: | Alfredo Bini per Arco Film/Lux Cinematographique De France |
Distribuzione: | Cineteca Nazionale - Istituto Luce - Mondadori Video - San Paolo Audiovisivi - De Agostini - L' Unità Video - Laserdisc: Pioneer Electronics |
Origine: | Francia, Italia |
Anno: | 1964 |
Durata:
| 142'
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Trama:
| Seguendo fedelmente il "Vangelo di S. Matteo", il film narra la vita di Gesù Cristo dall'Annunciazione alla Vergine Maria al matrimonio di Lei con Giuseppe, dalla nascita di Gesù alla strage degli innocenti. Divenuto adulto, Gesù, nel deserto, affronta le tentazioni e dopo 40 giorni percorre la Palestina per predicare la Buona Novella, seguito dagli Apostoli. La Sua presenza fra gli uomini è segnata dai miracoli, dal Sermone della Montagna, dal tradimento di Giuda Iscariota, fino al momento in cui, processato da Pilato, viene condannato alla crocefissione. La Resurrezione conclude la vita terrena del Redentore.
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Critica 1: | Evitando rigorosamente i pericoli e i veleni dell'estetismo (...) ripropone così un Cristo radicato nella terra e nel paesaggio, circoscritto dalla dolente coralità della folla (...). Il suo è soprattutto un Cristo del processo implacabile e strenuo alla razza di vipere (..) che esplode nelle grandi sequenze della collera (...) e ritorna nel grido di protesta e di ribellione del Crocefisso, che si stacca sull'atroce indifferenza della città, murata nella luce dell'alba. |
Autore critica: | Adelio Ferrero |
Fonte critica | Cinema Nuovo n. 171 |
Data critica:
| settembre 1964
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Critica 2: | La vita del Cristo secondo uno dei tre evangelisti sinottici da cui, però, sono stati espunti tutti i passi escatologici e la maggior parte dei miracoli. E un film laico, rivolto a mettere in luce l'umanità più che la divinità di un Gesù severo, pugnace, medievale, carico di tristezza e di solitudine. Quando il regista riesce a far coincidere il testo di Matteo con l'autobiografia, la passione con l'ideologia, è il film di un poeta. In senso teologico, è un vangelo senza speranza. Con il suo sincretismo formale, i riferimenti pittorici, la scabra luminosità, il richiamo a un Terzo Mondo che non è più solo preistoria, raggiunge una forte tonalità epica e religiosa. Dedicato "alla cara, lieta e familiare memoria di Giovanni XXIII". Premio speciale della giuria e premio OCIC (cattolico) a Venezia e insulti beceri di neofascisti e cattolici in camicia nera. |
Autore critica: | |
Fonte critica: | Il Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli |
Data critica:
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Critica 3: | Alcuni critici si sono meravigliati che Pier Paolo Pasolini, scrittore marxista, traducendo sullo schermo Il Vangelo secondo Matteo, si sia mantenuto fedele al testo originale. Non c'è, infatti, incompatibilità assoluta fra il cristianesimo e il marxismo? Fra gli apostoli e i ragazzi di vita? Fra la poesia civile di sinistra e il cattolicesimo di destra? Nella meraviglia si esprimeva il moralismo d'una società come quella italiana, pochissimo religiosa e perciò costretta ad un conformismo di comportamento, Pasolini s'era “comportato” fin ora in un certo modo; come poteva, ad un tratto, “comportarsi” in un modo tanto diverso?
In realtà Pasolini s'è mantenuto soprattutto fedele a se stesso; e poiché il cristianesimo costituisce in lui il nesso sentimentale e ideologico che collega le ardue esperienze opposte del marxismo e del decadentismo, egli è stato anche, in maniera molto naturale, fedele al cristianesimo. Un cristianesimo, appunto, di specie insieme popolare e raffinata, che gli ha permesso da un lato di illuminare il carattere rivoluzionario del messaggio cristiano, dall'altro di recuperare la bellezza che è nel testo del Vangelo e nelle interpretazioni che ne ha dato l'arte di tutti i tempi.
Rispetto ad Accattone, Il Vangelo secondo Matteo segna un processo indubbio, prima di tutto per l'eccezionale impeto espressivo che in questo film rivela direttamente e immediatamente quali sono le cose che stanno a cuore a Pasolini. E in secondo luogo perché, nelle singole parti, Pasolini mostra questa volta di sapere alleare la poesia ad una rifinitezza e levità che in Accattone, più elementare, non si potevano ancora che intravvedere.
Pasolini ha un senso acuto della realtà del volto umano, come luogo d'incontro di energie ineffabili che esplodono nell'espressione, cioè in qualche cosa di asimmetrico, di individuale, di impuro, di composito, insomma il contrario del tipico. I primi piani di Pasolini sarebbero sufficienti da soli a mettere Il Vangelo secondo Matteo sopra un livello eccezionale. Ma questi primi piani non basterebbero a darci la storia di Gesù, come una galleria di ritratti non basta a darci l'idea degli avvenimenti ai quali hanno preso parte i personaggi. Il film, dunque, sarà un alternarsi di volti in primo piano e di scene drammatiche per lo più contemplate da lontano, cioè come può vederli uno spettatore il quale ora fissi lo sguardo sulle facce, ora cerchi d'abbracciare la scena intera. Niente dunque di naturalistico in questa maniera ora di avvicinare, ora di allontanare, volti e scena, semmai una rappresentazione francamente estetizzante, che non pretende mai, come fa il naturalismo, di darci la verità fotografica delle cose.
Pasolini ha capito il valore plastico e poetico, così del silenzio, come della parola. Diciamo subito che i silenzi sono la forza del film e le parole la debolezza. I silenzi di Pasolini sono affidati all'organo che è più legato al silenzio: gli occhi. Non parliamo qui degli occhi degli spettatori, bensì degli occhi dei personaggi. Le sequenze silenziose del Vangelo secondo Matteo sono le più belle, appunto perché il silenzio è il mezzo più sicuro per farci fare il salto vertiginoso all'indietro che ci propone Pasolini con il suo film. La parola è sempre storica; il silenzio si pone fuori della storia, nell'assolutezza delle immagini: il silenzio dell'Annunciazione, il silenzio che accompagna la morte di Erode, il silenzio degli apostoli che guardano Gesù e di Gesù che guarda gli apostoli, il silenzio di Giuda che sta per tradire, il silenzio di Gesù che sa di essere tradito. Il silenzio nel film di Pasolini non è, d'altra parte, quello del cinema muto, cioè un silenzio per difetto; bensì è il silenzio del parlato, cioè un silenzio plastico, espressivo, poetico.
Mentre i silenzi sono di Pasolini, le parole, ovviamente, sono del Vangelo. Abbiamo sempre pensato che la parola nel cinema ha un carattere veristico, cioè, in fondo, superfluo, come dimostra se non altro il fatto che per molto tempo il cinema fu muto e tuttavia lo stesso completamente e felicemente espressivo. Questo carattere della parola nel cinema rendeva tanto più difficile la trascrizione cinematografica d'un linguaggio così denso e così ricco di metafore, come quello del Vangelo. Vedendo il film di Pasolini si riporta l'impressione che lo schermo, per sua natura adatto all'immagine che scorre e si mostra, piuttosto che alla parola che si ferma e dice, non sia il luogo migliore per accogliere la risonanza di un discorso che sembra esigere le architetture e gli sfondi dipinti d'un tempio. Pasolini, il quale s'è servito della voce assai efficace di Enrico Maria Salerno, ha cercato in tutti i modi di risolvere il problema di questa incompatibilità, ma non vi è riuscito che parzialmente.
Adesso resta da dire che specie di Gesù è questo di Pasolini. Diciamo subito che si tratta d'un Gesù molto diverso da quello conformistico che predomina ancora oggi. Non vogliamo sprecare troppe parole su un fatto ovvio: è chiaro che la bontà di Gesù ha, in sede storica, un carattere paradossale e rivoluzionario, e che, nel momento stesso che Gesù diceva: “Ama il tuo prossimo come te stesso”, egli diceva qualche cosa che non era soltanto l'espressione di un sentimento, ma soprattutto, rispetto al mondo di allora, qualcosa di oggettivamente sovvertitore. Per questo, Pasolini ha mirato a darci un Gesù duro, violento, iconoclasta, inflessibile, come appunto doveva apparire ai suoi contemporanei e non come appare oggi a noi che, com'è stato già detto, non possiamo non dichiararci tutti cristiani. Lo stesso va detto dell'ambiente nel quale Gesù si trovò a predicare. Per essere pienamente rivoluzionario, il cristianesimo doveva essere non soltanto paradossale, ma anche “invisibile”. Che cosa di più invisibile allora, d'una religione predicata da un povero tra i poveri, in una provincia remota, in un linguaggio sconosciuto ai potenti? E così ci pare che anche il “miserabilismo” di Pasolini trovi una sua giustificazione storica e ideologica oltre che artistica.
Pasolini ha preso i suoi attori dalla strada, sia si tratti di amici dell'ambiente letterario, sia di popolani dei luoghi dove il film è stato girato. E stata ancora una volta una buona idea e il rendimento è notevole. Enrique Irazoqui, lo studente spagnolo che interpreta il personaggio di Gesù, ha un volto che ricorda il greco, i bizantini e i primitivi. Questo volto, spesso grave oppure adirato, più di rado sorridente, è una delle più belle invenzioni del film. |
Autore critica: | Alberto Moravia |
Fonte critica: | L'Espresso |
Data critica:
| 4/10/1964
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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