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Muro di gomma (Il) -

Regia:Marco Risi
Vietato:No
Video:L' Unita' Video, C.Gori
DVD:
Genere:Drammatico
Tipologia:La memoria del XX secolo, Mass media
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Sandro Petraglia, Andrea Purgatori, Stefano Rulli
Sceneggiatura:Sandro Petraglia, Andrea Purgatori, Stefano Rulli
Fotografia:Mauro Marchetti
Musiche:Francesco De Gregori
Montaggio:Claudio Di Mauro
Scenografia:Massimo Spano
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Corso Salani (Rocco F.), Angela Finocchiaro (Giannina), Antonello Fassari (Franco), Carla Benedetti (Sandra), Pietro Ghislandi (Corra'), Benito Artesi (il giudice), Gianfranco Barra (Ministro Difesa),Mario De Candia (Davide), Ivo Garrani (Capo Di Stato Magg.), Eliana Miglio (Anna)
Produzione:Trio Cinema e Televisione S.R.L. - Penta Film
Distribuzione:Cineteca Nazionale
Origine:Italia
Anno:1991
Durata:

118’

Trama:

Nel 1980 nel pressi di Ustica, un aereo civile, il DC 9 della "Itavia" con ottantuno passeggeri a bordo, esplode in volo e precipita in mare a tremila metri di profondità. Dalla direzione del "Corriere della Sera", l'inchiesta giornalistica su questo tragico incidente viene affidata al giovane Rocco, un valido collaboratore: costui comincia un'indagine più che faticosa, mentre si fa sempre più acuto lo strazio delle famiglie per tanti innocenti precipitati negli abissi marini. Rocco si trova non solo davanti ad un enigma, ma di fronte a silenzi ufficiali o versioni inattendibili, Servizi segreti ammantati di mistero, sfere militari evasive o pronte ad ogni smentita, magistrati lenti o condizionati, politici quasi sempre inabbordabili, periti ed esperti impotenti. Il recupero in mare dei resti del DC 9, effettuato da due diverse imprese straniere (la seconda delle quali è marsigliese, molto legata ai Servizi segreti francesi) rivela lacune inconcepibili, per la mancanza di reperti importanti. Il giornalista resta coinvolto nella sua allucinante inchiesta, in cui tutto appare possibile e niente è basato sul sicuro, poichè la mera verità è costantemente rimossa da una volontà occulta e da una paura generalizzata. L'ipotesi che l'aereo Itavia sia stato colpito da un missile appare la più plausibile. Rocco ha compiuto una impresa difficile, mille volte ostacolata, anche rischiosa, ma la sua indagine non ha messo in luce che una parte della verità. La tragedia resta nascosta ed allontanata nel tempo e nella memoria dietro cortine spesse e comode, mentre resta vivo e cocente il dolore dei familiari per queste vittime innocenti.

Critica 1:Il 27 giugno 1980 un aereo DC-9 precipita nel cielo di Ustica. Un giovane e bravo giornalista di un quotidiano milanese fa l'ipotesi di un missile, sdegnosamente smentita dalla autorità militari. Nove anni dopo sono tutti sotto inchiesta. Scritto dal giornalista Andrea Purgatori del "Corriere della Sera" con Rulli & Petraglia, è Petraglia, è un buon esempio di cinema giornalistico e civile: ogni sequenza dà una notizia, la ricostruzione di un fatto di cronaca diventa un apologo forte sul potere politico-militare e le sue vergogne.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:Il muro di gomma di Marco Risi, inutile far finta di niente, è qualcosa di più che un semplice film. Discussioni e recensioni si sono rivelate (e non poteva essere altrimenti) il trionfo del profilmico, del prefilmico, del postfilmico e via, a suon di prefissi, suffissi ed infissi. Tentiamo di liberarcene. Diciamo subito che per Il muro di gomma vale il discorso fatto pochi mesi prima per Il portaborse: è bello che simili film esistano e si possano fare, è piacevole la loro corrispondenza con la realtà, la loro capacità di «mordere», il loro - come si diceva un tempo - impegno civile. Nel caso del Muro di gomma, le coincidenze hanno poi aiutato il film in modo inaspettato e, va detto, non voluto, quindi doppiamente gradevole. Proprio alla vigilia della presentazione del film a Venezia, i giudici hanno emanato sei nuove incriminazioni che finalmente riguardano pesci grossi dell'aeronautica e dei servizi segreti. Ovvio (e una volta tanto, ripetiamo, gradevole) che Risi e i suoi sceneggiatori abbiano potuto plaudire, dal Lido, alle crepe che finalmente si insinuavano nel muro di gomma dell'omertà di stato. Forse Ustica è la prima strage sulla quale ci si avvicina alla verità. Certo, questo avviene perché fu una strage «involontaria», con un missile che colpì un aereo che era nel posto giusto al momento sbagliato (quelle maledette due ore di ritardo al decollo), ma intanto avviene, o pare che avvenga. Meno male. Assolti i doveri di cronaca, si vorrebbe venire incontro a un appello di Risi risalente a tempi non sospetti (prima, cioè, che il film uscisse). «Spero che il film non venga cavalcato da nessun partito. E spero, prima di tutto, che sia un bel film». La risposta è semplice. A nostro parere Il muro di gomma è bello, magari non bellissimo, con una caratteristica: è più un film «di sceneggiatura» che non un film «di regia». (…) il copione di Rulli, Petraglia e Purgatori è accuratissimo: la scommessa - delineare i personaggi e, al tempo stesso, fare lievemente progredire la storia in ogni sequenza - è vinta quasi sempre. Occorre tenere presente che la «storia», in questo caso, coincide con la «cronaca». Il criterio in base al quale costruire il «percorso» della sceneggiatura è quindi, in senso proprio, giornalistico: dare, in ogni sequenza, delle notizie. Ecco dunque, tanto per rimanere all'incipit del film, che la sequenza 1 ci informa semplicemente della scomparsa di un aereo, la sequenza 2 ci dà l'elenco delle vittime, la sequenza 4 (alla redazione del «Corriere», ricostruita in modo assai attendibile) ci consente di ricostruire l'insieme delle notizie fino a quel momento, la sequenza 5 ci informa delle due ore di ritardo del Dc-9 (quindi, quasi sicuramente non si tratta di una bomba). Fateci caso: è l'esatto percorso di accumulazione di notizie che seguirebbe un vero giornalista incaricato di occuparsi di un fatto di cronaca che non è, ancora, un «caso». Naturalmente, poiché il film non è un articolo di giornale, questo attacco ha anche due deviazioni «forti» dalla ricostruzione di cronaca che danno, da subito, il tono della narrazione. Si tratta della lettura dell'elenco delle vittime (sequenza 2) e della misteriosa telefonata ricevuta da Rocco, relativa all'ipotesi del missile (sequenza 3). Nella sequenza 2, la lettura dei nomi regala immediatamente il climax emotivo del film: la sequenza è ben studiata sulla carta, ma certo, in questo caso, è la regia di Risi a dare il tono alla scena. La sequenza inizia con un bellissimo movimento di macchina, a seguire una bambina che spinge un carrello portabagagli; e acquista grande intensità quando, a lettura dell'elenco appena iniziata, la macchina stringe su Angela Finocchiaro in lacrime (non possiamo giurarci, ma è anche questo un carrello, non semplice «zoom» ottico). Subito dopo partono i titoli, accompagnati dalla voce che legge i nomi in ordine alfabetico e dalla voce di Francesco De Gregori. È una scena che stabilisce uno dei due toni del film, la commozione levata all'indignazione: anche se va detto che, nel prosieguo della narrazione, un simile vertice non viene più eguagliato La sequenza 3, invece, introduce nel film l'elemento del mistero, il thrilling. La telefonata del controllore di volo è autentica, è una cosa avvenuta realmente a Purgatori, ma comunque è inserita nella trama in modo assai funzionale. Il tono da thrilling politico-giornalistico pervade poi tutto il film, senza mai raggiungere termini di vera suspense (è il guaio delle ricostruzioni di fatti autentici: si sa già come va a finire... Da questo punto di vista, le invenzioni più belle del copione sono i deu incontri con l'agente dei servizi segreti (sequenze 22 e 40), e anche i questo caso è la regia ad esaltare meglio la sceneggiatura: soprattutto sono ben scelte le ambientazioni, il Palazzo delle esposizioni a Rom e le vie parigine intorno al Beaubourg. Il Palazzo romano è una delle architetture fredde, geometriche, quasi astratte in cui spesso vengono inquadrati i personaggi. Sono i momenti in cui la vicenda riesce ad assumere un tono da mistero kafkiano. E questo ci consente di introdurre due possibili letture «sommerse» di Il muro di gomma. La prima è, se vogliamo, lampante: Il muro di gomma è a un primo livello la ricostruzione di un fatto di cronaca, a un secondo livello un apologo sull'incomprensibilità delle istituzioni. Il compito del giornalista è proprio «svelare» questo mistero, fare luce sui meccanismi, piuttosto che trovare dei nomi di colpevoli. La cosa affascinante è che questa incomprensibilità esiste in qualche misura anche all'interno dell'istituzione-giornale. Ne è esempio l'altoparlante da cui esce la voce del direttore («doppiata» da Dino Risi, il padre di Marco), simbolo di un'autorità enigmatica, forse inesistente. È la conferma che spesso sono delle voci fuori campo a dare al film i suoi momenti più forti (la citata lettura dei nomi, le telefonate ricevute da Rocco), ma il bello è che quel marchingegno è una delle cose più realistiche del film: nelle redazioni periferiche dei giornali (e tale è la redazione di Roma, per un quotidiano milanese come il «Corriere») le riunioni del mattino, quelle in cui si discutono i servizi della giornata, si svolgono davvero così. Alla fine, le istituzioni restano lontane, distanti. In questo senso Il muro di gomma deriva direttamente, all'interno della filmografia di Risi, da due strazianti scene di Ragazzi fuori: quella in cui Mery viene condannato da un tribunale gelido e indifferente, e quella - conclusiva - in cui la polizia scopre un cadavere nella discarica, e commenta «uno di meno». Un'altra lettura, meno evidente e sicuramente più discutibile, è quella di Il muro di gomma come un sottile apologo sulla nostra quotidianità, e sulla cultura popolare ad essa collegata. Quando gli ambienti non sono kafkiani, sono consueti, vissuti. C'è una sorta di filo rosso che lega alcune scene del film ed è quello delle canzonette. Il tassinaro che canta «Passerotto non andare via...» (di Baglioni) nella sequenza 7, il ragazzo in motorino che urla «Rose rosse per te...» (di Ranieri) nella sequenza 33, le canzoni di Battisti. C'è tutto un tessuto sonoro assai «vissuto» che dà al film una sorta di simpatica vitalità, insieme ai piccolissimi spunti da commedia che Risi ha seminato qua e là (si noti quanto spesso Rocco è visto in trattoria, come il Sordi di Una vita difficile: un'altra indimenticabile figura di giornalista, uno dei film del padre a cui Marco Risi è maggiormente affezionato).
La sequenza in cui i due momenti si incontrano è quella, a nostro parere straordinaria, in cui Rocco porta la copia fresca di stampa del «Corriere» ai generali che stanno cenando, ancora una volta, in trattoria. Li trova che cantano. Prima «Funiculì funiculà», poi «Nessun dorma». E nell'esecuzione di questa romanza della «Turandot», resa famosissima da Pavartotti, c'è tutto il senso del film: la volgarità degli uomini in divisa, il loro essere una sorta di enigma vivente («ma il mio mestiere è chiuso in me ...», recita la romanza). La commedia, il thrilling e il dramma racchiusi in una singola immagine di grande potenza.
Autore critica:Alberto Crespi
Fonte critica:Cineforum n. 309
Data critica:

11/1991

Critica 3:
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