Scopone scientifico (Lo) -
Regia: | Luigi Comencini |
Vietato: | No |
Video: | Domovideo |
DVD: | |
Genere: | Commedia |
Tipologia: | Storia del cinema |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Rodolfo Sonego |
Sceneggiatura: | Rodolfo Sonego |
Fotografia: | Giuseppe Ruzzolini |
Musiche: | Piero Piccioni |
Montaggio: | Nino Baragli |
Scenografia: | |
Costumi: | |
Effetti: | |
Interpreti: | Mario Carotenuto (il professore), Guido Cerniglia (il medico), Joseph Cotten, George Bette Davis (la miliardaria),Dalila Di Lazzaro (l'infermiera), Antonella Di Maggio (Cleopatra), Daniele Dublino( il parroco), Luciana Lehar (vicina di casa), Silvana Mangano( Antonia), Domenico Modugno (Richetto), Piero Morgia (iI tifoso), Franca Scagnetti (Pasqualina), Alberto Sordi (Peppino) |
Produzione: | Dino De Laurentiis |
Distribuzione: | Cineteca Lucana, Cineteca Nazionale |
Origine: | Italia |
Anno: | 1972 |
Durata:
| 116’
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Trama:
| Ogni anno, una vecchia miliardaria americana, che ama giocare a scopone scientifico, viene a Roma col suo segretario ed ex-amante George, s'installa in una lussuosa villa confinante con un misero agglomerato di baracche, e chiama a giocare, regalandogli un milione, lo straccivendolo Peppino e sua moglie Antonia, donna delle pulizie. I due poveracci, che hanno cinque figli e conducono una vita grama, sognano ogni volta di poter trasformare, con una grossa vincita, la loro esistenza, ma restano regolarmente delusi. Finalmente, una sera riescono a vincere più di duecento milioni. Caduta in deliquio per la rabbia d'essere stata sconfitta, la vecchia sembra li' li' per morire, ma si riprende, grazie a iniezioni e sorsate d'ossigeno, e in una nuova serie di partite batte i due tapinelli, che restano di nuovo senza un soldo. Imputando il disastro a Peppino, Antonia cambia partner; invita a giocare in coppia con lei un suo spasimante, Righetto, professionista e baro, ma anche questi, cui gli abitanti della borgata hanno affidato tutti i loro risparmi, viene battuto dalla vecchia, dopo essere riuscito a vincerle quasi mezzo miliardo. Mentre Righetto tenta il suicidio, per la vergogna d'essere stato sconfitto, Peppino e Antonia si riconciliano, rassegnandosi all'imbattibilità della vecchia. A vendicarli di tante delusioni, però, pensa Cleopatra, la loro primogenita, che all'aeroporto consegna alla miliardaria, in partenza per l'America, un dolce avvelenato.
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Critica 1: | Uno straccivendolo romano e la moglie si battono ogni anno a scopone con una vecchia e dispotica miliardaria americana in coppia con il suo segretario. In un primo tempo la posta in palio è fittizia, ma poi si fa sul serio: si giocano tutti i risparmi della borgata. La vecchiaccia vince. Scritta da Rodolfo Sonego, è una vetta della commedia italiana, basata sulla dialettica denaro-potere. E la morale è amara: a giocare con i ricchi (con chi tiene il banco o con chi lo rappresenta) si perde sempre. Non c'è divisione tra buoni (poveri) e cattivi (ricchi): la linea di separazione è segnata dalla classe sociale e dall'obbligata scelta di campo. Film appassionante, interpretabile a vari livelli e recitato da attori infallibili. |
Autore critica: | |
Fonte critica | Il Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli |
Data critica:
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Critica 2: | Lo straccivendolo Peppino e suo moglie Anna, due tipici esponenti del sottoproletariato romano, vivono periodicamente la loro magnifica illusione ogni volta che capita da quelle parti una vecchia miliardaria americana, espertissima nei giochi tradizionali dei diversi paesi e fissata a voler dimostrare anche in questo campo la sua superiorità sugli «indigeni». Ai due poveracci, che costituiscono i suoi avversari abituali a Roma, regala sempre in partenza un milione, che poi si riprende regolarmente, anche perché loro, commossi da tanta generosità, non riescono mai a giocare con la necessaria spietatezza. Capita, però, che una volta Anna stringe i denti e ce la mette tutta, riuscendo ad accumulare una vincita enorme. A questo punto, la vecchiaccia va tempestivamente in coma, impietosendo così gli avversari e convincendoli ad accettare di giocare continuamente al raddoppio, cosa che, date le sue illimitate disponibilità, le consente alla fine di riprendersi tutto, anche dopo che il tremebondo Peppino s'è lasciato sostituire da un giocatore di professione. Quando ripartirà per l'America, comunque, l'implacabile «benefattrice» si porterà dietro un dolce regalatole dalla figlia maggiore della coppia, una malinconica ragazzina fisicamente menomata e poco disposta a condividere le illusioni dei grandi: nel dolce, infatti, ha infilato una buona dose di veleno.
II film è magari anche divertente, ma molto meno futile ed evasivo di quel che sembra. Gioca parecchio, s'intende, sulla solita mimica di Sordi e sul confronto con quel mostro sacro che è Bette Davis, ma, al di sotto delle apparenze comiche, riesce ad essere piuttosto acre e convenientemente feroce.
Dice chiaramente, in sostanza, che i ricchi nuotano nei soldi come pesci nell'acqua e possono anche permettersi di darli in regalo, con la certezza di vederseli tornare a casa. Ma dice anche, e soprattutto, che a stare al loro gioco - all'illusione che la ricchezza dipenda dalla fortuna e non da una spietata volontà di accumulazione e dal gelido piacere che dà la potenza del denaro - i poveri possono solo perdere.
Per vincere, cioè, devono diventare ugualmente freddi e spietati, senza lasciarsi incantare dalla «generosità» dell'avversario e dalla sua buona disposizione a concedere anche agli altri una fettina della torta.
D'accordo, gli spassosi o patetici effetti della commedia all'italiana possono anche far perdere di vista il fondo acre e aggressivo della vicenda, ma non diremmo che impediscano di farlo affiorare continuamente, in un discorso correttamente classista, nei limiti in cui si propone di esserlo. Ci si ferma, cioè, ai «sentimenti» con cui va condotta la lotta di classe (e con cui la conducono, per parte loro, i capitalisti), materia di riflessione secondaria più che si vuole, ma non certo trascurabile, dati i molti equivoci tuttora circolanti circa la possibilità di «conciliazione» fra le classi, di cui la sbandierata buona volontà riformistica dei detentori al potere costituirebbe la prova.
In questa parabola risulta evidente perlomeno una cosa: che i soldi chiamano soldi, né può essere diversamente, perché la logica dei profitto vuole così, per cui è inutile sperare di esserne beneficiati, se si sta dall'altra parte e non ci si decide a contrastarla con una logica altrettanto ferrea e implacabile. La figlia di Peppino e di Anna, a cui la sofferenza e l'umiliazione hanno tolto ogni illusione, rendendola più matura dei genitori, dimostra di averlo capito. |
Autore critica: | Sandro Zambetti |
Fonte critica: | Cineforum n. 121 |
Data critica:
| 3/1973
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Critica 3: | |
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Data critica:
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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