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Baci rubati - Baisers Volés

Regia:François Truffaut
Vietato:18
Video:Elle U
DVD:Bim
Genere:Commedia
Tipologia:Diventare grandi
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Claude De Givray, Bernard Revon, Francois Truffaut
Sceneggiatura:Claude De Givray, Bernard Revon, Francois Truffaut
Fotografia:Denys Clerval
Musiche:Antoine Duhamel; la canzone "Que reste-t-il de nos amours?" di Charles Trenet è interpretata dall'autore
Montaggio:Agnes Guillemot
Scenografia:Claude Pignot
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Jean-Pierre Leaud (Antoine Doinel), Claude Jade (Christine), Daniel Ceccaldi (Sig. Darbon), Claire Duhamel (Sig.ra Darbon), Delphine Seyrig (Fabienne Tabard), Jean-Francois Adam (Albert Tazzi)
Paul Pavel (Julien), Marie-France Pisier (Colette Tazzi), Albert Simono (Albani)
Produzione:Les Films du Carrosse - Les Productions Artistes Associés
Distribuzione:Non reperibile in pellicola
Origine:Francia
Anno:1968
Durata:

90'

Trama:

Il giovane Antoine Doinel, allontanato dall'esercito per scarso rendimento, si consola con donne dai facili costumi, trascurando la fidanzata Christine. Impiegatosi, quindi, come portiere di notte in un alberghetto ospitale, viene licenziato per aver aiutato un detective privato a cogliere in flagrante un'adultera. Entrato a sua volta alle dipendenze di un'agenzia di investigazioni, si finge, per lavoro, commesso nel negozio del signor Tabard, della cui moglie si innamora come un collegiale. Conclusa la fuggevole avventura, lascia l'agenzia, e si mette a riparare televisori a domicilio. Un giorno, Christine, che non vuole lasciarselo sfuggire, lo chiama in casa per un guasto e si getta fra le sue braccia. Antoine, ormai maturo, le promette di sposarla.

Critica 1:Finito il servizio militare, Antoine Doinel, assunto in un'agenzia investigativa, s'innamora di una signora che dovrebbe sorvegliare. Lei gli si concede, facendogli promettere che non cercherà più di vederla. Diventato riparatore di televisori, incontra il suo primo amore. È il terzo dei cinque film della saga Doinel, forse il più divertente e gaio, soltanto sfiorato dalla malinconia. Tenero, semplice, commovente come la canzone di Trenet "Que reste-t'il de nos amours?".
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:(…) Storia di un'iniziazione all'età adulta, Baci rubati è la prima commedia del regista, costruita pensando al «vecchio Lubitsch ». Ed è anche il primo e unico caso in cui la lavorazione del film non è al centro dei suoi pensieri: a pochi giorni dall'inizio delle riprese scoppia l'«affaire Langlois» - al fondatore e direttore della Cinémathèque non viene rinnovato dal Consiglio di amministrazione il mandato appena scaduto - e Truffaut si divide tra il set e il comitato di difesa di cui è stato nominato tesoriere. La traccia di questa « doppia vita di cineasta e di militante » si trova nella prima inquadratura del film « dedicato alla Cinémathèque di Henri Langlois »: il cancello della Cinémathèque, al Palais de Chaillot nei giardini del Trocadero, è sbarrato, e s'intravvede un cartello con la scritta « RIPOSO. La data di riapertura sarà comunicata a mezzo stampa ». Un altro unicum nel cinema del regista: né prima né dopo troveremo nei suoi film qualcosa di analogo. L'eco del '68, l'impegno «politico», ma anche qualsiasi riferimento diretto alla contemporaneità raggiunge Truffaut solo attraverso questa immagine esclusivamente cinematografica. Un'immagine «storica» che tuttavia diventa subito evocativa, grazie al contrappunto musicale della canzone di Charles Trenet: «Que reste-t-il de nos amours?». Che cosa ci resta dei nostri amori, cantava Trenet nel 1942: una Ciné-
mathèque usurpata, risponde Truffaut nel 1968. Il primo amore di Baci rubati è dunque quello del regista, che mette a punto una commedia volutamente d'altri tempi. E questa dialettica iniziale tra passato e presente, giocata su musica e immagini, informa tutto il film: segna il passaggio di Doinel dall'infanzia all'età adulta, marca il rapporto tra Truffaut e la sua epoca, filtra ogni cosa attraverso la dimensione «affettiva».
Film «minore» ma delizioso, leggiadro e libero, Baci rubati «spera di assomigliare a una canzone» e arriva a rimettere in discussione alcuni punti fermi dell'Uomo truffautiano proprio mentre ne consolida la versione più emblematica. E - già «nostalgico» all'epoca - non ha risentito affatto del trascorrere degli anni.(...) .
L'«ingresso nella vita» alla Balzac di Antoine Doinel, come quello di qualsiasi ragazzo della sua età, è ricerca del lavoro e dell'amore. È naturale che per Doinel il lavoro non sia il «posto fisso», regolare, istituzionalizzato: nessuna integrazione sociale è possibile per l'alter ego di Truffaut, che ha disertato l'esercito dopo essersi arruolato volontario. Doinel cambierà spesso impiego, in Baci rubati e anche nei film successivi, arrivando a fare i lavori più strani (all'inizio di Non drammatizziamo... È solo questione di corna, lo vedremo vendere per strada fiori che colora da sé): è un personaggio eternamente «provvisorio», al quale il denaro e la carriera saranno sempre concetti completamente estranei. Da questo punto di vista si è tentati di considerarlo un uomo del suo tempo, un sessantottino antimilitarista e disubbidiente alle regole capitaliste che governano il mondo occidentale. Ma sarebbe assolutamente una forzatura, una sovrapposizione ideologica dettata dalle coincidenze epocali. L'influenza dell'epoca c'è, sorprendentemente, in Baci rubati, ma va individuata altrove. «Io sono un nostalgico», dice Truffaut, «tutto rivolto al passato... Non ho le antenne per ciò che è moderno, procedo per sensazioni, per cose già provate... Baci rubati è un po' come se fosse stato girato nel 1945, ma senza dirlo.» E Jean-Pierre Léaud, «ragione d'essere del film», interessa a Truffaut per «il suo anacronismo e il suo romanticismo. È un giovanotto del XIX secolo. In fondo è un personaggio di Dickens o di Jack London...»
Dopo la breve parentesi di Doinel come portiere d'albergo (un piccolo ma evidente omaggio a Sacha Guitry e al suo Romanzo di un baro), Truffaut sceglie per il suo antieroe il lavoro di detective, che consente di dare al film una certa strutturazione, anche se morbida, e che, nella sua peculiarità di private eye, è molto simile a quello autobiografico del giornalista e soprattutto del regista. A contatto con storie di altri, delle quali i diretti interessati chiedono uno sviluppo, un seguito, una spiegazione, Doinel compie non solo la propria formazione professionale, ma anche la propria educazione sentimentale, visto che tutti i clienti chiedono indagini d'amore. Doinel, insomma, lavora come Truffaut, che gira sempre e solo film d'amore, e contemporaneamente fa le sue esperienze personali, che comprendono più o meno tutte le varianti, dall'incontro con una prostituta al fidanzamento con una brava ragazza all'avventura con una donna sposata. L'iniziazione alla vita è dunque il confronto con il lavoro e l'amore. Ma in Baci rubati è anche, e soprattutto, movimento, slancio, flusso. Storia di pedinamenti e di fughe, di rincorse e di passeggiate, di scarpe, di missive e di telefonate, il terzo capitolo del ciclo Doinel ha come figura dominante il percorso, il tratto che congiunge - concretamente o idealmente - un individuo a un altro, lo spazio vuoto da coprire per appagare il desiderio di incontrare la persona amata. Persino la lettera d'addio che Antoine scrive alla signora Tabard è mostrata nel suo viaggio verso la destinataria in una splendida sequenza sotterranea, dove le viscere della città che scorre in superficie diventano depositarie dei turbamenti fisici ed emotivi più forti, incontro di corpi che prelude metaforicamente all'avventura successiva, e anche rivisitazione squisitamente truffautiana della celebre telefonata che apre Il delitto perfetto di Hitchcock. (…)
Autore critica:Paola Malanga
Fonte critica:Tutto il cinema di Truffaut, Baldini & Castoldi
Data critica:

1996

Critica 3:
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Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
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