Hours (The) - Hours (The)
Regia: | Stephen Daldry |
Vietato: | No |
Video: | Paramount |
DVD: | Paramount |
Genere: | Drammatico |
Tipologia: | La condizione femminile, Le diversità |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Tratto dal romanzo " Le Ore" di Michael Cunningham |
Sceneggiatura: | David Hare |
Fotografia: | Seamus McGarvey |
Musiche: | Philip Glass |
Montaggio: | Peter Boyle |
Scenografia: | Maria Djurkovic |
Costumi: | Ann Roth |
Effetti: | Stuart Brisdon, Double Negative, Jim Lillis |
Interpreti: | Nicole Kidman (Virginia Wolf), Meryl Streep (Clarissa Vaughn), Julianne Moore (Laura Brown), Allison Janney (Sally), Ed Harris (Richard), Claire Danes (Julia), Toni Collette (Kitty), Eileen Atkins (Barbara), Stephen Dillane (Leonard Woolf), Charley Ramm (Julian Bell), John C. Reilly (Dan Brawn), Miranda Richardson (Vanessa Bell) |
Produzione: | Miramax Films - Scott Rudin Productions |
Distribuzione: | Buena Vista International Italia |
Origine: | Usa |
Anno: | 2002 |
Durata:
| 114’
|
Trama:
| Tre storie di donne che vivono in periodi diversi ma che hanno come comune denominatore il romanzo "Mrs. Dalloway" di Virginia Woolf. Nel 1923 la stessa Virginia Woolf mentre sta scrivendo il libro si trova a dover combattere contro la depressione e il pensiero del suicidio. Nel 1949 Laura Brown, casalinga di Los Angeles in attesa di un bambino, deve organizzare una festa per il compleanno del marito ma non riesce a staccarsi dalla lettura del libro della Woolf. Nella New York del 2000, Clarissa Vaughn vuole dare una festa per l'amico e ex compagno Richard, famoso scrittore che sta morendo di AIDS, che la chiama 'Mrs. Dalloway'.
|
Critica 1: | Il romanzo dei destini incrociati. Tre donne, in tre epoche diverse, condividono la brutta esperienza di sentirsi estranee alla propria vita. Una è Virginia Woolf (Nicole Kidman): mentre combatte contro la depressione che la condurrà al suicidio, riesce tuttavia a scrivere il suo grande "Mrs. Dalloway". La seconda, Clarissa (Meryl Streep), abita nella New York di oggi, ha una figlia grande, convive con una donna e il suo amatissimo amico poeta, morente di Aids, la chiama come la protagonista del romanzo di Virginia. L'ultima è Laura (Julianne Moore), casalinga, moglie di un eroe di guerra e madre in una villetta della periferia americana anni '50, corrosa da un'esistenza che non riesce più a sopportare. Tratto dal bellissimo romanzo di Michael Cunningham, The Hours suggerisce il filo arcano che unisce i destini di donne così diverse tra loro ricorrendo alle simmetrie: un'unica giornata per ciascuna, dal trillo della sveglia all'ora di coricarsi; tre momenti-chiave nelle rispettive crisi; tre baci lesbici; non un suicidio, ma due addirittura e così via. L'esito lascia abbastanza perplessi: come se il film di Stephen Daldry (che pure, a Berlino, ha commosso molti) fosse troppo studiato a tavolino, troppo perfetto per non diventare cerebrale e un po' freddo. Nella più benevola delle ipotesi, si potrebbe pensare che il regista lo abbia realizzato così per far corrispondere lo stile all'interiorità delle protagoniste le quali - tutte - reprimono la propria sessualità e le proprie emozioni; ma l'idea, probabilmente, è troppo sofistica. Fatto sta che Daldry, al contrario di quel che faceva in Billy Elliot, non ricorre a effetti di linguaggio miranti a stimolare le reazioni dello spettatore; preferisce adottare una regia sobria, al servizio delle tre superstar di cui dispone. Nicole Kidman si lascia mettere il naso finto, protesi rituale per un'attrice bella che vuole essere riconosciuta anche per brava (e lo è). La Moore, in un contesto che evoca irresistibilmente Lontano dal paradiso, ha di nuovo problemi con le scelte sessuali (là erano quelle del marito, questa volta le sue) e mette nella parte la trepida intensità di cui è capace. Però la migliore del gruppo risulta, alla fine, Meryl Streep, straordinaria soprattutto nella scena in cui, dopo aver tentato di tutto per proteggere se stessa e le persone che ama, perde improvvisamente il controllo dei nervi. |
Autore critica: | Roberto Nepoti |
Fonte critica | la Repubblica |
Data critica:
| 8/3/2003
|
Critica 2: | Le nove candidature, inclusa quella per la migliore attrice a Nicole Kidman, non hanno influito più di tanto sul botteghino Usa, dove The Hours resta per ora attestato sulla cifra relativamente modesta di 30 milioni di dollari in nove settimane. Il risultato potrebbe cambiare qualora le nomination, la notte del 23 marzo, si trasformassero in Oscar, ma sempre (almeno sulla carta) nei limiti consentiti ad un film basato su un romanzo di raffinata ispirazione letteraria come «Le ore» (Bompiani). Premio Pulitzer nel '99, l´americano Michael Cunningham lo ha scritto da un lato parafrasando amorosamente «Mrs. Dalloway» di Virginia Woolf (il cui titolo originario per l´appunto doveva essere «The Hours»), con il suo monologo interiore a più voci; e dall´altro attingendo alla vita stessa dell´autrice. Come in «Mrs. Dalloway», le tre storie che compongono The Hours si svolgono nell´ambito di un solo giorno, ma tre sono le epoche, i luoghi e le protagoniste, più un prologo ambientato nel `41 in cui vediamo la Woolf lasciarsi annegare con una grossa pietra in tasca. In giugno ai giorni nostri la cinquantenne newyorkese Clarissa (Meryl Streep), soprannominata Mrs. Dalloway, è impegnata a preparare un party in onore dell´ex amante (Ed Harris), un poeta che sta morendo di Aids. In giugno nel 1949 a Los Angeles, la casalinga Laura (Julianne Moore) sfoga le sue inquietudini di moglie e madre insoddisfatta (nonostante marito e figlioletto la adorino), chiudendosi in una stanza d´albergo a leggere «Mrs. Dalloway» con un flacone di micidiali pillole accanto. Nel `23, nel rifugio forzato di Richmond dove la confina la sua malattia di nervi e dove ha iniziato a scrivere il suo romanzo, Virginia (la Kidman, che invecchiata e con protesi nasale forse della Woolf restituisce troppo la cupezza e meno la nervosa sensibilità) programma di tornare a Londra e decide che la sua eroina alla fine non si ucciderà. Una festa piccola o grande da organizzare, rapporti o tentazioni omosessuali, pulsioni suicide: nel nome della Woolf e di Mrs. Dalloway un filo sottile (usando le parole di Virginia, il senso è che non si può trovare la pace evitando la vita) intreccia dunque queste storie apparentemente non collegate. E l´inglese Stephen Daldry, il regista di Billy Elliot, le ha sapute tradurre sullo schermo in modo assai convincente ben coadiuvato da collaboratori di classe tutti in corsa per l´Oscar: dal drammaturgo David Hare, cui si deve la limpida sceneggiatura, al montatore Peter Boyle che provvede a rendere fluidi i passaggi di luogo e di tempo. Quanto all´emozione The Hours si affida all´intenso concertato degli interpreti: fra i quali la nostra preferenza va alla Streep, l´unica uscita senza candidatura. |
Autore critica: | Alessandra Levantesi |
Fonte critica: | La Stampa |
Data critica:
| 8/3/2003
|
Critica 3: | Virginia, Laura e Clarissa. Tre donne. Tre frammenti, concentrati in un giorno, di vite parallele. Tre attimi come cerchi concentrici in un fiume nel quale naufragare verso la morte. Virginia é la Woolf che lotta contro i suoi demoni e scrive Mrs. Dalloway, a pochi minuti di treno da Londra negli anni '20, e ha la forza trafitta, lo smarrimento lacerato di Nicole Kidman. Laura Brown é una moglie e una madre, molto infelice, non realizzata, che finge di voler essere all'altezza delle aspettative del marito (é il giorno del suo compleanno) e del figlio che come tutti i bambini guardano e giudicano. Laura (una straordinaria Julianne Moore) é un'altra casalinga "lontano dal paradiso", nella Los Angeles alla fine della Seconda guerra mondiale, e legge Mrs. Dalloway indecisa tra la fuga e il suicidio. Clarissa Vaughan, soprannominata Mrs. Dalloway si affanna, spaventa dal possibile fallimento del rito sociale, nei preparativi per festeggiare un premio per Richard (Ed Harris), un poeta, malato terminale di Aids. Clarissa (una Meryl Streep che sa recitare con ogni muscolo e nervo del suo corpo) chiude nella New York di fine Novecento questa storia nella quale tre figure femminili hanno la certezza luttuosa di aver rovinato la vita a qualcuno, oltre che a se stessa. Il regista Stephen Daldry (Billy Elliot) mette in scena, grazie all'ottima sceneggiatura di David Hare e all'eccellente prova delle attrici, il bel romanzo di Michael Cunningham (Le ore) e dà una forma cinematografica (un'operazione rischiosissima che muove dà una struttura romanzesca sofisticata e poteva trasformarsi in un fastidioso esemplare della categoria "libri illustrati") agli innesti, alle rifrazioni, dati echi, alle ripetizioni, alle assonanze, di raddoppiamenti. Visivi, emotivi, verbali. Un romanzo infestato dalla letteratura e un film "posseduto" dalla scrittura dall'ipnosi dei ritorni e delle memorie, da passati e futuri svaniti e sciupati. Identità scollate, soggetti incompleti, improvvisi stalli dell'essere, raccontati dagli sguardi, dai sorrisi scoloriti e spenti delle tre protagoniste e dal coro femminile di contorno. Le intersezioni e le identificazioni multiple sono "scritte" da una quarta donna, una donna di carta, un personaggio letterario. |
Autore critica: | Enrico Magrelli |
Fonte critica: | Film TV |
Data critica:
| 11/3/2003
|
Libro da cui e' stato tratto il film |
Titolo libro: | |
Autore libro: | |
|