Uomo senza volto (L') - Man Without A Face (The)
Regia: | Mel Gibson |
Vietato: | No |
Video: | Panarecord |
DVD: | CVC |
Genere: | Drammatico |
Tipologia: | Giovani in famiglia |
Eta' consigliata: | Scuole medie inferiori; Scuole medie superiori |
Soggetto: | Tratto dal romanzo omonimo di Isabelle Holland |
Sceneggiatura: | Malcolm Macrury |
Fotografia: | Donald Mcalpine |
Musiche: | James Horner, Henry Mancini |
Montaggio: | Tony Gibbs |
Scenografia: | Barbara Dunphy |
Costumi: | |
Effetti: | |
Interpreti: | Robert De Diemar Jr. (Chuck a 17 anni), Mel Gibson (Mcleod), Gaby Hoffman (Megan), Fay Masterson (Gloria), David A. Mclaughlin (il padre di Chuck), Nick Stahl (Chuck), Margaret Whitton (Catherine) |
Produzione: | Bruce Davey - Icon |
Distribuzione: | Warner Bros. |
Origine: | Usa |
Anno: | 1993 |
Durata:
| 116'
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Trama:
| A Cranesport sulle coste del Maine è in vacanza Chuck Norstadt, un dodicenne non felice, orfano di padre e per sua disgrazia appena tollerato sia da Catherine, una madre frivola alla vigilia del quinto matrimonio, sia dalle due sorellastre Gloria e Meg. Tutto preso dall'idea di tentare l'accesso all'Accademia Navale (a suo tempo frequentata dal padre), anche se ha fallito l'esame, il ragazzo decide di riprovarci a settembre. Senza dir nulla alla madre (tanto sarebbe contraria), Chuck chiede di ricevere qualche lezione a Justin McLeod. Costui è un ex-docente che da sette anni vive isolato tra i suoi libri e quadri in un bel cottage: un uomo misterioso ancora giovane, che la gente avversa senza conoscerlo, circondato da pettegolezzi e supposizioni malevoli, il quale per di più ha una parte della faccia deturpata. La triste vicenda di McLeod è complicata dal fatto che egli è stato in prigione per omicidio colposo in relazione ad un'incidente stradale. Un legame ricco di affetto e fiducia nasce fra i due: Chuck si sente compreso ed aiutato; l'uomo avverte spezzata la sua solitudine e l'emarginazione in cui vive. Ma le corse in bicicletta al cottage sono notate dalla meschina comunità: la madre del ragazzo intima al maestro di allontanarsi, mentre la gente insinua che senza dubbi quel "faccia bruciata" deve covare intenzioni poco oneste. Si interessa lo sceriffo, finché vi sarà una inchiesta da parte di una piccola commissione. McLeod ne esce indenne: la sua volontà di aiutare negli studi il giovanissimo allievo ed i mezzi pedagogici adottati con lui e per lui sono stati impeccabili. Per evitare comunque che Chuck venga sottoposto a penosi interrogatori, il maestro si allontana da Cranesport. Frattanto Chuck supera brillantemente gli esami, il cui esito ha perfino cancellato la sorpresa e nella gioia bizze e incomprensione di madre e sorellastre. Chuck - al quale tanto mancava la figura del padre (ha poi appreso che egli era un forte bevitore e considerato un folle) - ha potuto cominciare il proprio cammino nella vita e, a suo tempo, nell'indipendenza, identificando in meglio nella figura e nel valore autentico di Justin McLeod senza farsi impressionare né da un volto deturpato dalle cicatrici, né da chiacchiere malevoli, consegnandosi solo alla fiducia, che è stata reciproca.
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Critica 1: | (...) Confesso di essere andata a vedere il film di Mel Gibson piuttosto prevenuta, un po' a causa della storia, ma soprattutto a causa della personalità (non travolgente) dell'interprete regista. Cosa avrebbe potuto offrire Mad Max, a parte il sensazionalismo del suo volto deturpato? Invece L'uomo senza volto è un prodotto onesto, che non promette più di quello che ha da offrire (cioè buoni sentimenti, qualche lacrima, una dose di indignazione, speranza e bei paesaggi malinconici), che ha una tranquilla regia descrittiva e priva di presunzioni e che soprattutto usa con discrezione il giochetto facile della faccia del divo divisa in due dalla mostruosità. |
Autore critica: | Emanuela Martini |
Fonte critica | Cineforum n. 329 |
Data critica:
| novembre 1993
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Critica 2: | A trentasette anni Mel Gibson, il divo australiano, diventa regista: e per cambiare pelle, per allontanare il ricordo dell’avventuroso Mad Max o del violento di Arma letale (1, 2, 3), per smentire la bellezza che gli ha dato il successo, si sceglie una parte di intellettuale autorecluso nella solitudine boschiva, di sventurato reso ripugnante dal fuoco che gli ha ridotto metà faccia in poltiglia, di vittima perseguitata dal pregiudizio che vede l’omosessualità in ogni amicizia virile per i ragazzini. Tratto da un romanzo di Isabelle Holland, il film appare strano e reticente; è singolare la storia che racconta, durante l’estate 1968, il rapporto tra un adulto e un dodicenne emarginati per motivi diversi, il legame tra un insegnante per vocazione e un allievo per necessità. Il professor Mel Gibson ha un passato: aveva dato un passaggio a un proprio studente; un incidente d’auto ha ucciso il ragazzo, sfigurato lui e suscitato sospetti d’omosessualità; costretto a lasciare la scuola, da sette anni s’è isolato coi suoi libri, i suoi quadri e la sua musica in una casa tra gli alberi. Nick Stahl è un dodicenne orfano di padre; troppo solo in una famiglia composta di donne, madre frivola arrivata al quinto marito e sorelle sprezzanti; considerato poco intelligente se non addirittura ritardato, ha poca speranza di realizzare il suo sogno, venir ammesso (come un tempo suo padre) all’accademia militare di West Point. L’incontro tra i due solitari permette a Mel Gibson di comunicare di nuovo, di riprendere a insegnare e di scoprire la paternità; consente al bambino d’avere una specie di padre, d’imparare a studiare e a vivere. In paese rinascono le vecchie diffidenze; i vecchi sospetti d’omosessualità, le vecchie accuse di molestie sessuali separeranno i due amici, ma l’esistenza di ciascuno potrà essere migliore. L’intento edificante sceglie vie singolari: una strana malinconia pervade il film correttamente realizzato, non bello, ma non banale né patetico. |
Autore critica: | Lietta Tornabuoni |
Fonte critica: | La Stampa |
Data critica:
| 13/11/1993
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Critica 3: | Un film straordinario, egregiamente interpretato da un sorprendente Mel Gibson, che - con la stessa tenacia mostrata nei panni del prode impavido condottiero irlandese Wallace nell’indimenticabile Braveheart - Cuore impavido - stavolta si appropria addirittura della bacchetta del direttore d’orchestra, firmando con l’inchiostro di un’inaspettata geniale competenza la regia de L'uomo senza volto.
Una pellicola che eccezionalmente si propone come fervido spunto per riflessioni personali quanto mai attuali, inevitabili sin dalla primissima scena, nella quale aleggia silenzioso un quesito fondamentale per lo svolgersi di questo film e, in fin dei conti, per lo svolgersi di quel grandioso quanto imprevedibile film che è la Vita.
Qual è il sogno di ogni bambino? Vedersi acclamato dalla folla in delirio, godersi trionfante gli applausi scroscianti tutti per lui; oppure, più semplicemente, è sentirsi davvero apprezzato. E rispettato. E, soprattutto, amato.
A volte, però, la distanza fra sogno e realtà apre uno squarcio fin troppo profondo per essere colmato. E’ il caso di Charles Norstadt – magnificamente rappresentato dal giovanissimo Nick Stahl - un ragazzino con un’infanzia a dir poco travagliata alle spalle ed una madre il cui passatempo preferito sembra essere quello di cambiare mariti su mariti. Le ciliegine sulla torta già così amara sono due sorellastre insopportabili: Meg, più piccola, di una disponibilità e socievolezza veramente asfissianti; al contrario Gloria, la più grande, incarna benissimo ciò che si definisce una vipera perfida ed invidiosa.
Date le premesse, l’insuccesso scolastico è inevitabilmente sottinteso e la conseguente bocciatura ne rappresenta l’ultima scontata manifestazione.
Una vita, quindi, quella del piccolo Charles, destinata a rotolare libera e maledettamente inostacolata verso la deriva... Ed invece un NO deciso ed imperioso risuona irremovibile nel cervello di quel ragazzino sfortunato, mirabilmente determinato a riacciuffare le redini di quell’animale dagli zoccoli d’oro, tanto velocemente galoppante da apparire a volte irraggiungibile, che porta il sublime nome di "CULTURA".
Allora Charles si mette alla ricerca di un precettore che possa aiutarlo, che sia in grado di prepararlo per riaffrontare l’esame di ammissione alla tanto sognata Accademia. Finalmente trova un insegnante, anzi L’insegnante, colui che presto diventerà il suo maestro di vita, il suo "precettore per sempre". Peccato che questa persona unica abbia il volto per metà del bel noto Mel Gibson e per metà quella deforme di un mostro.
Justin Mc Leod, rimasto in gran parte sfigurato in seguito ad un incidente d’auto, vive solo in quel paesino, appartato, in completo isolamento da circa sette anni; sette lunghi anni durante i quali sentirsi sguardi inorriditi addosso, nonché subire pettegolezzi fantasiosi riguardanti la sua sfera privata. Finché l’arrivo di Charles porta una ventata d’aria fresca nella sua vita tormentata; con lui può tornare ad insegnare, ma non solo: torna a parlare, a sorridere, a scherzare, a confortare... ad amare. Eppure alla gente di quel paese – ma sarebbe il caso di dire: alla gente di quest’immenso 'paese' chiamato Terra - basta poco: bastano della cicatrici per fare di una persona un ipotetico assassino, delle abrasioni per farne un maniaco, dei semplici sorrisi per farne un pedofilo.
La colpa di cui il professor Mc Leod viene accusato da quegli uomini, quegli stessi uomini che non gli avevano mai risparmiato il loro ribrezzo, è quella di amare il suo alunno, di amarlo, intendo, come un vero padre, come quel padre che Charles non ha mai avuto accanto(…). |
Autore critica: | |
Fonte critica: | cinemazone-castlerock.it |
Data critica:
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Libro da cui e' stato tratto il film |
Titolo libro: | Senza volto (L') |
Autore libro: | Holland Isabelle |
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