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Umberto D. -

Regia:Vittorio De Sica
Vietato:No
Video:Medusa
DVD:Medusa
Genere:Drammatico
Tipologia:Storia del cinema
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Cesare Zavattini
Sceneggiatura:Cesare Zavattini
Fotografia:Aldo Graziati
Musiche:Alessandro Cicognini
Montaggio:Eraldo Da Roma
Scenografia:Virgilio Marchi
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Carlo Battisti (Umberto D. – Umberto Domenico Ferrari), Maria Pia Casilio (Maria, la servetta), Lina Gennari (Antonia, padrona della pensione), Memmo Carotenuto (un degente), Alberto Albani Barbieri (amico di Antonia), Elena Rea (Sorella), Lamberto Maggiorani, Riccardo Ferri, Ilena Simova, Pasquale Campagnola
Produzione:Giuseppe Amato per Dear Film
Distribuzione:Cineteca Nazionale - Creazioni Home Video
Origine:Italia
Anno:1952
Durata:

89'

Trama:

Umberto D., vecchio funzionario ministeriale costretto a vivere d'una pensione insufficiente, si dibatte tra difficoltà economiche insuperabili. Abita in una misera camera ammobiliata, dalla quale l'esosa padrona di casa minaccia di sfrattarlo. Ammalato e febbricitante entra in ospedale, dopo aver affidato il suo fedele compagno Flik, un cagnolino bastardo, a Maria, la servetta, che gli dimostra una certa comprensione. Uscito dall'ospedale dopo qualche giorno, non trova più a casa il suo diletto Flik ma dopo febbrili ricerche lo trova al canile comunale e lo riscatta. Ora si ripresenta, più urgente e minaccioso, il pericolo dello sfratto. Umberto D. va in cerca di qualche vecchio amico ma nessuno vuole o può aiutarlo, così gli viene l'idea di chiedere l'elemosina, ma la propria dignità glielo vieta. Sconsolato, decide di farla finita e si reca con il fedele Flick ad un passaggio a livello. Spaventato dal rumore del treno in arrivo, il cagnolino gli sfugge dalle mani e per Umberto D. è la salvezza. Deciso a riconquistare la fiducia e l'affetto di Flik, si mette a giocare con lui e non pensa più al suicidio.

Critica 1:Vittorio De Sica usciva dalla controversa esperienza di Miracolo a Milano (1951), con cui aveva tentato di diluire l’amaro sentimentalismo della sua ricognizione della realtà quotidiana in un clima favolistico e surreale. Cesare Zavattini (1902), che gli aveva già fornito la materia per due puntuali “ricostruzioni” neorealistiche (Sciuscià e Ladri di biciclette), continuava a sollecitarlo in varie direzioni. Miracolo a Milano parve una divagazione, appunto, tutta zavattiniana: proveniva da un breve romanzo (Totò il buono) che raccontava le gesta d’una sorta di folletto deamicisiano alle prese con i trabocchetti della vita cittadina. Il sapore scanzonato di quelle avventure non riusciva a soffocare la vena di sottile perfidia (di scetticismo appena temperato da una bonaria vernice umanistica), che sembrava costituire il nucleo della personalità dello scrittore: quella che si era manifestata nella ambivalenza di pessimismo e di spietato umorismo in due “stravaganze” letterarie di tono divergente ma di eguale efficacia (I poveri sono matti del 1937 e Io sono il diavolo del 1942). De Sica accolse la “bontà” di Totò come un dato assoluto e ne fece il centro di un film che rappresentava l’ottimistica celebrazione dei sentimenti di solidarietà che legano gli uomini fra loro. Ma non bastò questo per cancellare la sotterranea ferocia della storia dei “barboni” perennemente in guerra l’uno con l’altro. Miracolo a Milano lasciò interdetta la critica neorealistica e non convinse il pubblico. De Sica e Zavattini tornarono all’antico.(...)
Mai De Sica aveva raccontato con tanta impassibile esattezza fatti così atroci. Umberto D. (poco più di un’ora e mezza di proiezione; la “prima” avviene il 20 gennaio 1952) ha il rigore di un resoconto clinico. Ai personaggi, e alla loro tragedia quotidiana (i fatti si accumulano insensibilmente gli uni sugli altri, l’ambiente è quanto di più banale si possa immaginare), va l’attenzione di un occhio che scruta con fredda metodicità. Quel che era implicito nella bizzarria favolistica di Miracolo a Milano qui diventa esplicito: la perfidia zavattiniana di poveri sono matti e di Io sono il diavolo perde il tenue alone di pietà che l’avvolgeva (ingannevolmente) e si traduce in crudele indifferenza. Tranne che in qualche punto, o dove è più violenta la tensione drammatica (l’attimo in cui Umberto sta per gettarsi dalla finestra) o dove affiora il “nonsenso” comico dello Zavattini più corrivo, Umberto D. si avvicina alla oggettività del nouveau roman. Non serve cercare un senso alla vita. Il pessimismo è una semplice constatazione, da accettare per tale. Il rigore del film – risultato unico nella carriera di De Sica – è tutto espresso nella durezza delle immagini e dei suoni (che la patetica musica del mediocre Cicognini contraddice ma non annulla). Il neorealismo desichiano smentisce le sue origini populistiche, e trova una dimensione che solo all’inizio degli anni sessanta avrebbe avuto spazio (a cominciare dalla Francia) nelle tematiche e nel linguaggio di un nuovo cinema.
Autore critica:Fernaldo Di Giammatteo
Fonte critica100 film da salvare, Arnoldo Mondadori Editore
Data critica:

1978

Critica 2:Se è vero che il male si può combattere anche mettendone a nudo gli aspetti più crudi, è pur vero che che se nel mondo si sarà indotti - erroneamente - a ritenere che quella di Umberto D. è l'Italia della metà del ventesimo secolo, De Sica avrà reso un pessimo servizio alla sua patria, che è anche la patria di Don Bosco, del Forlanini e di una progredita legislazione sociale.
Autore critica:G.Andreotti, Sottosegretario allo Spettacolo
Fonte critica:Libertà
Data critica:

1952

Critica 3:Un mite, silenzioso pensionato, ridotto a non essere più (economicamente) in grado di sopravvivere, rifiuta la tentazione del suicidio per non abbandonare il proprio cane. Uno dei capolavori del cinema neorealista, e il suo canto del cigno. Frutto maturo del sodalizio tra Zavattini e De Sica, sostenuto anche da ricerche, non tutte risolte, sul tempo e la durata (famosa la sequenza del risveglio della servetta), il film tocca una crudeltà lucida senza compromessi sentimentali, fuori dalla drammaturgia tradizionale. Non ha la "perfezione" di Ladri di biciclette, ma va al di là.
Autore critica:
Fonte critica:Il Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
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