Local Hero - Local Hero
Regia: | Bill Forsyth |
Vietato: | No |
Video: | Domovideo, General Video, San Paolo Audiovisivi, Cecchi Gori Home Video |
DVD: | |
Genere: | Commedia |
Tipologia: | Natura e ambiente |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Bill Forsyth |
Sceneggiatura: | Bill Forsyth |
Fotografia: | Chris Menges |
Musiche: | Mark Knopfler |
Montaggio: | Michael Bradsell |
Scenografia: | Roger Murray-Leach |
Costumi: | |
Effetti: | |
Interpreti: | Burt Lancaster (Felix Happer), Fulton Mackay (Ben Knox), Peter Riegert (Mac MacIntyre), Jenny Seagrove (Marina) |
Produzione: | Enigma Productions |
Distribuzione: | Non reperibile in pellicola |
Origine: | Gran Bretagna |
Anno: | 1983 |
Durata:
| 111'
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Trama:
| Felix Happer, presidente di una potente Società petrolifera del Texas, ha deciso di installare un colossale terminale per la raffinazione del greggio su un lembo delle coste scozzesi. Uomo ricco a dismisura, ma appassionato di astrologia, invia a Farness un giovane suo funzionario, con l'incarico di procedere ai contratti di acquisto dei terreni con gli abitanti del paesino e di restare, quindi, in stretto contatto con lui, dandogli notizie anche su ciò che andrà a vedere nella volta celeste (a quanto risulta ad Happer, le costellazioni sono favorevoli). Mac Intyre - dunque - parte, prende visione in Inghilterra del perfetto plastico predisposto dai tecnici della Società, incontra "in loco" Marina, una giovane ed esperta subacquea, anch'essa della Compagnia, specialista in fauna e flora sottomarina e, accompagnato da un altro giovane collega inglese, arriva a Farness. Le trattative cominciano, tutti gli abitanti sono favorevoli a vendere i propri terreni e intanto, nella breve attesa riconnessa con i necessari adempimenti, Mac Intyre (forse anche perché scozzese di origine) rimane sempre più sedotto dalla bellezza dei luoghi, dalla limpidezza del mare e dalla cordiale semplicità degli abitanti. Farness è un posto molto strano per lui, avvezzo alla vita di Houston, frenetica, ma di orizzonti ben limitati per un giovane dirigente che sembra respirare aria pura per la prima volta. Gli incontri sono interessanti (arriva anche un peschereccio sovietico) e Marina, in tuta subacquea, funge pure da sirena (ammiratissima dall'amico inglese) emergendo con conchiglie e coralli. Il fascino, poi, sarà totale e irreversibile, quando si aggiungono una allegra festa locale e - addirittura - il privilegio di assistere a una stupenda aurora boreale. Ma sorge un ostacolo: il vecchio Ben Knox, che vive tutto solo e felice in una sgangherata baracca sulla spiaggia, si proclama proprietario di quest'ultima (... da ben quattro secoli) e, poiché ci sta benone e diventare ricco altrove (dove andrebbe, poi?) non gli interessa, dichiara che non venderà mai. Bloccate le trattative, non resta al bravo Mac che telefonare al Grande Boss. Happer pianta tutto e arriva di persona, calando con l'elicottero su di una piccola baia di sogno. Lui così aduso ai noiosi consigli di amministrazione è stato colpito dall'aurora boreale o dall'incontro cordiale ed umano con lo sconosciuto suo coetaneo Ben Knox (proprietario di un piccolo telescopio)? Non si farà più nessuna raffineria. Le trattative saranno concluse, ma al solo scopo di costruire una grande stazione scientifica, per l'osservazione del sottosuolo marino. Così il vecchio Ben resterà per sempre nella sua baracca, la giovane sirena continuerà nei suoi tuffi (e, questa volta, con più larghe prospettive) e Mac Intyre se ne tornerà negli Stati Uniti. Della sua missione, gli rimarranno alcune conchiglie e qualche foto e, negli orecchi e nel cuore, l'eco dello stridio dei gabbiani, unito alle gaie voci scozzesi: più il rimpianto di una volta celeste, quale ad Houston - su cui incombe la foschia dei tanti pozzi petroliferi - neppure è dato di immaginare.
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Critica 1: | Vecchio scozzese non vende la sua terra a una società petrolifera che vuole installarvi una raffineria. Favola ecologica e anticapitalistica, raccontata con garbo, qua e là un po' prolissa, ma allietata da bravi interpreti che mettono a fuoco con divertita precisione il conflitto tra due culture, tra l'astuzia scozzese e la ricchezza petrolifera americana. |
Autore critica: | |
Fonte critica | Il Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli |
Data critica:
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Critica 2: | Cielo, mare, terra. Il funzionario della Knox Oil, mandato dalla ditta a trattare l'acquisto di un intero villaggio nel nord della Scozia per costruirvi una gigantesca raffineria, si trova di fronte a uno show della natura di ineguagliabile intensità: stelle cadenti, aurora boreale, perfino incarnazioni antropomorfiche della mitologia (la ragazza-sirena con il piede palmato). Un coniglio, qualcosa di duro e tenero che urta l'automobile dell'americano in una notte nebbiosa, è il primo segno di una resistenza sottile dell'ambiente ai dollari, fatta di diversità un po' ostile e un po' sorniona, di ritrosia e di morbida seduzione.
L'efficente Mac Intire, abituato a trattare gli affari per telefono, è costretto a scendere a patti con un paese dei balocchi, una sorta di nuova Brigadoon (il riferimento al film di Minnelli è d'obbligo e segnalato, del resto, dallo stesso Bill Forsyth), dove tutti aspettano impazienti la pioggia di milioni che verrà d'oltreoceano ma il valore medesimo del denaro pare perdersi su orizzonti da favola. “Mi daresti tanti dollari quanti sono i granelli di sabbia che stringo in questa mano?”: la trattativa può rivelare difficoltà impensabili per chi si è abituato a conoscere il mondo dalla finestra di un grattacielo.
Non si tratta però di una fiaba ecologica all'insegna della riscoperta della natura incontaminata. Ferness, come la località del musical minnelliano, è luogo di una trasposizione teatrale; è forse proprio la deliziosa miniatura che vediamo nel plastico su cui i tecnici della Knox Oil stanno lavorando: all'inizio tutta una serie di fenomeni e colpi di scena vi si esercitano come in un laboratorio o su un palcoscenico. La natura stessa è impegnata in una sorta di performance, ora sottolineata semplicemente dal virtuosismo della fotografia, ora ricreata a bella posta in studio; e poi il regista, a sciogliere gli ultimi dubbi sulla verosimiglianza dei quadro, inquina l'idillio, facendo entrare in scena rombanti motociclette, aerei a reazione che si addestrano al tiro: un concentrato di effetti che sposta il racconto sul piano dell'artificio e dei gioco.
Ma quale gioco? Il sospetto del divertissement un po' gratuito può sorgere in un film che sembra costruito talora soltanto con l'intento di forzare la barriera della probabilità per ottenere accostamenti incongrui da freddura inglese: vedi la figura del prete negro calato come un marziano in una chiusissima comunità da clan, o quella della giovane punk che si prende una cotta per il più impacciato e recalcitrante dei colletti bianchi. Da ultimo Forsyth fa sbarcare anche i russi e li fa partecipare alla festa dei villaggio.
Il senso finale è quello di una cosmica confusione, dove ogni antagonismo e differenza si dissolve. Il contabile dei paese veste all''occorrenza i panni dell'albergatore e del taxista. A Mac Intire l'abito dell'uomo d'affari inizia presto ad andare stretto; abbandona la cravatta e il cicalante orologio digitale e si lascia scivolare nella casualità un po' lucida dei luogo (“Milioni di dollari o milioni di sterline?”: la trattativa diventa un rimpallo scherzoso, senza che mai gli interlocutori arrivino a quantificare la cifra). Il fascino di Ferness sull'americano non è in effetti quello dell'ideale armonia precapitalistica, come nel caso di Brigadoon, ma della non-effettualità, di una spensierata irresponsabilità: non l'eden quindi, ma il limbo.
Parallelamente, diremmo, Local Hero, in quanto costruzione cinematografica, difetta del fondo morale e dell'intensa poesia che sorreggeva il film minnelliano; Forsyth va in cerca dei “meraviglioso”, con strizzate d'occhio al grottesco, ma non dà corpo a un universo altro, onirico. La preoccupazione principale della regia, come spesso avviene nel nuovo cinema britannico, è quella di risolvere nell'ottimo dosaggio della recitazione un'ottima sceneggiatura: il prodotto è sempre troppo “scritto” a monte e troppo risolto a valle; in mezzo, nello spazio ibrido, di incerta definizione, di realizzazione della fiction, c'è poco.
In questo poco, che costituisce comunque l'intenzionalità più vera della regia e l'intimo godimento dello spettacolo, ci mettiamo la capacità di Forsyth di muoversi sul filo dell'inverosimiglianza, mantenendo però al racconto una patina di naturalezza e di sobrietà. Le scenette migliori prendono forza da un certo understatement (quella, ad esempio, in cui il beneamato coniglio, raccolto e curato dopo l'incidente, viene servito in tavola all'ignaro e poi sbigottito Mac Intire). Ma altre parti dei film sfuggono al controllo e si macchiettizzano, denunciando la rigidità della scrittura; così è per la figurina dello psicanalista selvaggio, inserita un po' di forza a contrappuntare come un super-ego la personalità vagheggiante del magnate della Knox Oil, conquistato all'astronomia e all'ecologia prima che alla produttività dell'azienda. |
Autore critica: | Lodovico Stefanoni |
Fonte critica: | Cineforum n. 237 |
Data critica:
| 9/1984
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Critica 3: | |
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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