Notti di Cabiria (Le) -
Regia: | Federico Fellini |
Vietato: | No |
Video: | Filmauro |
DVD: | Filmauro |
Genere: | Drammatico |
Tipologia: | Storia del cinema |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Federico Fellini, Ennio Flaiano, Tullio Pinelli |
Sceneggiatura: | Federico Fellini, Ennio Flaiano, Tullio Pinelli |
Fotografia: | Otello Martelli, Aldo Tonti |
Musiche: | Nino Rota |
Montaggio: | Leo Catozzo |
Scenografia: | Piero Gherardi |
Costumi: | Piero Gherardi |
Effetti: | |
Interpreti: | Giulietta Masina Cabiria, Amedeo Nazzari Alberto Lazzari, Francois Perier Oscar d'Onofrio, Franca Marzi Wanda, Polidor Il fraticello, Giovanna Gattinoni La zia nana, Ennio Girolami Amleto "Il Magnaccia", Dorian Gray Jessy, Pina Gualandi Matilda, Sandro Moretti Un pappone, Mario Passante Lo storpio, Luisa Rolando Marisa, Aldo Silvani Il mago, Elio Mauro, Nino Milano, Jean Molier, Sergio Palato,
Mimmo Poli , Christian Tassou, Vittorio Tosti, Gianni Baghino, Amedeo Girard, Franco Balducci, Ciccio Barbi, Jusy Bonicelli, Loretta Capitoli Rosy, Edda Evangelista, Riccardo Fellini, Ines Ferrari |
Produzione: | Dino De Laurentiis Cinematografica (Roma) - Les Films Marceau (Parigi) |
Distribuzione: | Cineteca Nazionale |
Origine: | Francia - Italia |
Anno: | 1957 |
Durata:
| 110'
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Trama:
| Cabiria è una giovane passeggiatrice notturna, che con il suo sciagurato mestiere s'è conquistata un certo benessere economico. Ella è dotata di una fervida fantasia e, malgrado la vita che conduce, della cui indegnità è conscia, ha conservato in fondo all'anima un tesoro d'ingenua bontà e d'inguaribile ottimismo. Queste due doti la espongono però a dolorose delusioni. Il suo "amico", che credeva di lei sinceramente innamorato, la getta nel Tevere, strappandole la borsetta. Una sera incontra un celebre divo del cinema, che ha avuto un fiero litigio con la propria amante. Cabiria passa la sera con lui in un clima di affettuosa, reciproca simpatia; ma sul piu' bello arriva l'amante e Cabiria viene congedata con una grossa somma. Nel veder passare una piccola processione diretta al Santuario del Divino Amore, ella sente il desiderio di recarvisi: compie infatti il pellegrinaggio con alcune compagne e giunta al Santuario, invoca con fervore la grazia di cambiar vita; ma ben presto all'esaltazione succede lo sconforto. In un cinema-teatro di periferia, Cabiria, invitata a salire sul palcoscenico, viene ipnotizzata. Durante il sonno ipnotico ella rivela il suo intimo desiderio di un grande amore: le sue ingenue espressioni la espongono, al suo risveglio, alle derisioni del rozzo pubblico. Ella trova conforto nelle oneste dichiarazioni di un giovane spettatore, Oscar. Costui dirà ben presto d'amarla e di volerla sposare. Cabiria vende tutto quello che ha per metter le fondamenta di una nuova vita. Ma Oscar è un mascalzone, che la deruba e fugge. Disperata, Cabiria gli grida di ucciderla addirittura; ma poi, incontrando giovanotti e ragazze che suonano e danzano, è ripresa dal suo inguaribile ottimismo e sorride con fiducia alla vita.
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Critica 1: | Nonostante la sua struttura episodica l'arco narrativo è rigoroso e armonico, paragonabile a una sinfonia in cui i diversi tempi (gli episodi) si allacciano l'uno all'altro, distaccati ma complementari, per analogia o per contrasto, tutti convergenti alla definizione sempre più approfondita del personaggio principale e del suo destino. |
Autore critica: | Morando Morandini |
Fonte critica | La Notte |
Data critica:
| 10 ottobre 1957
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Critica 2: | Se Le notti di Cabiria di Federico Fellini fossero una novella o un romanzo, non sarebbe davvero difficile indicare le origini tutte letterarie delle avventure di questa prostituta romana; e per giunta d'una letteratura non nuova né di buona lega. Sorella minore, anzi nipote o pronipote della Sonia di Dostoevskij e della Fantine di Victor Hugo, purtroppo nient'affatto imparentata alla tanto più autentica Moll Flanders di De Foe, Cabiria non ci dice niente di nuovo, anzi ci costringe a frugare tra i nostri ricordi come tanti archeologi di fronte ad un pezzo di stile composito e di dubbia provenienza. Senonché Le notti di Cabiria è un film; e bisogna andarci piano prima di prender sul serio i contenuti letterari del cinema: ciò che in un romanzo è inaccettabile, sullo schermo può benissimo essere legittimo. Questo perché il cinema, forse perché piuttosto rivale della vita che arte vera e propria, ha in comune con la vita, secondo il noto paradosso di Wilde, l'imitazione dell'arte; e si sa che tale imitazione non può prodursi se non con notevole ritardo sulla scoperta artistica, quando l'arte è ridotta ormai a convenzione e a frusto luogo comune. Insomma, in termini letterari, pochi film si salvano. Perfino i film di Chaplin, ridotti alla loro letteratura, ci stupiscono per la scarsa novità e la stanchezza crepuscolare così delle trovate come dell'invenzione psicologica. La storia di Cabiria è semplice, quasi più una serie di aneddoti slegati intesi a lumeggiare un carattere, che un racconto vero e proprio. Cabiria esercita quella che è stata chiamata la professione più antica del mondo alla passeggiata Archeologica, luogo preferito dalle meretrici di basso rango e dai loro interessati protettori. Cabiria, tuttavia, non riesce ad essere prostituta di dentro come di fuori: romanticamente, pur vendendosi ogni sera al miglior offerente, essa sogna una vita normale, al fianco d'un uomo che le voglia bene. Questo suo sogno è l'amo al quale essa abbocca per tutto il film; il mezzo del quale si valgono, volontariamente e involontariamente, uomini d'ogni specie per illuderla o trarla in inganno. La illudono, senza volontà di farle del male, il grande attore che per una sera trasporta Cabiria in un mondo di lusso e di ricchezza; l'ipnotizzatore che per necessità di mestiere le fa confessare davanti ad una platea sghignazzante le sue aspirazioni di educanda. La traggono in inganno per portarle via il denaro che essa ha faticosamente risparmiato i due sfruttatori coi quali si inizia e si conclude il film. Ma Cabiria è dotata d'una capacità incorreggibile d'illusione e, diciamolo pure, anche d'un suo automatismo paragonabile a quello degli animali. Così il film termina su una nota se non proprio di speranza, per lo meno di vitalità. Cabiria continuerà a illudersi e a lasciarsi trarre in inganno. Il risultato più positivo del film, al quale del resto sembra tendere la struttura frammentaria del racconto, tenuto insieme soltanto dalla figura della protagonista, è la creazione del personaggio di Cabiria. Questa volta Fellini ha messo da parte la filosofia spicciola, l'esistenzialismo confuso dei film precedenti, s'è limitato a ridurre la materia della sua ispirazione, così quella letteraria come quella documentaria, alla misura d'una figura umana. La quale, benché composta di non più che tre elementi, la cinica professione, l'ingenua speranza d'una vita migliore e l'arrogante pudore con il quale la professione viene ostentata, e la speranza dissimulata, ha purtuttavia una sua unità e autonomia.
I singoli aneddoti di cui si serve Fellini per costruire pezzo per pezzo questo personaggio sono di valore diverso. Fellini ha un suo originale e acre sentimento di quella che chiameremmo la sub-vita, ossia l'esistenza ai suoi gradi più umili e più disperati. Così la borgata dove abita Cabiria, le rive rognose del Tevere, la passeggiata Archeologica con la sua sordida popolazione notturna, il Divino Amore, strana mescolanza di fede campagnola e di curiosità cittadina, sono tutte cose osservate con verità anche se in maniera talvolta cruda e impietosa. Già più letteraria e convenzionale, nonostante l'innegabile bravura del regista, è la lunga sequenza del teatro di varietà. Meno felici e persuasivi, il night club e la villa dell'attore nonché certe notazioni sentimentali del finale.
Però il film è la storia d'un personaggio, e così esso si sostiene anche e soprattutto sull'interpretazione che di questo personaggio ci dà Giulietta Masina. Clownesca, disinvolta, patetica e aggressiva, la Masina è tanto più ammirevole in quanto spesso sembra reggersi per conto suo, più equilibrata e più accettabile della storia stessa che non manca di sforzature e di inverosimiglianze. |
Autore critica: | Alberto Moravia, sta in Moravia al/nel cinema, Ass. Fondo A. Moravia, 1993 |
Fonte critica: | L'Espresso |
Data critica:
| 13 /10/1957
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Critica 3: | Io sono per difendere o attaccare un film in blocco: lo spirito, il tono, lo stile, il respiro prevalgono su una meschina classificazione di scene buone e meno buone. E' possibile che Le notti di Cabiria sia il più diseguale dei film di Fellini, ma i momenti forti sono di tale intensità che esso diventa per me il suo film migliore.Fellini ha corso molti rischi scegliendo di muoversi in Le notti di Cabiria in diverse direzioni e rinunciando in partenza all'unità di tono per sperimentare più campi molto difficili. Che forza in quest'uomo, che dominio bonario della scena, che padronanza sicura e quale invenzione divertita!
Giulietta Masina è Cabiria, una piccola, strampalata prostituta romana, ingenua e fiduciosa, sballottata dalla vita, brutalizzata dagli uomini, ma sempre candida. Cabiria è una creazione felliniana che completa logicamente la Gelsomina della Strada, ma la tecnica del personaggio e della recitazione è, questa volta, propriamente chaplinesca.Questo personaggio farà inorridire quelli che si aspettano da un film qualcosa di diverso dalle emozioni vive e insolite; ciò non impedisce che Giulietta Masina, quand'anche dovesse un giorno venire a noia, avrà da sola segnato “un momento” del cinema, come James Dean e Robert Le Vigan. Amo Fellini e, poiché Giulietta Masina ispira Fellini, amo anche Giulietta Masina. Si tratta qui di una comicità di osservazione che deborda continuamente in invenzioni barocche; non attribuendo un grande valore alla comicità d'osservazione, ciò che mi colpisce di più è il movimento finale di ogni episodio quando gli avvenimenti precipitano e la comicità si muta in tragedia. A questo proposito, il finale del film - Cabiria ha sposato lo strano e dolce François Perier - è un prodigio di potenza e di forza, nel senso più nobile del termine. |
Autore critica: | François Truffaut |
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Data critica:
| 1957
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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