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Ghost World - Ghost World

Regia:Terry Zwigoff
Vietato:No
Video:Cecchi Gori
DVD:
Genere:Drammatico
Tipologia:Disagio giovanile, Diventare grandi
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Dal fumetto anonimo di Daniel Clowes
Sceneggiatura:Daniel Clowes, Terry Zwigoff
Fotografia:Alfonso Beato
Musiche:David Kitay
Montaggio:Carole Kravetz, Michael R. Miller
Scenografia:Edward T. McAvoy
Costumi:Mary Zophres
Effetti:Ron Bolanowski, Michael Duenas
Interpreti:Thora Birch (Enid), Scarlett Johansson (Rebecca), Steve Buscemi (Seymour), Brad Renfro (Josh), Illeana Douglas (Roberta), Bob Balaban (padre di Enid), Stacey Travis (Dana), Dave Sheridan (Doug), Tom McGowan (Joe), Debra Azar (Melorra)
Produzione:Lianne Halfon - John Malkovich e Russell Smith per Advanced Medien - Capitol Films - Granada Film Productions - Jersey Shore - Mr. Mudd - United Artists
Distribuzione:Fandango
Origine:Gran Bretagna - Usa
Anno:2001
Durata:

111’

Trama:

Enid e Rebecca, due teen agers che vivono in un mondo tutto loro, hanno paura di perdersi di vista ora che hanno finito le scuole superiori e Enid ha deciso di trasferirsi in un'altra città per frequentare il college. Nel frattempo, mentre Rebecca trova un lavoro per mantenersi e mettere da parte un po' di soldi per l'appartamento che hanno sempre sognato, Enid si innamora di Seymour, un tipo strano.

Critica 1:L'ombra lunga del regista Todd Solondz si stende su Ghost World di Terry Zwigoff, ex documentarista che esordisce nel lungo trasportando al cinema l'omonimo fumetto di Daniel Clowes. Le piccole grandi avventure della teenager Enid ci raccontano lo stesso Nordamerica del Solondz di Happiness: senza memoria, senza futuro, patria di solitudini e di famiglie disastrate. E i colori caldi della fotografia di Alfonso Beato citano ancora Happiness, di cui Daniel Clowes disegnò il manifesto originale. Che Enid sia poi la Thora Birch di American Beauty di Sam Mendes crea un ulteriore collegamento al cinema del disagio Usa. Ma Zwigoff si distacca dai maestri quando al loro pessimismo preferisce uno sguardo ironico su un mondo fantasma che, forse, esiste solo nella testa di Enid. Fino all'ultima sequenza onirica che lascia molto perplessi. Restano come punti forti una colonna sonora blues da urlo e degli attori magistrali. Primus inter pares, l'alienato collezionista di musica di Steve Buscemi, vergognosamente non candidato agli Oscar 2002.
Autore critica:Francesco Alò
Fonte criticaIl Messaggero
Data critica:

8/11/2002

Critica 2:Come il bistrattatissimo The Dangerous Lives of Altar Boys di Peter Care, programmato poche settimane fa con distratta supponenza dai distributori, un'altra pellicola rischia di fare la stessa fine e come l'altra è dotata di una notevole scrittura ed un tasso qualitativo che la pongono ben al di sopra della media: si tratta di Ghost World, di Terry Zwigoff. Sappiamo bene come occorra separare le esigenze del pubblico, disponibile quando è necessario ed invocato con argomentazioni di comodo quando si tratta, ad esempio, di un film italiano. E se il pubblico è con ogni diritto un mostro dalle mille teste, questa volta il film di Zwigoff è di certo appartenente alla categoria dei film per palati fini. Tratto da un curioso libro a fumetti underground di Daniel Clowes, racconta, come il libro, di due ragazzine, Enid (Thora Birch)e Rebecca (Scarlett Johansson), a disagio nella società bigotta della provincia americana. Le due fanciulle frequentano le scuole superiori e si trovano in quell'età di mezzo, dove le esperienze possono lasciare il segno, dove per una breve eternità potranno ancora fare progetti prima di trovarsi di colpo adulte. E' estate, Enid, che non si è ancora diplomata, decide di frequentare un corso d'arte, mentre la più pragmatica Rebecca trova lavoro in una caffetteria. Travolte dalla noia decidono di rispondere ad un inserzione che le metterà in contatto con Seymour (Steve Buscemi), un patetico personaggio, in cerca di qualcuno che possa scaldare il suo cuore in inverno. Enid si dedica a lui, colpita dalla fragilità e dalla sofferenza che sembrano dominare la sua esistenza. Lo spinge addirittura a fare altre inserzioni e quando l'uomo incontra un'altra anima solitaria e sensibile, la dolce Dana (Stacey Travis), Enid scopre di esserne gelosa. Il film è un vero trattato sull'alternativa tra alienazione e fuga, eseguito con implacabile malinconia, in un paesaggio immaginario, dove ogni presenza umana ha la labilità di un fantasma. L'amore di Seymour per gli oggetti kitsch, la sua sindrome di Charlie Brown, la passione per i vecchi dischi, pare siano caratteristiche dell'autore Daniel Clowes. Ogni personaggio, tranne le due protagoniste, sembra provenire dai disegni di Norman Rockwell e ristoranti e bar hanno la lucida fissità dei quadri di Hopper. La dimensione metafisica è sottolineata dalle scenografie volutamente datate, pure in un paesaggio senza tempo. La sola Enid, che la bravissima Thora Birch, grassottella, con quel viso di porcellana, sa come animare: il solo personaggio vivo dell'intera pellicola, che ha la fissità di un piacevole incubo.
Autore critica:Adriano De Carlo
Fonte critica:il Giornale Nuovo
Data critica:

9/11/2002

Critica 3:Ghost World è un teen movie acuminato, sarcastico, con accenti feroci. Non somiglia a certe brutte sitcom sui giovani americani fermi nella stanza degli eterni figli. Il regista Terry Zwigoff, autore di due bei documentari (Louie Bluie e Crumb, ha usato come dossier per la sua commedia un libro a fumetti underground, molto popolare negli Stati Uniti, di Daniel Clowes. Un regista abituato a "documentare" che parte da un fumetto non è comune. I colori, la focalizzazione dei personaggi, gli sfondi, i dettagli, il tono generale, i dialoghi sferzati e scettici, le digressioni non realistiche sono il frutto di una fantasiosa commistione cinema-libro. Nella vicenda di Enid (Birch) e Rebecca (Johansson), due amiche che hanno concluso il liceo e trascorrono l’estate sperando di mettere su casa e di crescere per conquistare il diploma più importante (quello della maturità non scolastica), la società americana è caratterizzata dall’anonimato delle catene di negozi tutti uguali, dei logo invasivi, di una cultura da immenso centro commerciale. Aspettare un autobus che non passa più, collezionare come fa Seymour (Buscemmi) vecchi dischi a 78 giri, vecchie locandine, cambiare occhiali o tinta di rossetto possono essere gesti di renitenza eroicomica.
Autore critica:Enrico Magrelli
Fonte critica:Film TV
Data critica:

19/11/2002

Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

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