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Nobildonna e il duca (La) - Anglaise et le duc (L')

Regia:Eric Rohmer
Vietato:No
Video:Fox
DVD:
Genere:Storico
Tipologia:La guerra
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Tratto dal libro "Ma vie sous la Révolution" della nobildonna scozzese Grace Elliott
Sceneggiatura:Eric Rohmer
Fotografia:Diane Baratier
Musiche:Aria dal "Carillon National" di Becourt, "Marcia Funebre" di Francois-Joseph Gossec
Montaggio:Mary Stephen
Scenografia:Jean-Baptiste Marot
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Lucy Russell (Grace Elliott), Jean-Claude Dreyfus (Duca d'Orleans), François Marthouret (Dumourier), Leonard Cobiant (Champcenetz), Carolin Morin (Nanon), Alain Libolt (Duca di Biron), Helena Dubiel (Madame Meyler), François Marie Banier (Robespierre), Michel Demierre (Chabot), Serge Renko (Vergniaud), Marie Riviere (Madame Laurent)
Produzione:Francoise Etchegaray per Compagnie Eric Rohmer - Pathe Image
Distribuzione:Bim
Origine:Francia
Anno:2001
Durata:

125'

Trama:

Nobildonna di antica famiglia scozzese, lady Grace Elliott è a Parigi negli anni bui della rivoluzione. Arrivata in Francia nel 1786 come amante del principe Filippo, duca d'Orléans, all'inizio delle sommosse Grace ha ormai chiuso questa relazione ma, nonostante divergenti opinioni politiche, i due sono rimasti legati da amicizia. Nell'agosto 1792, il giorno dell'assalto alle Tuileries da parte del popolo, Grace riesce a lasciare la città e a raggiungere la casa di campagna a Meudon. Nel settembre, dietro l'insistenza di un'amica, Grace torna a Parigi per aiutare un fuggitivo. Si tratta di Champcenetz, governatore proprio delle Tuileries. Questi è acerrimo nemico del duca d'Orléans, Grace stessa non lo stima, eppure insiste nel nasconderlo a casa sua, anche a rischio della vita. Nel gennaio 1793 Grace non riesce ad impedire che il duca d'Orléans voti a favore della morte del Re. Lo scontro tra i due sembra consumato. Una riconciliazione arriva solo nel mese seguente, quando Filippo cerca invano di procurare un passaporto di uscita per Grace. Nell'aprile 1793, in seguito al tradimento del generale Dumouriez, la famiglia d'Orléans viene bandita. Ricevuta a casa la visita della guardia nazionale, Grace viene arrestata. La sua permanenza in prigione dura poco, fin quando una lettera e un intervento di Robespierre arrivano a scagionarla. Le teste continuano a cadere, ma lei sopravvive.

Critica 1:Certo l'angolatura dalla quale l'ottuagenario maestro Eric Romer ha scelto di raccontare la rivoluzione francese è singolare.(...) Ma sarebbe volgare pensare a una svolta reazionaria di Rohmer, il quale ha continuato a ripetere a Venezia, dove ha ricevuto il Leone d'oro alla carriera, che ama "fare cinema e non politica". Se è vero che la storia la scrivono i vincitori, altrettanto vero è che la storia vissuta dai perdenti è più affascinante, ambigua, artisticamente ricca. Valeva per 'La guardia bianca', magnifico romanzo d'esordio di Michail Bulgakov, il primo a parlare della rivoluzione d'ottobre dal punto di vista di una famiglia zarista, vale per quest'opera straordinaria e rivoluzionaria nello stile, almeno rispetto al cinema che circola nelle sale. Rohmer rovescia i luoghi comuni del grande cinema di ambientazione storica, usa la telecamera digitale e pochissimi movimenti, mescola pittura e teatro, s'affida a una recitazione semplice quanto intensa.
Autore critica:Curzio Maltese
Fonte criticaD di Repubblica
Data critica:

16/10/2001

Critica 2:Terzo film in costume di Eric Rohmer, dopo La marchesa von... e Perceval, La nobildonna e il duca (L'anglaise et le duc) racconta gli anni tumultuosi della Rivoluzione francese. ll punto di vista, il ritmo, il "campo" prescelti sono quelli offerti dalla memoria (significativa, schierata, diretta, privata) di Grace Elliott, amante del principe di Galles, il futuro re Giorgio IV, e del principe Filippo, duca d'Orléans. Il libro-diario della nobildonna è la cronaca delle sue giornate e della sua vita a partire dal 1790. Fedele al re, contraria alla Rivoluzione, moderata, Grace si adopera per salvare un fuggiasco, va e viene da Parigi, cerca di dissuadere il duca dal votare a favore della ghigliottina per il re, affronta perquisizioni, vede la folla inferocita nelle strade e nelle piazze, incontra Robespierre, commenta e si infervora sul Terrore. Rohmer aderisce al suo racconto e, a 81 anni, ci regala una straordinaria lezione tecnologica. Utilizza il digitale per inventare, attraverso alcuni tableaux, la cornice scenografica dell'epoca e una prospettiva dello sguardo. Niente travestimenti del presente né esterni da studio tradizionale. Il dispositivo di ripresa si abbina in modo magistrale alla passione teorica per un cinema lineare, "frontale", con la macchina da presa fissa o quasi, fiducioso negli attori e nell'immanenza delle immagini (magnifiche). Esempio sublime di nuovo cinema griffithiano. I discorsi come lunghissime didascalie. Gli interni come gusci per vivere nella compostezza teatrale il terremoto romanzesco della Storia.
Autore critica:Enrico Magrelli
Fonte critica:Film TV
Data critica:

2/10/2001

Critica 3:La fine mostruosa di un mondo, e anzi del mondo: questo narra la Grace Elliott (Lucy Russell) di La nobildonna e il duca (L'anglaise et le duc, Francia, 2001, 128'). Del tutto interna alla classe e al pensiero che la Rivoluzione e la sua Ragione stanno distruggendo, per lei non finiscono solo un ordine politico, un sistema sociale, una gerarchia di valori, ma ogni possibile ordine, sistema e gerarchia. In questo senso, la sua prospettiva è strettamente reazionaria, volta al passato e dominata dalla sua nostalgia. Il che, però, non implica che lo sia anche quella di Eric Rohrner. Fra l'una e l'altra, fra la narrazione dell'anglaise e quella del grande autore francese, non c'è, né può esserci, identificazione o sovrapposizioni. Piuttosto, la prima è l'oggetto della seconda: e ciò che essa narra. Il punto di vista della regia, ancora, non può e non deve essere cercato direttamente nelle parole, nei fatti e nei sentimenti che costituiscono la narrazione di Grace, ma nel modo in cui la regia stessa li rappresenta. Per quanto il film sia denso di dialoghi - come sempre accade nel cinema di Rohmer, ancor più decisive sono dunque le sue immagini. Decisiva, in particolare, è la scelta di collocare su di uno sfondo non realistico gli eventi storici, quel che di essi appare a Grace, filtrati dall'angoscia e dalla nostalgia. Le strade di Parigi e i suoi edifici, la campagna attorno a Meudon, la stessa capitale vista dall'alto e in lontananza (intanto la ghigliottina s'abbatte sul collo del re), talvolta anche gli interni: tutto é ricostruito e inventato elettronicamente. Ma non è tanto quest'uso in se stesso che rileva, quanto l'effetto che Rohmer cerca. Le immagini elettroniche non solo evitano di produrre verosimiglianza: addirittura imitano le sfumature e i tratti della tecnica pittorica dell'acquerello. E lo fanno al punto da portare in primo piano più d'una volta la trama grossa e viva della carta, la sua materialità calda e tenera, che la pennellata trasparente non nasconde e anzi esalta. Questa scelta, che è Stilistica ben più che tecnica, ci suggerisce in platea che non di una ricostruzione storica si tratta, ma appunto di qualcosa di più caldo, di più tenero e materiale. Ci pare allora che a Rohrner stia a cuore la memoria di Grace in quanto permeata d'una umanità tanto viva da non essere, appunto come umanità, "reazionaria". E' singolare, non generale né ideologico, lo sguardo dell'anglaise (almeno così come nel film ci è riuscito, qualunque valore abbiano in loro stesse le pagine scritte dalla Elliott in Jounal of My Life During the French Revolution ora tradotte in italiano dall'editore Fazi). E quella sua singolarità ne trasfigura il senso, facendo di La nobildonna e il duca una grande storia d'amore. Per amore si intende il sentimento che lega Grace al duca d'Orleans, Philippe Egalité (Jean-Claude Dreyfus), ma anche più in generale il suo modo di "sentire" la vita. Quanto all'Orleans, dunque, l'immagine centrale ci pare quella della parete vuota nel salotto di Grace. Dopo il suo voto a favore della condanna a morte di Luigi XIV, lei dà ordine che da quella parete sia tolto il ritratto dell'antico amante. A sorprendere, in questa sequenza, è appunto una assenza: sul verde della parete il quadro non ha lasciato alcuna ombra e orma. Ci sembra, questa incongruenza, lo "stratagemma visivo" con cui Rohmer esprime la radicalità dell'esclusione, pari alla forza dell'amore smentito. Niente più, Grace vuole dentro di sé dell'Orleans, dopo il suo tradimento. Poi, mentre la storia si sviluppa, quella parete viene di nuovo mostrata, e vengono mostrati quella mancanza e quel vuoto (fino a che, ritrovata la memoria dell'orrore, il ritratto sarà rimesso al suo posto). Questo vale, appunto, per la Grace di Rohmer, molto più d'ogni ideologia ed egoismo di classe: questa tenerezza smentita e mutata in asprezza, questo sentimento che si capovolge, mantenendo però lo stesso calore e la stessa materialità "singolari". Di fronte a questa singolarità che è la stessa con la quale l'anglaise vede e vive la rivoluzione, davvero non contano né le "ragioni" generali dei giacobini né quelle dei reazionari. Contano invece il calore, la tenerezza, la materialità di quel che è umano di fronte alla mostruosità non tanto d'un mondo che muore, quanto d'una Ragione che ha nel Terrore il proprio culmine e, insieme, la propria smentita. Forse, per entrare davvero nel film di Rohmer e per entrare nella sua narrazione serve ripensare e modificare solo un po' il motto di un'opera famosa di Francisco Goya, pubblicata nel 1799: anche l'insonnia della ragione, non solo il suo sonno, produce mostri.
Autore critica:Roberto Escobar
Fonte critica:Sole 24 Ore
Data critica:

6/10/2001

Libro da cui e' stato tratto il film
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