Capitalism a love Story - Capitalism a love Story
Regia: | Michael Moore |
Vietato: | No |
Video: | |
DVD: | Dolmen Home Video |
Genere: | Documentario |
Tipologia: | Diritti Umani - La libertà, Diritti umani - La politica e i diritti |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Michael Moore |
Sceneggiatura: | Michael Moore |
Fotografia: | Daniel Marracino, Jayme Roy |
Musiche: | Jeff Gibbs |
Montaggio: | Jessica Brunetto, Alex Meillier, Tanya Meillier, Conor O'Neill, Todd Woody Richman, Pablo Proenza, John W. Walter |
Scenografia: | |
Costumi: | |
Effetti: | |
Interpreti: | Michael Moore |
Produzione: | Dog Eat Dog Films, Overture Films, Paramount Vantage |
Distribuzione: | Mikado |
Origine: | USA |
Anno: | 2009 |
Durata:
| 120'
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Trama:
| Nel ventesimo anniversario del suo rivoluzionario capolavoro Roger & Me, Capitalism: A Love Story riporta Michael Moore ad affrontare il problema che è al centro di tutta la sua opera: l'impatto disastroso che il dominio delle corporation ha sulla vita quotidiana degli americani (e, quindi, anche del resto del mondo). Ma questa volta il colpevole è molto più grande della General Motors e la scena del crimine ben più ampia di Flint, Michigan. Dalla Middle America fino ad arrivare ai corridoi del potere a Washington e all'epicentro finanziario globale di Manhattan, Michael Moore porterà ancora una volta gli spettatori su una strada inesplorata. Con umorismo e indignazione, Capitalism: A Love Story di Michael Moore esplora una domanda tabù: qual è il prezzo che l'America paga per il suo amore verso il capitalismo? Anni fa, quell'amore sembrava assolutamente innocente. Tuttavia, oggi il sogno americano sembra sempre più un incubo, mentre le famiglie ne pagano il prezzo, vedendo andare in fumo i loro posti di lavoro, le case e i risparmi. Moore ci porta nelle abitazioni di persone comuni, le cui vite sono state stravolte, mentre cerca spiegazioni a Washington e altrove. Quello che scopre sono dei sintomi fin troppo familiari di un amore finito male: bugie, maltrattamenti, tradimenti... e 14.000 posti di lavoro persi ogni giorno. Capitalism: A Love Story rappresenta una summa delle precedenti opere di Moore, ma è anche uno sguardo su un futuro nel quale una speranza è possibile. E' il tentativo estremo di Michael Moore di rispondere alla domanda che si è posto in tutta la sua carriera di regista: chi siamo e perché ci comportiamo in questo modo?
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Critica 1: | Capitalism: A Love Story
Come suggerisce il titolo, in effetti “Capitalism: A love story”, nuovo documentario d’inchiesta firmato Michael Moore, è esattamente una storia d’amore. E per raccontarcela Moore, noto per Bowling a Colombine, Sicko e Fahrenheit 9/11, parte da molto lontano. Ovvero dall’antica Roma. E’ lì, in effetti, che l’amore per il denaro e la corruzione è scoppiato. Si è acceso divenendo un connubio esplosivo e potenzialmente distruttivo. Proprio come certe storie d’amore. Questo sentimento, ma è meglio definirlo “rapporto”, si è poi poco a poco sviluppato dando vita a quel concentrato di “pari opportunità” e “libero mercato” che i potenti chiamano “Capitalismo”: secondo Moore il più grande male nella Storia dell’umanità.Il più grande. Senza alcun dubbio.
Al Capitalismo si deve la crisi economica che stiamo vivendo. Si deve la perdita dell’impiego per milioni di persone nel mondo. Si deve la perdita delle case, degli alloggi. Si devono gli scioperi, le occupazioni e le migliaia di persone incapaci di costruirsi un futuro. Si deve la formazione d’istituti, inizialmente concepiti per essere pubblici, privati come carceri e ospedali. Si deve la reclusione di ragazzi minorenni che non (non) hanno commesso crimini. Famiglie senza possibilità di cure mediche. Altre senza possibilità di difendersi in ambito legale. Le amministrazioni corrotte. Le guerre finanziate privatamente. Si deve l’uragano Katrina. Si deve la fame nel mondo. Si deve tutto.Tutto.
Ok, forse Moore ha un po’ esagerato. Capitalism: A love story è con ogni probabilità uno dei migliori lavori fatti dal regista. Certamente uno dei più appassionati. Moore, riesce, infatti, a toccare le corde giuste nello spettatore e a farlo sentire parte del problema. Lo fa tornare indietro con la memoria al suo primo lavoro da regista, quel Roger and me sulla General Motors, e lo coinvolge a livello emotivo. Tutto questo però, va detto a onor del vero, grazie a un tema che unisce piuttosto facilmente tutte le etnie, le religioni e i ceti sociali: la povertà dei molti contro la ricchezza dei pochi. Un tema molto complesso che si assume il compito assai ardito di scavare nelle ragioni più profonde della crisi economica mondiale.
Si fanno collegamenti tra l’amministrazione Bush e il sistema bancario. Si fanno nomi e cognomi delle persone che hanno ingannato l’amministrazione pubblica. Si innalza Obama come paladino della gente... Si dice molto, insomma. E come sempre alla fine della proiezione rimane la sensazione che non tutto quello che si è detto è proprio inerente all’argomento trattato. Moore questa volta lo nasconde meglio di altre raccontandoci in realtà non una, ma due storie d’amore: quella dell’uomo per il denaro e quella dell’uomo per la verità. Sembra un duello. Infatti, finisce in parità.
La frase: "…Gesù non farebbe mai parte di questo sistema". |
Autore critica: | Diego Altobelli |
Fonte critica | FilmUp |
Data critica:
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Critica 2: | Orfano del suo bersaglio preferito («Stupid White Man» Bush), Michael Moore spera in Obama e si commuove ricordando lo scopritore del vaccino per la polio, che non si arricchì perché: «Non si brevetta il sole». E Roosevelt che voleva una nuova Carta dei Diritti (1944), ma morì e quelle garanzie furono inserite nelle Costituzioni degli sconfitti, ma non in quella degli Stati Uniti. Ecco perché Moore ci invidia pensioni, assistenza medica e tutto ciò che appare 'socialista' là dove il capitalismo è parte del dna yankee (ma scoprite chi lo dichiara «peccato»). Ecco perché il suo documentario, che accusa dall'interno governo e banche a stelle e strisce, risulta poco esportabile. E andrebbe potato. Il 'buffo uomo grasso', tradito da giovane dalla General Motors (vedi "Roger&Me"), spiega come sia stata creata la crisi attuale e poi sfruttata. Polizze aziendali su dipendenti defunti, tragici sfratti, gli incomprensibili 'derivati': interviste, deduzioni, amarezza. Moore decolla quando delimita con il nastro giallo il luogo del crimine: Wall Street, losco casinò. E quando fulmina con un'immagine i poveri che votano con (e per) i ricchi sperando di poter diventare come loro: un cane salta instancabile attorno al tavolo imbandito che non raggiungerà mai. |
Autore critica: | Alessio guzzano |
Fonte critica: | City |
Data critica:
| 2/11/2009
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Critica 3: | |
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Data critica:
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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