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Fiori d'equinozio - Higanbana

Regia:Yasujiro Ozu
Vietato:No
Video:San Paolo Audiovisivi, Biblioteca Rosta Nuova
DVD:
Genere:Drammatico
Tipologia:Storia del cinema
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Tratto da un romanzo di Satomi Ton
Sceneggiatura:Noda Kogo, Yasujiro Ozu
Fotografia:Yuharu Atsuta
Musiche:Saito Kojun
Montaggio:Yoshiyasu Hamamura
Scenografia:
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Naniwa Chieko (Sasaki Hatsu), Watanabe Fumio (Naganuma Ichiro), Arima Ineko (Hirayama Setsuko), Sada Keiji (Taniguchi Masahiko), Tanaka Kinuyo (Kiyoko), Kuwano Miyuki (Hirayama Hisako), Nakamura Nobuo (Kawai Toshihiko), Chishu Ryu (Mikami Shukichi), Shin Saburi, (Hirayama Wataru), Takahashi Teiji (Kondo Shotaro)
Produzione:Shochiku
Distribuzione:Non reperibile in pellicola
Origine:Giappone
Anno:1958
Durata:

120'

Trama:

Un ricco uomo d’affari, nonostante i suoi atteggiamenti liberali, contrasta il matrimonio della figlia con un uomo scelto liberamente. I contrasti tra padre e figlia si intrecciano con altri problemi, fino alla finale riconciliazione.Un ricco uomo d’affari, nonostante i suoi atteggiamenti liberali, contrasta il matrimonio della figlia con un uomo scelto liberamente. I contrasti tra padre e figlia si intrecciano con altri problemi, fino alla finale riconciliazione.

Critica 1:In Fiori d'equinozio Ozu torna al tema della perdita dell'autorità paterna - motivo proprio del suo cinema negli anni ‘30 - attraverso la figura di un uomo dall'apparenza autoritaria ma in realtà incapace di affermarsi sulla volontà delle donne che lo circondano. Al povero Hirayama non rimane altro che agitarsi impotente, in mutande e giarrettiere, in un'immagine che ci riporta ai tempi di Sono nato, ma... Il film ripropone anche quel conflitto fra tradizione e tempi moderni che già era in Inizio d'estate, e lo fa esponendo il contrasto tra una figlia che vuole scegliere da sé l'uomo della sua vita e un padre che glielo vuole imporre. Ai temi della crisi dell'autorità paterna e del conflitto fra tradizione e modernità - che non si esprime solo nello scontro tra Hirayama e Setsuko, ma anche nel contrasto tra la dimensione pubblica e quella privata dello stesso Hirayama - si aggiunge quello della gelosia paterna, che costituisce un singolare rovesciamento di quanto accadeva in Tarda primavera (là era la figlia a essere gelosa del matrimonio del padre).
Non mancano poi quei momenti di nostalgia tanto cari a Ozu. Ad esempio, la scena sul lago di Hakone e la cena fra i vecchi amici di Hirayama. Nella prima, Kiyoko ricorda con esagerata nostalgia gli anni di guerra in cui le difficoltà della vita quotidiana rendevano la famiglia piú unita. Nella seconda Hirayama e i suoi amici ascoltano Mikami recitare il celebre poema dell'addio di Kusunoki Masashighe, un guerriero che si batté per la causa imperiale e mori suicida dopo la sconfitta della battaglia di Minatogawa (1336). Kusunoki, uno dei protagonisti del Taiheiki (Cronaca della grande pace, 1372), un noto racconto di guerra attribuito al monaco Kojima, è il simbolo della lealtà assoluta e dell'abnegazione dell'«Io», secondo i precetti del bushido (la via del samurai). Prima di recitarne i versi, Mikami osserva come il poema poco si adatti ai tempi moderni. Segue il canto collettivo di una celebre canzone degli anni di guerra, dedicata all'addio di Kusunoki al figlio prima della grande battaglia. Poema e canzone rinviano dunque al mito di un'autorità e di una virilità perdute e al dolore del distacco di un padre dal proprio figlio, riprendendo in questo modo i temi generali del film e ribadendo, con una certa ironia, il motivo della nostalgia per tempi piú virili. Ma Fiori d'equinozio è anche una commedia. Lo testimoniano situazioni e personaggi che hanno il compito di creare piccoli gag o pause comiche, come nelle scene costruite intorno alla signora Sasake (che dànno spesso vita a vere e proprie corse al bagno o a divertenti equivoci con la domestica) e al giovane dipendente di Hirayama (che cerca vanamente di nascondere al suo boss di essere un assiduo cliente del bar «Luna»).
Anche sul piano stilistico il film ricorre con frequenza a strategie testuali apertamente ironiche, espressione di un rapporto ludico con la materia. Ciò è evidente nel trattamento del colore - Fiori d'equinozio è il primo
film a colori di Ozu - e in particolare nell'uso di punti e macchie rosse che, a partire dai titoli di testa, attraversano ostentatamente quasi tutte le scene del film, conferendogli una curiosa dimensione di artificialità. Pensiamo al gioco di spostamenti e trasformazioni a cui è costretto il bollitore rosso di casa Hirayama. Inizialmente è sempre nello stesso posto. Poi, col procedere del film è collocato in diversi punti della stanza. In questo modo si crea nello spettatore un senso d'attesa puramente pittorico per l'apparizione di questa riconoscibile macchia rossa, che a volte è sostituita da altri oggetti dello stesso colore (come un telefono o una maglietta stesa), o di colore diverso (come una mensolina porta spezie che tuttavia va ad occupare quello che sino a quel momento era stato il posto del bollitore). In sostanza, l'introduzione del colore permette ad Ozu di inserire un nuovo elemento all'interno del montaggio per dominanti e armonici.
Un altro singolare esempio di strategie testuali, che conferiscono una dimensione artificiale alla storia narrata, è costituito dall'uso delle soggettive. Hirayama sta parlando, a casa sua, con Yukiko. A una serie di piani di lei, di lui, infine ancora di lei che guardano verso l'esterno della casa, segue un'inquadratura della facciata dell'ospedale, che si trova in un'altra parte della città, dove è ricoverata la madre di Yukiko. Dopo una breve e comica scena in cui la donna è costretta a bere un disgustoso intruglio, ecco di nuovo l'esterno dell'ospedale, seguito dall'immagine di Yukiko che, insieme all'amica Setsuko, guarda nella presumibile direzione dell'edificio. Le due donne non sono adesso nella casa di Hirayama, bensí in una stanza nelle vicinanze dell'ospedale. Il gioco usato da Ozu per rovesciare le attese dello spettatore è piú che palese. L'ostentato sguardo di Hirayama e Yukiko verso l'esterno sembra presupporre una inquadratura soggettiva che invece non sarà tale. Al contrario l'inquadratura della facciata dell'ospedale, che chiude la breve scena lí ambientata, pare un'oggettiva che invece si rivelerà una soggettiva. Un procedimento straniante, tipico di Ozu, è il rapporto fra sguardo dei personaggi e la posizione della macchina da presa. Nei dialoghi piú significativi i personaggi si parlano l'un l'altro non guardando rispettivamente verso destra e verso sinistra, come vuole la norma del raccordo di sguardo, bensí guardando se non al centro dell'obiettivo certamente ai suoi lati o poco sopra.
Un ultimo elemento di interesse, fra i tanti che potremmo ancora citare, è dato dall'epilogo. Di solito i film di Ozu si caratterizzano per l'indugiare degli esordi e il lento innescarsi dell'intrigo vero e proprio. Qui il film sembra invece attardarsi sull'epilogo. In effetti dopo la decisione del padre di partecipare al matrimonio della figlia, la storia potrebbe chiudersi rapidamente. In realtà mancano ancora pjú di venti minuti alla fine, occupati dalla lunga riunione degli amici di Hirayama, dalla visita del protagonista a Sasaki e a Yukiko e dal viaggio in treno verso Hiroshima.
Autore critica:Dario Tomasi
Fonte criticaOzu Yasujiro, Il Castoro Cinema
Data critica:

1-2/1991

Critica 2:
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Fonte critica:
Data critica:



Critica 3:
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Libro da cui e' stato tratto il film
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