Nirvana - Nirvana
Regia: | Gabriele Salvatores |
Vietato: | No |
Video: | Cecchi Gori Home Video |
DVD: | |
Genere: | Drammatico |
Tipologia: | Spazio critico |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Gabriele Salvatores |
Sceneggiatura: | Pino Cacucci, Gloria Corica, Gabriele Salvatores |
Fotografia: | Italo Petriccione |
Musiche: | Federico De Robertis, Mauro Pagani |
Montaggio: | Massimo Fiocchi |
Scenografia: | Giancarlo Basili |
Costumi: | Giorgio Armani, Patrizia Chericoni, Florence Emir |
Effetti: | Victor Togliani |
Interpreti: | Christopher Lambert (Jimi Dini), Diego Abatantuono (Solo), Sergio Rubini (Joystick), Stefania Rocca (Naima), Emmanuelle Seigner (Lisa), Gigio Alberti (Ratzenberger), Amanda Sandrelli (Maria), Claudio Bisio (Corvo Rosso), Paolo Rossi (Joker) |
Produzione: | Vittorio e Rita Cecchi Gori per C.G.G. Tiger Cin.Ca |
Distribuzione: | Cecchi Gori Distribuzione |
Origine: | Italia |
Anno: | 1997 |
Durata:
| 111’
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Trama:
| Mancano tre giorni a Natale in una zona dell'agglomerato del Nord in un anno imprecisato del futuro prossimo venturo. Jimi, creatore di videogiochi, lavora per la multinazionale Okosama Starr, che proprio per Natale metterà sul mercato il suo più recente gioco, Nirvana. Jimi è stato lasciato da Lisa, che è sparita, ed è molto triste. Si accorge in ritardo che il computer sul quale sta lavorando è malato: un virus elettronico ha fatto impazzire il programma Nirvana e Solo, il protagonista del videogioco, ha capito di essere un personaggio virtuale in un mondo finto, dove dovrà ripetere all'infinito le stesse azioni. Solo chiede a Jimi di liberarlo da quella schiavitù e di cancellarlo. Jimi accetta, pensando che in tal modo potrà forse rtrovare anche la sua Lisa. Bisogna entrare nella banca dati della Okosama e, per fare questo, Jimi si allea con Joystick, abituato a volare sopra le reti informatiche e ad entrare nelle banche dati, e con Naima, esperta di hardware, che ha perso la memoria e può inserirsi in testa soltanto ricordi artificiali. Comincia così un viaggio lungo e pericoloso nei quartieri degradati dei vari agglomerati, in una lotta contro il tempo e lo strapotere della multinazionale. Quando Jimi apprende che Lisa è morta, decide che è il momento di portare a compimento il progetto. Incalzato dalle guardie, all'ultimo cancella il gioco e anche Solo che lo saluta, ringraziandolo. Poi annulla anche se stesso.
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Critica 1: | È da molto tempo ormai, forse dall'ultimo sprazzo di ottimismo rappresentato da Incontri ravvicinati del terzo tipo, vent'anni fa, che la fantascienza tende sempre più a una visione distopica e pessimista del nostro vivere quotidiano prossimo venturo. E anche se intanto passano le scadenze delle grandi distopie letterarie e cinematografiche - il 1994 di Orwell, il 1997 in cui è nato Hal, il temibile computer umano troppo umano di 2001 Odissea nello spazio - e dimostrano che in fondo le cose non son poi così tremende (a seconda, naturalmente, che si guardi al bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto), i nuovi appuntamenti con le date della fantasia fantascientifica si fanno sempre più ravvicinati. Kathryn Bigelow ha piazzato i suoi Strange Days a cavallo dell'ultima notte del 1999 (anche se io ho una mia teoria secondo cui il vero Capodanno del terzo millennio è il primo giorno del 2001). E Gabriele Salvatores, con un film affascinante e inconsueto, ci concede otto anni per prepararci al futuro cupo, miserabile e negativo che la sua fantasia preannuncia per il 2005 - una data mai detta, ma che si sa essere quella del suo film. La storia di Nirvana, a ben vedere, non è tanto lontana dai temi cari a Salvatores. Anche qui c'è un viaggio: quello del programmatore Christopher Lambert, inventore del gioco del momento, appunto Nirvana, alla ricerca della donna amata (Emmanuelle Seigner) che è sparita abbandonandolo alle sue ossessioni elettroniche, e che lui cercherà andando a Marrakech. Marrakech, però, non è più quella delle fantasie di fuga del vecchio film di Salvatores, ma, assieme a Bombay City e Shangay Town, è uno dei tanti quartieri di una megalopoli chiamata l'Agglomerato. Un girone infernale e popolato da un crogiuolo di razze dove, al posto della pioggia di Blade Runner, cade una perpetua neve, e la gente si consola e si diverte appunto con Nirvana: un gioco crudele - si tratta di una caccia all'uomo - ma non tanto diverso da quelli che fanno i nostri bambini con il Nintendo, il cui protagonista, umano o quasi umano, sta meditando la ribellione al suo creatore. Anzi, la creatura - Diego Abatantuono - chiede al suo creatore, in crisi esistenziale e pronto ad accogliere l'invito, di cancellare il gioco che lo costringe a ripetere senza senso e senza logica le stesse inutili azioni. Se in Nirvana sono dichiarate le suggestioni di un film culto come Blade Runner e i temi ossessionanti della comunicazione e della memoria di cui si nutriva Strange Days, a Salvatores, assieme all'ambizione di fare qualcosa di diverso e di insolito nel panorama intimista e troppo spesso ombelicale del nostro cinema, assieme al coraggio di avventurarsi in una forma di cinema "massimalista" e metaforico da noi poco popolare, bisogna riconoscere anche la capacità di costruire un pastiche in cui alle grandi ossessioni della fantasociologia si mescolano con naturalezza personaggi e umori vernacoli. E se manca qualcosa a questo curioso e intrigante esperimento - che dovrebbe piacere molto alla generazione dei computer e dei giochi elettronici, oltre che ai cultori del pessimismo cosmico di Philip K. Dick cui Salvatores ha guardato come fonte di ispirazione -, a far difetto è un impianto narrativo più forte e più emozionante, una presa romanzesca più decisa: e la responsabilità è da attribuirsi in parte alla frigidità di Christopher Lambert, che sembra in effetti più virtuale del personaggio virtuale - eppure caldo - di Diego Abatantuono, alle prese con la deliziosa prostituta elettronica Amanda Sandrelli. Nirvana potrebbe sembrare un film ad uso esclusivo della generazione cyber se non fosse anche un interessante esperimento di cinema visionario: l'uso che Salvatores fa degli spazi dell'ex fabbrica Alfa Romeo del Portello, a Milano, è brillante, così come la bravura con cui inserisce nel contesto dell'Agglomerato i volti abituali del suo cinema - e valga per tutti il portiere indiano di Silvio Orlando. È brava e toccante Stefania Rocca, la ragazza che vive con la memoria altrui. Ma la vera scoperta è un inedito Sergio Rubini, pirata elettronico Joystick. E anche se la storia si sfrangia un po' sotto il peso delle invenzioni tecniche, Nirvana, attraverso la sua fantascienza del presente, riesce a parlare anche di cose più serie e più gravi. |
Autore critica: | Irene Bignardi |
Fonte critica | la Repubblica |
Data critica:
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Critica 2: | Si fa presto a dire Nirvana. Secondo Buddha e i buddhisti, il Nirvana è un luogo, dove non si va né si viene, non si resta, non si muove, non è fondato su nulla. È la fine del dolore. Nirvana film, invece, è un luogo in movimento, dove si va e si viene, e dove c'è molto dolore. Essendo, Nirvana, anche il titolo del videogame a cui sta lavorando - nel film - il programmatore di videogiochi Jimi, verrebbe da dire che il Nirvana resta un sogno, un obiettivo, un'utopia. E forse è così. Ciò che colpisce, del nuovo film di Gabriele Salvatores, è la quantità. Ti scarica addosso molte cose, molte immagini, molta musica, molte suggestioni. Poi sta a noi, digerirle, e decidere cosa ci è piaciuto e cosa no. Strutturalmente, sono almeno due film in uno. Il primo è la storia di Jimi, ed è una storia molto semplice: un creatore di videogiochi, che lavora per una multinazionale (si chiama Okosama Starr), deve consegnare a giorni una nuova creazione intitolata Nirvana, e nel frattempo sta cercando la donna che l'ha lasciato, spezzandogli il cuore. Lo aiuta, nella ricerca, lo scombiccheratissimo Joystick, un «angelo», ovvero un virtuoso dei voli nella rete informatica, capace di violare le banche dati di ogni multinazionale. Tutto si svolge nell'immenso Agglomerato Nord, una vigilia di Natale all'inizio del prossimo millennio. Il secondo film è, appunto, il videogame. Jimi ha creato un protagonista che si chiama Solo. Il gioco propone varie opzioni nelle quali Solo rischia sempre la pelle. Un bel giorno Solo comincia a parlare con Jimi. Ha acquistato una propria coscienza. Ha capito di essere una creatura virtuale, di essere costretto all'interno di un gioco, e la cosa non gli piace per niente. Chiede a Jimi di essere cancellato. Questo significherebbe disobbedire ai piani della Okosama. Jimi sarà pronto a farlo? Se la prima storia è semplice, persino banale, e ricorda - per bizzarro che possa sembrare - alcuni precedenti film di Salvatores come Marrakesh Express e Turné, la seconda è più intricata, nel tentativo di mescolare Pirandello e l'estetica dei cd-rom. Per liberare subito il campo da un dubbio, sarà bene dire che sul piano visivo le due storie si fondono bene e il film è di altissimo livello: non è mai ridicolo (e il rischio, con la fantascienza made in Italy, e sempre presente) e non ha nulla da invidiare ai classici americani.La fotografia di Italo Petriccione e le scenografie di Giancarlo Basili (che reinventano l'Agglomerato Nord nelle fabbriche dismesse dell'Alfa, a Milano) sono notevolissime. I dubbi, chiamiamoli così, subentrano a livello della narrazione. Salvatores ha usato due registri. Il film è solenne, lento, spesso molto «serio»; il film nel film, ovvero il videogame, è più giocato su toni da commedia, soprattutto per la presenza di Diego Abatantuono nei panni di Solo. Poiché Salvatores ha più volte dichiarato che la commedia all'italiana è morta, o almeno moribonda, è sorprendente ritrovarla che fa capolino negli angoli virtuali di Nirvana. Ma è altrettanto ovvio che si tratta di commedia «alla Salvatores», con quelle battute disincantate e molto milanesi; dovute, oltre che ad Abatantuono, a piccoli cammei disseminati nel film, con i volti di Paolo Rossi (anch'egli «in video»), di Gigio Alberti, di Bebo Storti, di Caludio Bisio, di Silvio Orlando, di Antonio Catania: insomma. di tutta quella che potremmo definire la «Banda Salvatores», al gran completo. Il dubbio, allora, dove sta? Semplice: nell'impressione che i momento ironici del film siano quelli che davvero funzionano, e che comunque meglio arrivano al pubblico, rispetto alla parte più filosofico-sentimentale incarnata dai personaggi di Christopher Lambert (meno catatonico del solito, comunque) e di Emmanuelle Seigner. Come dire: Salvatores forse teneva soprattutto a questa seconda parte, ma in fondo gli è venuta meglio la prima. Il film,nel suo complesso, vive di questa dicotomia, di questa dialettica tra dramma e commedia, fra vita e gioco, fra presente e futuro. Il che lo rende un'opera riuscita, come avrebbe detto Billy Wilder, al 70%, ma anche di forte, e tutt'altro che virtuale, vitalità. |
Autore critica: | Alberto Crespi |
Fonte critica: | l'Unità |
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Critica 3: | |
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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