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Tre colori: film bianco - Trois couleurs: blanc

Regia:Krzysztof Kieslowski
Vietato:No
Video:RCS, Corriere della Sera
DVD:San Paolo Audiovisivi
Genere:Grottesco
Tipologia:Storia del cinema
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Krzysztof Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz
Sceneggiatura:Krzysztof Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz
Fotografia:Edward Klosinski
Musiche:Zbigniew Preisner
Montaggio:Urszula Lesiak
Scenografia:Halina Dobrowolska
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Zbigniew Zamachowski (Karol Karol), Julie Delpy (Dominique), Janusz Gajos (Mikolaj), Jerzy Stuhr (Jurek), Aleksander Bardini (L'avvocato), Barbara Dziekan (Cassiera), Cezary Harasimowicz (Ispettore), Michel Lisowsky (Interprete), Piotr Machalika (Uomo alto), Philippe Morier Genoud (Giudice), Jerzy Nowak (Il vecchio agricoltore), Cezary Pazura (Proprietario), Jerzy Trela (Sig. Bronek), Marzena Trybala (Impiegata da Mariott), Grzegorz Warchol (L' elegante)
Produzione:Yvon Crenn Coproduzione Mk2 Prod. Sa - France 3 Cinema - Cab Prod. Sa -Tor Production con partecipazione di Canal+
Distribuzione:Cineteca Lucana
Origine:Francia, Polonia, Svizzera
Anno:1993
Durata:

120

Trama:

A Parigi, Karol Karol, parrucchiere polacco, affronta il processo di divorzio intentatogli per impotenza dalla moglie francese Dominique, anch'essa parrucchiera. Lei gli fa trovare all'uscita del tribunale, un grosso baule con i suoi effetti e lo congeda freddamente. Senza un soldo, poiché il denaro in banca gli è stato bloccato, Karol va a dormire nel negozio di cui ha la chiave. Qui al mattino lo sorprende la moglie, tra i due c'è un ennesimo, ed inutile tentativo di rapporto. Ridotto a suonare con un "pettine" (a modo di fisarmonica a bocca) nelle strade, e umiliato da Dominique che gli fa sentire, quando lui le telefona, i suoi ansiti di godimento con un amante, si imbatte in un compatriota, Mikolaj, che, dopo avergli proposto invano di uccidere un connazionale dietro compenso, lo aiuta a tornare in Polonia dentro al baule, che viene rubato da delinquenti: Karol viene picchiato e gettato da costoro in una discarica. Ripreso il suo posto di parrucchiere a Varsavia accanto al fratello, grazie ad una speculazione edilizia, carpita ad un trafficante di valuta per cui lavora, diventa ricco e potente. Dopo aver convinto a vivere il ritrovato Mikolaj, che è il destinatario del delitto a pagamento, fa testamento a favore della moglie, che rifiuta sempre di rispondere al telefono, e decide di fingersi morto. Karol assiste così al suo funerale e alle lacrime della moglie; poi le appare all'improvviso in casa, riuscendo finalmente a soddisfarla. Ma al mattino se ne va, ed arriva la polizia che accusa la donna di aver ucciso il marito: il corpo nella bara, col volto sfigurato, e riconosciuto ad arte da Mikolaj e dal fratello, mostra segni di violenza. Ora Dominique è in carcere e Karol può osservarla, col binocolo, dietro le sbarre.

Critica 1:Costretto al divorzio dalla moglie Dominique (J. Delpy), parrucchiera francese, perché non consuma più il matrimonio, il polacco Karol (Z. Zamachowski) deve rientrare da Parigi in Polonia dove, dopo essersi arricchito, architetta un perverso marchingegno per vendicarsi della donna. Secondo film della trilogia sui colori della bandiera francese (bianco = uguaglianza), scritta, come Dekalog, con Krzysztof Piesiewicz (vi hanno collaborato anche la regista Agnieszka Holland, Edward Zebrowski e il direttore della fotografia Edward Klosinski), a differenza degli altri due film di timbro drammatico, è una commedia crudele che inclina al grottesco. A un livello di logica psicologica, appare qua e là sforzata e artificiosa con qualche espediente facilmente romanzesco. Si vuole suggerire che l'"egalité" tema nascosto più che implicito si ottiene a caro prezzo? Può anche essere interpretato come una metafora amara sul rapporto tra Est e Ovest, tra socialismo fallito e capitalismo vittorioso. Zamachowski è straordinario, ma gli altri personaggi, moglie compresa, sono di debole spessore. I tanghi di Zbigniew Preisner sono deliziosi. Orso d'argento a Berlino per la regia.
Autore critica:
Fonte critica
Data critica:



Critica 2:Il secondo capitolo della trilogia "rivoluzionaria" di Kieslowski chiama in causa l'uguaglianza (l'égalité) per sancirne l'ineluttabile imperfezione. E colora beffardamente di bianco il titolo di un film dove l'ossessione del dominio rende vana l'utopica purezza del sentimento amoroso. Bianco per dire nero, dunque, nel lento ma inesorabile accumularsi di un desiderio di rivincita così forte e calcolatore da irridere persino la pietà. Corrispondenza d'abbandoni, simmetria di logiche punitive, equivalenza di sofferenze: sembra quasi che, per il regista, l'unica uguaglianza possibile sia quella postuma, in margine o in appendice alle schermaglie del vissuto, se ha infine un senso il muto intendersi a distanza di Karol e Dominique nell'ultima sequenza del film, a giochi ormai fatti, quando ciascuno ha abbondantemente consumato la sua razione di cinismo.
Pessimismo? Indubbiamente e alla maniera di un Kieslowski persino "ritrovato", robustamente "polacco" e nuovamente in possesso del suo acre sguardo fenomenico dopo qualche svo-lazzo poetico di troppo nel precedente
Film Blu, opera apprezzabile ma ri-dondante, e segnata da insistenze oniriche ed enfatismi decisamente lon-tani dalle secche cadenze diegetiche del regista, che qui - viceversa – torna alla compiutezza narrativa del raccon-to a parabola sperimentato con succes-so nel Decalogo, dal decimo episodio del quale fa ritorno anche Zbigniew
Zamachowski, con quella faccia anoni-ma da polacco qualunque particolar-mente efficace sul volto di Karol. Che costui, parrucchiere sessualmente non troppo dotato, il classico povero cristo - non faccia per l'esigente Dominique (le conferisce il dovuto distacco l'algida bellezza di Julie Delpy) è cosa facil-mente intuibile, sottolineata persino dallo spaesamento che l'assai poco so-lidale benessere parigino non può non procurare in chi, come Karol, viene dal sottosviluppo esteuropeo (chiodo fisso di Simenon, tanto per dire di certi luoghi comuni anche letterari francesi, sin dal romanzo d'esordio di Maigret, non a caso Pietr-le-Letton).
Ma Karol e Dominique si sono pur amati, prima di approdare alle aule del Palazzo di giustizia per sentir sentenziato il fallimento della loro unione, e almeno dal punto di vista di Karol quell'amore continua, originando il bisogno di rivincita che dà corpo - con la complicità di un caso più che mai necessitante - alle successive spregiudicate imprese del protagonista, sino alla vendetta finale, per pareggiare i conti. In Polonia, dove tutto è in vendita dopo la liquidazione fallimentare del comunismo, Karol impara in fretta la lezione del profitto, non giunge ad uccidere soltanto perché sa leggere ormai anche il destino (ma sulla complice amicizia virile che viene ad instaurarsi fra lui e Nikolaj pesa l'inespresso di un'intesa fra uomini, fra eguali, che necessariamente dà da pensare) pur facendo propria ogni logica gangsteristica nel far west della liberistica economia polacca. Tutto è in vendita, anche il cadavere di un disgraziato qualsiasi per simulare la propria morte, costringere Dominique alle lacrime, finalmente ripossederla nell'insolito ruolo del revenant e abbandonarla al destino della vittima designata, forse pazza, forse uxoricida, comunque stritolata dall'infernale trappola ordita ai suoi danni.
Sul tema dell'uguaglianza, ciò che Kieslowski e il fido Piesiewicz imbastiscono è un sapido pamphlet di paradossi, per segnalare - con la consueta distanza di chi espone fatti (le storie) e non formula giudizi (i cosiddetti messaggi) - che anche il colore più neutro (il bianco) e l'ideale più scontato (l'uguaglianza, appunto) celano in sé doppiezza ed ambiguità: tornando ad assomigliarsi, Est e Ovest trovano il modo di omologarsi sul terreno dell'egoismo; quello stesso egoismo reificante che distrugge, in fondo, ogni possibile intesa fra Karol e Dominique, idealmente insieme solo dopo il reciproco annientamento, quasi che soltanto l'assenza possa giustificare il desiderio.
Autore critica:Roberto Ellero
Fonte critica:SegnoCinema n. 67
Data critica:

5-6/1994

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



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