Come te nessuno mai -
Regia: | Gabriele Muccino |
Vietato: | No |
Video: | Elle U Multimedia |
DVD: | |
Genere: | Commedia |
Tipologia: | Diventare grandi, Giovani in famiglia, I giovani e la politica, Il mondo della scuola - Giovani |
Eta' consigliata: | Scuole medie inferiori; Scuole medie superiori |
Soggetto: | Gabriele Muccino, Silvio Muccino |
Sceneggiatura: | Gabriele Muccino, Silvio Muccino |
Fotografia: | Arnaldo Catinari |
Musiche: | Paolo Buonvino |
Montaggio: | Claudio Di Mauro |
Scenografia: | Eugenia F. Di Napoli |
Costumi: | |
Effetti: | |
Interpreti: | Silvio Muccino (Silvio Ristuccia), Giuseppe Sanfelice Di Monteforte (Ponzi), Giulia Steigerwalt (Claudia), Giulia Carmignani (Valentina), Luca De Filippo (padre di Silvio), Anna Galiena (madre di Silvio), Enrico Silvestrin (Alberto Ristuccia), Giulia Ciccone (Chiara Ristuccia), Simone Pagani (Martino), Caterina Silva (Giulia), Sara Pelagalli (Marta) |
Produzione: | Domenico Procacci |
Distribuzione: | Mikado |
Origine: | Italia |
Anno: | 1999 |
Durata:
| 88'
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Trama:
| Primo giorno: Silvio e Ponzi, amici e compagni di classe in un liceo di Roma, accettano di partecipare all'occupazione della scuola solo con l'obiettivo di fare colpo sulle ragazze. Ne parlano la sera con gli altri ragazzi, tra cui Martino, molto invidiato perché ha già una relazione con Valentina. Secondo giorno: viene decisa l'occupazione. Gli studenti sfondano le barricate ordinate dal preside e si dividono nelle varie aule. Silvio si trova accanto a Valentina, entrano nella stanza buia dell'archivio e qui si baciano. Questo fatto, che doveva restare segreto, dopo qualche ora è sulla bocca di tutti. Lo sa anche Martino che, infuriato, decide di vendicarsi. Lo apprende poi anche Claudia, amica di Valentina e segretamente innamorata di Silvio. I genitori di Silvio, ex sessantottini, minacciano di cambiargli scuola e gli impediscono di dormire nell'edificio insieme agli occupanti. Terzo giorno: la polizia entra a scuola. Gli studenti scappano. Silvio e Claudia si trovano a fuggire insieme sul motorino. A casa, Silvio parla di Claudia col fratello maggiore che alla fine lo esorta ad andarla a cercare. Silvio e Claudia si rivedono e il nuovo incontro scioglie ogni dubbio. Silvio ora ha le idee chiare: l'amore conta più di tutto.
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Critica 1: | Affari di cuore, lotte politiche, aspirazioni assolute, contrasti con i genitori, desiderio di affermare la propria, emergente personalità. chi più chi meno, da adolescenti, tutti abbiamo affrontato questi problemi come un momento straordinario: confuso e conflittuale, ma anche irripetibile. Gabriele Muccino ha il merito di aver saputo cogliere questo particolare momento della vita con occhio sincero e disincantato, lontano dagli stereotipi giovanili cui molto cinema italiano ci ha abituato negli ultimi anni. Ci è riuscito anche perché ha lavorato con la diretta collaborazione del fratello Silvio Muccino e della sua amica Adele Tulli, entrambi sedicenni, che hanno portato nel soggetto la diretta testimonianza di problemi e aspirazioni dei giovani d'oggi. E il film che ne risulta, tenero e agrodolce, é una delle migliori prove italiane di questo avvio di stagione. |
Autore critica: | Valerio Guslandi |
Fonte critica | Ciak |
Data critica:
| 1/11/1999
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Critica 2: | "Che manona". Silvio (Silvio Muccino) è seduto accanto alla madre (Anna Galliena, brava come sempre). Discutendo, lui agita le mani. E lei, appunto, se ne esce con un “Che manona”. Siamo verso la metà di Come te nessuno mai (Italia, 1999), sempre più convinti che il film di Gabriele Muccino abbia una dignità inusuale per il cinema italiano corrente. Non pare sia determinante davvero di che cosa i due stiano parlando. Tra genitori e figli adolescenti la discussione e spesso lo scontro hanno per così dire significato in sé, qualunque ne sia l'oggetto. E' in atto un allontanamento, una perdita difficile per gli uni e per gli atri. Lei, dunque, sta rassicurando lui. Io e tuo padre, gli dice, ti saremo sempre vicini. E lui, con lucidità crudele, controbatte: “Sono io, che mi distacco da voi”. Per ora, tutto rientra nella standard della quotidianità familiare. Per quanto sia ben scritta e accurata, la sceneggiatura (di Gabriele Muccino, con la collaborazione del fratello minore Silvio e di Adele Tulli) fin qui ripercorre parole, dialoghi, situazioni che qualunque sceneggiatura sufficientemente accurata ripercorrerebbe. Non lo fa in modo banale, ma non si sente ancora quel "profumo di vita" che, al cinema, s'accompagna alla leggerezza narrativa, producendo illusione di verità. E così siamo di nuovo alla manona di Silvio. La madre la guarda e, d'improvviso, vede il tempo trascorso. Era piccola così, dice quasi rammaricata. Con un cenno della sua, di mano, ne dà la misura: e quello che davvero il gesto misura è il distacco, la perdita. La sceneggiatura non aggiunge altro. Non spiega, non argomenta. Anche la regia non enfatizza. Questo loro accorto non fare rafforza la nostra impressione: si tratta d'un film inusuale, nel cinema italiano. Non è sufficiente, la "manona" di Silvio, a fare dell'opera seconda di Muccino un (seppur piccolo) capolavoro. Ma è un segnale: alla sua sceneggiatura, alla sua regia, alla sua scelta e direzione degli attori qualcuno ha lavorato davvero, con mestiere e con sensibilità. E anche con attenzione a quelle cose essenziali - per paradosso, le più essenziali - che sono i dettagli. Ossia: ha fatto come sempre si dovrebbe fare, e come ancora si racconta facessero i nostri uomini di cinema, e non solo i grandi autori, in anni terribilmente lontani. A chi si rivolge Come te nessuno mai? Ai quindicenni e ai sedicenni? Ai loro padri e madri? L'età del suo autore, nato nel '67, lo colloca a metà fra gli uni e gli altri. E infatti quel che vede e racconta sta su entrambi i fronti. C'è, da un lato, la generazione che, come si dice, ha fatto il '68, o magari il '77. E c'è quella dei figli. I quali, per quanto pretendano di ribellarsi ai modelli paterni e materni, si trovano a farlo - almeno in questo film - ripercorrendo miti che vengono da quegli anni. Questa "contraddizione generazionale" è uno dei temi portanti di Come te nessuno mai. E, ancora una volta, sceneggiatura e regia hanno il merito di raccontarla senza affannarsi a spiegarla, privilegiando invece la descrizione dei suoi effetti nella vita. In questa sua scelta, Muccino trova certo il conforto della recitazione di Luca De Filippo che, per quanto in un ruolo di sfondo, dà al padre di Silvio una credibilità immediata. Cosa, anche questa, del tutto inusuale nel nostro cinema. In ogni caso, Come te nessuno mai riesce a raccontare gli o meglio alcuni adolescenti, mostrandone anche il controcampo: i padri, le madri, le loro incomprensioni, le loro ragioni. Così pare a chi, in platea, si trova a essere padre o madre. E chi invece si trovasse a essere adolescente? Forse, lamenterebbe una certa superficialità nel racconto della "politicità" dei suoi coetanei: tutta slogan, tutta casuale. Si può essere di sinistra o di destra, radicalmente fuori dal sistema o radicalmente dentro: a decidere - suggerisce il film - è il gruppo cui si appartiene. Saremmo quasi tentati di dar ragione a Muccino, se non ci frenassero un paio di scrupoli. ll primo è generazionale: eravamo solo noi ad avere, tanti anni fa, una salda consapevolezza politica? Perché non potrebbero averla anche i nostri figli? O forse non l'avevamo neppure noi? C'è poi uno scrupolo strettamente cinematografico. Giova a Come te nessuno mai questa commistione di sentimenti e ideologia, eros e impegno politico? Non sarebbe stato opportuno tenere ideologia e impegno decisamente sullo sfondo? Si sarebbe evitato di generalizzare. E si sarebbe anche evitata la sequenza della carica della polizia: nettamente "esorbitante", per quanto ben girata, rispetto al contesto narrativo. D'altra parte, basta l'attenzione ai particolari, basta la cura con cui sono scritti i dialoghi, basta la qualità della direzione degli attori, per confermarci nella nostra opinione: Come te nessuno mai ha una dignità inusuale, nel nostro cinema corrente. |
Autore critica: | Roberto Escobar |
Fonte critica: | Sole 24 Ore |
Data critica:
| 10/10/1999
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Critica 3: | Sceneggiato direttamente da sedicenni, tra cui il giovane attore protagonista, il film riflette dall'interno su ideali e passioni, slanci e paure degli adolescenti contemporanei. Molta cura è posta nella restituzione dei diversi stili di comportamento, tra mode di riferimento e scelte personali. Pur incentrato su Silvio e i suoi amici, politicizzati in un certo modo e studenti del classico, il film offre spunti anche su altre tendenze, sottolineando l'importanza del look giusto nel posto giusto e la necessità di sentirsi parte di un gruppo ben definito e riconoscibile.
Il siparietto iniziale sulle diverse tipologie di aggregazione, dai "precisi" alle "zecche", rende bene il potere di trasformazione insito nel look, anche se i protagonisti restano sempre Silvio e Ponzi. Allo stesso modo, pure il gruppetto di neofascisti che sfida gli occupanti appare animato non tanto da una fede politica, quanto dalla necessità di attestare una propria identità riconoscibile, all'interno e all'esterno.
Ciò che unisce gli adolescenti del film è però un'altra preoccupazione: l'ossessione della prima volta. La trasformazione del corpo, la scoperta della sessualità e la necessità di sperimentarla al più presto diventano per tutti un discorso ricorrente, che crea trasversalità impreviste e svela facce inaspettate. Il confronto impietoso tra il punto di vista di Valentina e del suo ragazzo sulle proprie performance, montato con una ferrea alternanza che coglie la divisione ancora pre-adolescenziale tra maschi e femmine, rende bene la complessità e la delicatezza dell'argomento.
Le nuove pulsioni non appaiono però solo fisiche. L'urgenza di contestazione va infatti ben oltre la specificità della scuola occupata, ma diventa un paradigma del proprio agire quotidiano. Dal piano politico a quello sentimentale, da quello sociale a quello familiare, fino alle dimensioni più personali e intime, tutto viene messo in discussione. Il film propone programmaticamente impennate di energia, ora giocose ora litigiose, che ritmano i percorsi di Silvio e il suo continuo confronto/scontro con il mondo.
L'impatto maggiore di tale esplosività non può che aversi in famiglia. Ogni argomento diventa spunto per un litigio, ma va sottolineato che nel corso del film tutti i ruoli familiari andranno a modificarsi, quasi ad attestare la necessità di una ridefinizione continua, stimolata dalle urgenze di Silvio. Il padre severo si troverà più confuso, la madre protettiva rivendicherà maggiore comprensione per sé, il fratello maggiore stratega si rinchiuderà nel proprio sconforto. Solo Chiara, che anagraficamente è la più vicina a Silvio, rivelerà un'ulteriore contiguità al fratello, anch'essa nel pieno di una trasformazione apparentemente insospettabile.
La ricomposizione di tali frammenti, e la sintesi del percorso di crescita di Silvio, chiaramente schematizzato per esigenze narrative, non può che risolversi nella scoperta di un sentimento vero e reciproco, che si concretizza nell'amore con Claudia. Oltre le mode e le apparenze estetiche, senza l'aggressività che lo ha caratterizzato fino ad allora, superando l'assillo della prima volta spesso evocata come un dovere da espletare al più presto, Silvio scopre finalmente con Claudia una nuova dimensione, fisica, sentimentale e umana. Pur con qualche simbolismo compiaciuto - il lenzuolo rosso in mezzo a quelli bianchi - l'ultima sequenza in cui i due si amano, molto dolce e intensa, attesta davvero il passaggio a un'altra età. |
Autore critica: | Michele Marangi |
Fonte critica: | Aiace Torino |
Data critica:
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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Autore libro: | |
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