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Gioventu', amore e rabbia - Loneliness Of The Long Distance Runner (The)

Regia:Tony Richardson
Vietato:No
Video:Biblioteca Rosta nuova, visionabile solo in sede
DVD:
Genere:Drammatico
Tipologia:Disagio giovanile, Diventare grandi
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Tratto dal racconto omonimo di Alan Sillitoe
Sceneggiatura:Tratto dal racconto omonimo di Alan Sillitoe
Fotografia:Walter Lassally
Musiche:John Addison
Montaggio:Antony Gibbs
Scenografia:
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Tom Courtenay, Michael Redgrave, Avis Bunnage, Alec Mecowen, James Bolam, Joe Rombinson
Produzione:Lion International Film (London)
Distribuzione:Non reperibile in pellicola
Origine:Gran Bretagna
Anno:1962
Durata:

104’

Trama:

Abbrutito dalla miseria, finisce in riformatorio. Ottimo atleta, è scelto dal direttore per partecipare a una gara con gli allievi di un aristocratico college. Rinuncia a vincere.

Critica 1:Tratto da un racconto di Alan Sillitoe, è un film amaro e intelligente che analizza a fondo i contrasti sociali e generazionali dell'Inghilterra degli anni '60. A parte il finale, divenuto giustamente famoso, il film trae la sua forza dagli attori, dalla contrapposizione tra il ruvido T. Courtenay e il mellifluo M. Redgrave.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:Ecco un Tony Richardson del periodo "arrabbiato", che immette la carica protestataria di Look Back in Anger in una cornice stilistica da Nouvelle Vague, trasferendo sullo schermo un racconto di Alan Sillitoe. L'esempio di Truffaut, con I quattrocento colpi è fresco, ma la lettura giovanile di Dickens ha lasciato una traccia ancor piú profonda: e il cocktail forma una specie di bottiglia Motolov da lanciare oltre le difese dell' "establishment" perché scoppi fra i piedi dei padroni del vapore. Si è molto discusso sul tono, sul significato e sull'efficacia della protesta di Richardson e compagni. E' una rivolta di professionisti, che non ha niente di improvvisato né di informe sul piano spettacolare; sul piano dei contenuti non va in caccia di nuovi miti da sostituire a quelli decrepiti e si preoccupa solo di fare piazza pulita. Vediamo che cosa racconta il film. Colin Smith, un ragazzo con una vita familiare balorda, compie un furto quasi per scherzo e finisce al riformatorio; il direttore, cha ha la mania dello sport, scopre in lui un buon corridore di fondo e lo induce ad allenarsi per la gara contro i giovani di un college elegante: ma a pochi metri dal traguardo, proprio quando sta-per strappare la vittoria, Colin si ferma con aria di sfida e cede il passo all'avversario. A medicare le piaghe di una società sbagliata non basta il paternalismo né è giusto che si salvi solo chi ha le gambe buone per correre. Alla sua maniera, cioè con il gusto popolaresco dello sberleffo ironico, Colin rifiuta i favoritismi di un mondo agiato disposto ad adottarlo: e preferisce marcire nel tedio del riformatorio con i disgraziati come lui. II regista gioca con sapienza le sue migliori carte durante la corsa conclusiva: il pubblico, ovviamente, fa il tifo per Colin, chi si prepara a un lieto fine americaneggiante e chi si prepara a un finale amaro con la sconfitta dell'eroe. Scartando tutte le aspettative il corridore di Richardson dà una sua risposta, meditata quanto inattesa, e si propone un traguardo molto piú difficile di quello indicato dal direttore. Il contrasto è perfettamente a fuoco, le tesi rispettive sono esposte senza faziosità, il quadro d'ambiente è vivo e inquietante. Ne guadagnano, in prospettiva, i particolari di un film che a volte appare disperso, aneddotico e perfino un po' miserabilistico nello stile Oliver Twist. C'è anche un ricordo di Zero in condotta di Jean Vigo nella descrizione del riformatorio, ma non poche notazioni sono originali e alcune scene appaiono ricche di suggestione; ricorderemo quella dello spettacolino di varietà, che stringe il cuore per il suo tono squallido: i ragazzi cantano Jerusalem mentre alle immagini del coro si alternano sullo schermo quelle della brutale cattura di un evaso. E c'è almeno un'altra scena da antologia quando Colin e il suo amico, stanchi di ascoltare una conversazione alla TV, spengono l'audio e si divertono alle smorfie dell'anziano e retorico conferenziere. (1966)
Autore critica:T. Kezich
Fonte critica:Il Filmsessanta, Il Formichiere
Data critica:

1979

Critica 3:Nell'adattare il suo romanzo del 1959, Alan Sillitoe ha sottolineato ancora più enfaticamente la lotta del suo eroe contro l'autorità. Il riformatorio nel quale si ritrova finisce per rappresentare per Colin Smith la società ostile in genere. Mentre corre riesce a sostituire nella sua mente quel simbolo di autoritarismo con le diverse figure autoritarie incontrate nella sua vita; durante le lunghe, solitarie corse di allenamento, per esempio, Colin ricorda il proprio disgusto davanti agli sperperi di sua madre con il denaro dell'assicurazione sulla vita del padre, e l'impulsività che lo ha indotto alla rapina. Eppure, The Loneliness of the Long-Distance Runner ha un'aura piuttosto romantica se paragonato al realismo (o a quello che è passato per realismo) di Room at the Top e Saturday Night and Sunday Morning. Infatti, Richardson ha definito il proprio film «un'affermazione poetica del diritto dell'individuo di sconfiggere la società». E la regìa di Richardson offre una prova di questa forma poetica di realismo quando mescola le riprese in stile documentario, come la sequenza del combattimento, con la bellezza fredda delle scene in cui Colin corre.
Autore critica:
Fonte critica:IX Festival Internazionale Cinema Giovani
Data critica:

1991

Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

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