In mezzo scorre il fiume - A River Runs Through It
Regia: | Robert Redford |
Vietato: | No |
Video: | Pentavideo, Medusa Video |
DVD: | Cecchi Gori |
Genere: | Drammatico |
Tipologia: | Letteratura americana - 900 |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Tratto dal racconto di Norman Maclean |
Sceneggiatura: | Richard Friedenberg |
Fotografia: | Philippe Rousselot |
Musiche: | Mark Isham |
Montaggio: | Lynzee Klingman, Robert Estrin |
Scenografia: | Jon Hutman |
Costumi: | Bernie Pollack, Kathy O'Rear |
Effetti: | Richard Stutsman |
Interpreti: | Craig Sheffer (Norman Maclean), Brad Pitt (Paul Maclean), Tom Skerritt (Reverendo Maclean), Brenda Blethyn (Signora MacLean), Emily Ann Lloyd (Jessie Burns), Susan Traylor (Rawhide), Buck Simmonds (Humph), Stephen Shellen (Neal Burns), Edie Mcclurg (Signora Burns), Vann Gravage (Paul Da Giovane), Michael Cudlitz (Chub) |
Produzione: | Robert Redford, Patrick Markey |
Distribuzione: | Penta |
Origine: | USA |
Anno: | 1992 |
Durata:
| 118'
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Trama:
| Basato sul racconto "A River Runs Through It", scritto da Norman MacLean attingendo principalmente alla sua esperienza autobiografica, il film racconta la storia di due fratelli, del loro padre - un ministro di culto - e del fiume che in qualche modo forgia le loro vite. Nel film, ambientato nello stato americano del Montana tra il 1910 e il 1935, la pesca con la mosca diventa al tempo stesso una metafora e un luogo di incontro, giacché riunisce in sé la scienza, lo sport, la religione, l'arte, nonché, a tratti, una comune ricerca della misteriosa grazia.
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Critica 1: | Il sentimento religioso, sociale, presbiteriano e peschereccio del film si perde nel didascalismo della rappresentazione, nella dilatazione del racconto e nella vocazione moraleggiante dell'assunto. Il deviante viene punito, anche se Redford lo premia inquadrandolo sullo sfondo di incredibili tramonti purpurei mentre a Norman (Mclean) riserva i colori noiosi della cupezza. E in mezzo al film scorre un fiume di musica più violento del rapinoso Big Blackfoot dove i protagonisti di questa "americana" fanno i loro riti iniziatici di virilità tra magici voli di lenze. |
Autore critica: | Irene Bignardi |
Fonte critica | La Repubblica |
Data critica:
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Critica 2: | Robert Redford regista, sostenuto dalla bravura un poco oleografica ma splendente di Philippe Rousselot, il direttore della fotografia premiato con l’Oscar per questo film, s’abbandona alla bellezza perfetta, solenne e rischiosa della Natura: il Montana negli anni dal 1910 al 1935 è ritratto come un Eden di montagne, verde vegetazione e cascate impetuose con il suo grande fiume, il Blackfoot River, calmo e ricco di pesci, soprattutto trote. Robert Redford regista si ringiovanisce e si raddoppia a 56 anni scegliendo come protagonista cattivo Brad Pitt, un attore biondo che gli assomiglia, che ha il suo sorriso, la sua vitalità e seduzione di quando era giovane. Robert Redford regista s’innamora d’un breve romanzo, poco più di cento pagine (editore Adelphi), pubblicato in America nel 1976 con buon successo (oltre mezzo milione di copie vendute), scritto in vecchiaia da Norman Maclean, professore d’inglese all’Università di Chicago poi morto nel 1990 a 87 anni, per colmare il vuoto del pensionamento con le memorie nostalgiche della giovinezza: e ne trae un film fedele, idilliaco e un poco sentenzioso, un’elegia della Natura e del passato. Robert Redford regista, ambientalista ma non animalista, mutua dallo scrittore la passione per la pesca con la lenza e con l’esca artificiale detta mosca, vista non come uno sport americano classico ma come un esercizio ideologico, una scuola di morale, di carattere, di disciplina e d’armonia: “Nella nostra famiglia non c’è mai stata una distinzione netta tra la religione e la pesca con la mosca”. In questo scenario, la storia (spesso raccontata dalla voce fuori campo del protagonista scrittore e accompagnata da veri o finti documenti fotografici d’epoca in color seppia) mette a confronto i due figli d’un rigido esigente pastore protestante: uno portatore d’ordine, l’altro di disordine; uno assennato, studioso, timido e destinato a diventare insegnante, l’altro sregolato, brillante, seducente, popolare, giornalista autodistruttivo destinato a una precoce morte violenta. Il ragazzo che narra e ricorda è quello serio, sa di essere il migliore; ma sa pure (e lo avverte con dolore) che il fratello possiede la grazia speciale della bellezza, del fascino, dell’arte. Per chi ama i grandi paesaggi e la pesca, un film irresistibile. (…) |
Autore critica: | Lietta Tornabuoni |
Fonte critica: | La Stampa |
Data critica:
| 4/1993
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Critica 3: | |
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Data critica:
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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