Smoke -
Regia: | Wayne Wang |
Vietato: | No |
Video: | Cecchi Gori Home Video, L'Unita' Video |
DVD: | La Repubblica |
Genere: | Commedia |
Tipologia: | Giovani in famiglia, Le diversità |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Tratto da un racconto di Paul Auster |
Sceneggiatura: | Paul Auster |
Fotografia: | Adam Holender |
Musiche: | Rachel Portman |
Montaggio: | Maysie Hoy, Christopher Tellefsen |
Scenografia: | Kalina Ivanov |
Costumi: | Claudia Brown, Chuck Keehne |
Effetti: | |
Interpreti: | William Hurt (Paul Benjamin), Harvey Keitel (Auggie Wren), Harold Perrineau Jr. (Rashid), Forest Whitaker (Cyrus Cole), Victor Argo (Vinnie), Stockard Canning (Ruby Mc Nutt), Giancarlo Esposito (Tommy), Erica Gimpel (Doreen Cole), Ashley Judd (Felicity), Jose' Zuniga (Jerry) |
Produzione: | Eurospace – Internal - Miramax Films - Neue Deutsche Film Gmbh - Smoke Productions |
Distribuzione: | Cineteca Lucana |
Origine: | Germania - Usa |
Anno: | 1995 |
Durata:
| 112’
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Trama:
| A Brooklyn nel 1990, nel piccolo drug-store di Auggie Wren c'è ancora tempo per fare quattro chiacchiere: cliente fisso è lo scrittore Paul Benjamin, colpito da un blocco creativo dopo la morte della moglie, uccisa durante una rapina mentre aspettava un figlio. Un ragazzo di colore, Rashid, lo salva mentre sta per essere investito da un autobus, e Paul lo ospita per un po', ma poi, incapace di concentrarsi sul nuovo libro, lo manda via. La zia del ragazzo viene a cercarlo e gli svela che questi si chiama in realtà Thomas Jefferson Cole, è orfano di madre e non vede il padre da dodici anni. Mentre Thomas va in cerca del padre, che fa il meccanico, e riesce a farsi assumere da lui in incognito, Auggie ha il suo da fare con la sua ex fidanzata Ruby McNutt, che gli rivela che ha una figlia diciottenne drogata e incinta, Felicity. Frattanto Thomas litiga col padre e Paul gli trova lavoro da Auggie, ma lui gli danneggia una partita di sigari cubani di contrabbando. Avendo un "malloppo" di oltre 5.000 dollari, persi da un delinquente dopo una rapina, Thomas risarcisce Auggie, che lo perdona. Intanto Auggie dà il denaro a Ruby, disperata perché la figlia ha abortito ed è in grosse difficoltà. Poi Paul e Auggie convincono Thomas ad incontrare il padre e a dirgli la verità. Infine Paul ha l'incarico di scrivere una storia di Natale, e Auggie gli racconta come ha avuto la macchina fotografica con cui, sempre con la stessa inquadratura, ha scattato 4.000 istantanee della strada dinanzi al negozio: nel periodo natalizio il portafoglio caduto ad un nero che gli aveva rubato una rivista lo conduce alla nonna di costui, cieca, che lo scambia per il nipote e Auggie passa il Natale con lei, le compra il pollo, e vedendo diverse macchine fotografiche, probabilmente rubate, ne ha presa una.
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Critica 1: | Trascinato dallo sviluppo verticale della città, ogni sguardo cinematografico su New York è irresistibilmente attratto verso l'alto. In ogni film che abbia come ambiente la metropoli americana (a parte quelli di Woody Allen) tale traiettoria si pone quasi sempre come proiezione simbolica delle ambizioni e delle speranze umane, avviate sulla strada del successo e del sogno americano. Ciò che colpisce subito in Smoke è invece l'orizzontalità dello sguardo, il suo fissarsi nei volti, nei gesti, nelle parole dei suoi personaggi immobilizzati dal destino, senza mai porsi ad un livello inferiore o superiore rispetto ad essi. La cinepresa di Wayne Wang, fin da quando ricercava il tassista Chan nel suoi primo film di tanti anni fa (Chan is missing, 1982), si pone ad altezza d'uomo e si perde nelle coscienze, facendo la spola fra due livelli intermedi, quello della mente e quello del cuore. Perché - bisogna dirlo subito - Smoke ha due anime, frutto di due padri diversi, e funziona perfettamente come una madre in affitto, portando alla luce la gestazione di un racconto breve di Paul Auster (una pubblicazione natalizia del New York Times), sensibile descrittore delle profondità "affabulatorie" della parola. Se lo scrittore è affascinato dal valore metafisico del linguaggio nella dimensione quotidiana ("Molte delle cose che sono dette in Smoke sono delle illusioni: illusioni che possono ingannare lo sguardo e la comprensione. Il film si interessa al modo in cui le persone discorrono e si ascoltano (o non si ascoltano)"), il regista cino-americano veicola tutti quei discorsi nella sua particolare ossessione, quella di esplorare un territorio esplorando i suoi personaggi. Ecco dunque che le due componenti del film si fondono magnificamente in un incrocio di corpi e di spazi, cui si sovrappone l'altro straordinario universo dei loro pensieri che si fanno parola. E facendosi parola cambiano valenza, diventando immaginazione, menzogna, sortilegio. Il risultato è una magica bolla di vetro piena di tante "Rosebud" perdute: dolore, coraggio, generosità, tenerezza, paura. Insomma il campionario solito e solitario dei piccoli-grandi esseri umani alla ricerca di se stessi. E su di loro nevica, piano, la luce della grazia e della consolazione. |
Autore critica: | Luciano Barisone |
Fonte critica | Duel |
Data critica:
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Critica 2: | C'è una specie di "elogio del risparmio" all'origine di questo film, un'idea riduttiva - seppur simpatica - di "passività" cinematografica a fare da spina dorsale a Smoke, perfettamente esemplificata dalla mania del tabaccaio Auggie che ogni mattina alle otto in punto fotografa lo stesso angolo di Brooklyn. E un po' allo stesso modo il regista cino-americano Wayne Wang e lo scrittore Paul Aster (autore del racconto all'origine del film e coautore della sceneggiatura) scelgono un anonimo angolo di New York uguale a mille altri (la tabaccheria di Auggie Wren) per aprire i loro occhi - e quelli della macchina da presa - e "aspettare" di vedere quello che succede, quello che "entra" nel campo visivo e nella porta del negozio. minimalismo quotidiano: facce simpatiche o strane, storie insignificanti o piccoli drammi quotidiani, una lacrima, una risata, un atto di generosità, uno scatto di rabbia. Niente di meno ma anche niente di più. Cinema sulla difensive, che si affida alla forza delle parole (la storia di Natale che chiude il film) più che su quella dello sguardo, che non ci prende per mano per farci entrare in un universo che altrimenti non avremmo mai conosciuto (che poi è quello che vorremmo chiedere sempre al cinema), ma ci porta a fare una passeggiata in un angolo poco battuto. A sorridere insieme sulle piccolezze della vita. Minimalista. |
Autore critica: | Paolo Mereghetti |
Fonte critica: | Sette |
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Critica 3: | |
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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