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Carmen -

Regia:Francesco Rosi
Vietato:No
Video:Biblioteca Rosta Nuova, visionabile solo in sede - Columbia Tristar Home Video
DVD:
Genere:Drammatico
Tipologia:Spazio critico
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Ludovic Halevy, Henri Meilhac, Prosper Merimee - Tratto dalla “Carmen” di Georges Bizet
Sceneggiatura:Tonino Guerra, Francesco Rosi
Fotografia:Pasqualino De Santis
Musiche:Georges Bizet
Montaggio:Ruggero Mastroianni, Colette Semprun
Scenografia:Enrico Job
Costumi:Enrico Job
Effetti:
Interpreti:Julia Migenes-Johnson (Carmen), Placido Domingo (Don Jose'), Ruggero Raimondi (Escamillo), Faith Esham (Micaela), François Le Roux (Morales), John Paul Bogart (Zunica), Maria Campano (Manuelita), Gerard Carino (Remendato), Susan Daniel (Mercedes)
Produzione:Opera Film Produzione - Gaumont International - Production Marcel Dassault
Distribuzione:Cineteca dell’Aquila
Origine:Francia - Italia
Anno:1984
Durata:

152'

Trama:

Sulla allegra piazza di un paese spagnolo sciamano le operaie della manifattura dei tabacchi: è l'ora del cambio della guardia del distaccamento di dragoni della vicina caserma. Irrompe in scena Carmen, sensuale e scatenata gitana, che canta e danza da par suo. Il brigadiere don Josè ne è affascinato né basta a distoglierne gli sguardi la graziosa e giovane Micaèla, che da lontano viene a portargli i saluti ed il bacio della madre, la quale desidera che egli la prenda in sposa. Un improvviso e sanguinoso diverbio fra una sigaraia e Carmen movimenta la scena: per ordine del suo capitano, don Josè porta Carmen in prigione. Ma l'opera di seduzione continua e i due fuggono insieme sulle montagne, dove don Josè, tra contrabbandieri e gitane, diventa un fuorilegge. Micaèla, avventuratasi sui monti per liberarlo dall'incantesimo che pare averlo stregato e strapparlo a Carmen, deve dichiararsi sconfitta e partire sconsolata. Compare poi all'orizzonte Escamillo, un celebre torero, del quale Carmen fa presto ad incapricciarsi. Spirito libero quale essa è, insofferente di ogni tentennamento altrui, essa arriva ad irridere don Josè che, pur languendo per lei, non vuole disertare e sempre più si chiude in una cupa gelosia. In un duello notturno con il torero, questi lo risparmia: Carmen ormai disprezza il brigadiere e volubilmente punta le sue carte su Escamillo. Nell'arena di Siviglia si svolge una delle consuete tauromachie. Carmen è stata invitata da Escamillo ed arriva con due gitane sue amiche, per ammirare il torero nella sua lotta contro il toro. Don Josè, arrivato anche lui sul posto, chiama fuori del recinto Carmen, per offrirle ancora una volta il proprio amore. Ma ogni suo sforzo è vano. Mentre Escamillo uccide il toro in un tripudio di evviva, don Josè, accecato dalla passione e dalla sua gelosia, pugnala Carmen e si consegna alla giustizia.

Critica 1:Trasposizione dell'opera (1875) di Georges Bizet in ambienti realistici per la quale, oltre a P. Domingo e R. Raimondi, Rosi ha scelto un soprano newyorchese di origine portoricana anche fisicamente assai adatta alla parte e a quella macchina acchiappasbagli che è la cinepresa. Si può discutere all'infinito sulla scelta realistica, ma almeno a livello figurativo (fotografia di P. De Santis, scene e costumi di E. Job) il risultato è sontuoso.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:(…) Eccoci dunque alla Carmen italofrancese. Una versione integrale e nell'originale libretto in francese, che intende essere del tutto fedele all'opera e che allo stesso tempo punta - secondo numerose dichiarazioni dell'autore - al «realismo». Il regista di Salvatore Giuliano, di Le mani sulla città, di Il caso Mattei, di Cristo si è fermato a Eboli, di Tre fratelli, ammette che non è l'opera lirica la forma che lo stimola particolarmente per un film, «ma Carmen è un'opera particolare, è un'opera realistica, forse la sola che lo sia veramente. Così, quando mi è stato proposto di portare sullo schermo il capolavoro di Bizet sono stato tentato e finalmente, come per accettare una scommessa, ho detto di sì, ma a condizione di poter realizzare il film come ho fatto con i miei film precedenti: su sfondi reali, in uno stretto rapporto con la realtà sociale e culturale che ha condizionato e fatto nascere la storia». I legami della Carmen con la realtà spagnola dell'epoca, dice ancora Rosi, sono più profondi di quanto non appaia a prima vista, ed è per metterli in evidenza che il regista gira in
interni e in esterni veri, pretende autenticità nei costumi, nei luoghi, nelle suppellettili (e non generico colore locale); del resto, come dimostra Il momento della verità girato nel 1965 e imperniato sulla nascita, i trionfi e le miserie di un torero, Rosi da tempo è interessato alla Spagna. Ma allo stesso tempo la sua pellicola si situa al confine tra il realismo e la convenzione, nel senso che segue scrupolosamente la struttura in atti e in quadri dell'opera (con tanto di «fondu» o di immagini congelate alla conclusione dei singoli atti, per conservare la scansione originale della vicenda), e non nasconde un'enfasi e un clima accesamente lirico che sono propri del melodramma. Tra l'altro fa ricorso ad Antonio Gades per una coreografia intesa non come produttrice di intermezzi ballettistici, ma come controllo dei movimenti delle masse e del linguaggio gestuale. Con qualche momento decisamente «coreografico» nel senso tradizionale del termine, come nel coretto delle sigaraie («Bel seguir è nell'aere/lieve fumo...») in cui nessuno fuma, ma il fumo è mimato dai movimenti sinuosi, serpentini, delle mani sopra le teste. Che è l'invenzione a parere di chi scrive, più bella dell'intero film.
Come nel Don Giovanni loseyano, tutti gli interpreti sono cantanti ed attori ad un tempo; con il rinforzo muto, o solo parlato dato che Rosi segue le tracce delle prime edizioni dell'opera e mantiene, accanto alle parti musicali, i dialoghi in prosa, di attori veri e propri, come Julien Guiomar nel ruolo di Lillas Pastia. Nel ruolo della protagonista agisce una giovane cantante che non aveva mai fatto del cinema, Julia Migenes-Johnson. Nata a New York da genitori portoricani e greci, in teatro fin da bambina, attiva sia per l'opera che per il «musical», dimostra nella Carmen di avere indubbiamente il fisico-del-ruolo, anche se per la voce si possono fare delle riserve (appare meno «drammatica», meno «fatale», di quanto ci si aspetterebbe dalla sua grinta).
Accanto a lei Placido Domingo (don José), Ruggero Raimondi (Escamillo: perfetto equilibrio, ancora una volta dopo il suo Don Giovanni, tra voce e presenza scenica), l'americana Faith Esham (Micaela). L'orchestra è quella nazionale francese diretta da Lorin Maazel, il coro di Radio France. Interessante rilevare che, su richiesta del regista, i cantanti hanno inciso i loro ruoli separatamente su nastri differenti, isolati in cabine di registrazione, in modo da permettere, in sede di missaggio, la sottolineatura di certe voci o di certi momenti musicali rispetto ad altri; e al direttore d'orchestra sono stati illustrati preventivamente i criteri di regia, in modo da dargli la possibilità di adeguare i suoi «tempi» a determinate azioni.
Ma qual è (anzi com'è) il risultato finale? La Carmen di Rosi ha entusiasmato i francesi; meno gli italiani. In effetti è un'operazione di cui son chiari i meriti (sontuosamente visivi, da una parte: la Spagna assolata, le vie popolose, le operaie sfrontatamente femmine nelle loro sottane bianche, la vasta chiarità della «plaza de toros», eccetera: ottime le fatiche del capo operatore Pasqualino De Santis e dello scenografo-costumista Enrico Job; e dall'altra parte acusticamente cospicui, con il Dolby che potenzia orchestra e voci) ma meno chiare appaiono le giustificazioni ultime.
Ci si chiede insomma, in definitiva, il movente di questa Carmen. Cosa dimostra, cosa intende dire, cosa aggiunge a quello che già sappiamo dell'opera come la vediamo a teatro? Certo, qui c'è in più il «gran spettacolo»: è una Carmen che diventa davvero un'opera «en plein air». Ma lascia perplessi l'ambiguità del supposto «realismo» rispetto a quelle convenzioni che, conservando l'assetto operistico, si devono per forza di cose osservare. Ambiguità che provoca certe volte qualche sconcerto: come all'inizio del quart'atto, quando Escamillo si comporta in arena come un torero «vero», compiendo i gesti concreti dell'entrata con la sua quadriglia, la dedica del toro, i preparativi alla barriera, e poi improvvisamente, inaspettatamente, esce da questa dimensione (fatta, nel sonoro, di fanfare, di grida, di brusii, di rumori «reali») mettendosi a cantare. Lo stesso Rosi sembra dibattersi nella contraddizione. «Non ho mai dimenticato che stavo facendo un film tratto da un'opera - ha dichiarato - ma ho anche cercato di restituire la dinamica di un film che si svolge in strade vere, con situazioni che appartengono alla verità della vita di un paese». Cosa vuoi dire esattamente? È questa la strada giusta per portare un'opera sullo schermo? Rosi ha voluto mettere in luce quegli elementi che, sfiorati o trasfigurati dal metabolismo della musica, interessano la sua natura di cineasta. La libertà di comportamento di una protagonista che afferma con fierezza la sua condizione femminile (personaggio moderno «che va al di là di tutte le battaglie femministe poiché può essere considerato femminista ante-litteram»), per esempio. La «diversità» e l'emarginazione di Carmen in quanto gitana, e quindi appartenente ad una minoranza perseguitata («Carmen ha tutte le caratteristiche dell'emarginata che difende la propria dignità e la propria libertà»). Il contrasto fra la popolana, conscia delle proprie azioni, e don José, visto come un piccolo borghese, terrorizzato da tutto ciò che è più grande di lui, compreso l'amore.
Autore critica:Ermanno Comuzio
Fonte critica:Cineforum n. 238
Data critica:

10/1984

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
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