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Mystic River - Mystic River

Regia:Clint Eastwood
Vietato:No
Video:Warner Home Video
DVD:Warner Home Video
Genere:Drammatico
Tipologia:Spazio critico
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Tratto dal romanzo omonimo di Dennis Lehane
Sceneggiatura:Brian Helgeland
Fotografia:Tom Stern
Musiche:Clint Eastwood
Montaggio:Joel Cox
Scenografia:Henry Bumstead
Costumi:Deborah Hopper
Effetti:H. Barclay Aaris, Pacific Title, Steve Riley
Interpreti:Sean Penn (Jimmy Markum), Tim Robbins (Dave Boyle), Kevin Bacon (Sean Devine), Laurence Fishburne (Whitey Powers), Marcia Gay Harden (Celeste Boyle), Laura Linney (Annabeth Markum), Kevin Chapman (Val Savage), Thomas Guiry (Brendan Harris), Emmy Rossum (Katie), Spencer Treat Clark (Ray Harris), Adam Nelson (Nick Savage), Robert Wahlberg (Kevin Savage), Jenny O'Hara (Esther Harris), Cameron Bowen (Dave bambino), Cayden Boyd (Michael Boyle)
Produzione:Malpaso Productions - Village Roadshow Pictures - Warner Bros. - Npv Entertainment
Distribuzione:Warner Bros. Italia
Origine:Usa
Anno:2003
Durata:

135'

Trama:

Tre amici d'infanzia si ritrovano insieme dopo 25 anni, in occasione di un drammatico evento, la morte della figlia adolescente di uno di loro. Il dolore ed il comune senso di solidarietà li spinge a mettersi, insieme, sulle tracce dell'assassino.

Critica 1:Una tragedia americana che da due crimini, dal Male metafisico e da un'atmosfera di pericolo incombente si estende allo stato dell'Unione, conferma la bravura e l'intensità di Clint Eastwood a settantatré anni, lo fa approdare alla grandezza. Mystic River (il titolo deriva dal grande fiume, tomba liquida di rifiuti e di cadaveri, che attraversa la città di Boston, ma forse anche dal fiume implacabile e sporco dell'esistenza), tratto dal romanzo di Dennis Lehane, è la parabola buia d'un trauma incancellabile, d'un passato indimenticabile: un bellissimo film. All'inizio, due tifosi dello sport superamericano, il baseball, siedono sotto il portico bevendo birra, discutendo della squadra locale, i Red Sox, e della stagione 1975, mentre per strada tre ragazzini si misurano al gioco superamericano, l'hockey. Un'automobile nera si ferma di colpo, un uomo dai modi imperiosi di poliziotto scende, rimprovera, porta via uno dei bambini. Lo tengono prigioniero in una cantina, lo violentano per giorni in quattro. Finché il bambino riesce a fuggire: ma non a dimenticare, per il resto della vita. L'avvenimento è troppo grave per non interrompere l'amicizia fra i ragazzi. I tre si ritrovano oltre un quarto di secolo dopo. Sean Penn, ex delinquente ora negoziante, è il padre di una ragazza diciannovenne che è stata brutalmente ammazzata; Kevin Bacon, poliziotto della Omicidi, indaga sul delitto; Tim Robbins, dalla personalità ferita per sempre, è sospettato di essere l'assassino. Verso la fine, il corteo della celebrazione superamericana del Columbus Day conclude una storia di violenze, d'oscurità e di rimorsi che è pure in parte quella d'America. Realismo e forza simbolica procedono insieme con dolore e solennità. La luce del film, nebbiosa all'inizio, poi è sempre quella del crepuscolo, della fine del giorno, dell'ombra in una vita che non concede seconde possibilità. Tim Robbins vulnerato è forse l'interprete migliore; ma tutti sono bravi, e persino la sofferenza di Sean Penn è recitata con un furore privo di ogni esteriorità.
Autore critica:Alessandra Levantesi
Fonte criticaLa Stampa
Data critica:

22/10/2003

Critica 2:Il Mistic River taglia Boston, oltre il fiume, un quartiere popolare, su una strada, tre ragazzini giocano a Hockey e a incidere il loro nome sul cemento fresco del marciapiede: Jimmy, Sean, Da... L'ultimo nome, Dave, è interrotto da un rapimento mascherato da intervento della polizia. Due uomini, all'apparenza un poliziotto e un prete, caricano Dave su un'auto e con lui scompaiono per giorni, finché Dave, sconvolto, violentato, marchiato nell'anima, non riesce a fuggire e, attraverso il bosco, ritorna a casa. Venticinque anni dopo, sulla stessa strada, Dave gioca a baseball con il suo bambino, mentre Jimmy ha aperto un drugstore poco più in là e Sean, invece, ha attraversato il fiume ed è diventato un pezzo grosso della polizia cittadina. Non torna volentieri in quel quartiere, Sean (anche se la sua vita di qua non é un granché); non guarda neppure volentieri oltre il fiume, finché un nuovo omicidio non lo costringe a immergersi nel suo buco nero. Mystic River non é un film sui pedofili, anche se si apre con un atto di premeditata pedofilia. Non é neppure un thriller, anche se per un'ora buona, quella centrale, si sviluppa apparentemente secondo i canoni dell'indagine: omicidio-ricerca del colpevole-false tracce-identificazione del colpevole. Mystic River, che Clint Eatswood, sulla sceneggiatura di Brian Helgeland, ha tratto da La morte non dimentica di Dennis Lehane, é (per parafrasare la cupa fiaba che Tim Robbins-Dave racconta a suo figlio prima del sonno) la storia di tre bambini che non sono sfuggiti ai lupi, che talvolta si sono trasformati essi stessi in lupi. Diretto con una pacatezza classica che ha ormai pochi eguali (campi, controcampi, piccoli zoom sui primi piani, e montaggio alternato nelle sequenze più tese, i particolare quella lunga, notturna di prefinale, che segue Jimmy e Dave da una parte e, dall'altra, l'indagine di Sean), parco nelle parole e quasi ostile ai possibili virtuosismi, guida il nostro istinto con le scelte impercettibili della macchina da presa: minacciosamente bassa, infida, nella sequenza iniziale, e poi ancora quando ci avviciniamo ai successivi svelamenti; e a tratti alta e implacabile, che piomba giù verso il quartiere, attraverso il fiume, a rivelarne le terribili verità. Un cadavere straziato in un parco e un fiume che accoglie compiacente cadaveri, padri violenti svaniti nel nulla e pistole abbandonate in casa, mogli che macerano nella loro debolezza e altre che si ergono come Lady Macbeth a cancellare il sangue e a perpetuarlo. Su tutti, i tre ragazzi perduti, che quasi non si parlano più: «Hai visto Dave? » «L'ultima volta che ho visto Dave è stato venticinque anni fa, lungo questa strada, nel retro di quell'auto» «Ci siamo saliti tutti e tre su quell'auto». L'infanzia finita con una pallina da hockey affondata in un tombino; finiva bruscamente e prima del tempo, e oggi l'innocenza perduta torna a oscurare i sogni e la vita, e si allarga come una cappa, come il respiro di un dio vendicatore, su una strada, una città, un paese, sui nostri figli. «Cosa vado a dirgli?», sbraita Sean davanti al corpo di Katie. «Ehi Jimmy, Dio ha detto che avevi un debito con lui. E' venuto a riscuoterlo!». Chiuso da una parata del 4 luglio ancora più spettrale di quella di Cape Fear di Scorsese, Mystic River è un grande film sull'America, sui suoi dubbi, sulla notte che l'avvinghia, sulla violenza che l'intesse impercettibile, sui debiti non pagati e sui crediti che non valgono nulla. Un film che si rispecchia nel fosco crepuscolo degli Spietati e che si origina in quel padre assente di Un mondo perfetto: dosando una luce livida e una notte cattiva e insonne, tra fragili re e regine sanguinarie, Eastwod ci racconta come abbiamo ucciso l'innocenza e il sonno e siamo precipitati nell'incubo.
Autore critica:Emanuela Martini
Fonte critica:Film TV
Data critica:

28/10/2003

Critica 3:Iniziato nel grigio e nel silenzio d'un quartiere irlandese di Boston, Mystic River (Usa, 2003, 137') si conclude nello stesso quartiere, vicino al ponte sul Mystic, ora però nel fragore del 4 luglio e sotto un sole triste. Sono passati più di vent'anni, e tutto si ripete. Ancora è Dave (Tim Robbins) a pagare il prezzo di questa «tragedia americana», di questa «storia di innocenza perduta», come Clint Eastwood ha definito il proprio film. Più di vent'anni prima, dunque, Dave sale su un'auto scura. É meno sicuro di Jimmy (Sean Penn) e di Sean (Kevin Bacon). É meno spavaldo, meno forte e pronto. Dei tre è il più esposto alla vita. E di nuovo su un auto scura, indifeso, Dave sale verso la fine del film, in compagnia di Jimmy, l'amico di un tempo. Tra i due crimini - quello dei due stupratori e quello di Jimmy - corre la vicenda corale splendidamente girata da Eastwood e sceneggiata da Brian Helgeland sulla base di un racconto di Dennis Lehane. In mezzo, pesanti come una condanna d'ognuno e di tutti, ci sono la violenza e la chiusura d'una comunita intera: degli uomini che dominano in una cultura di prepotenza familistica, e delle donne che ne condividono e ne confermano le miserie. Con uno stile narrativo potente e classico, e con un montaggio che niente lascia di superfluo, Eastwood ci guida in un mondo permeato dalla "moralità" della forza e della vendetta. Non c'è dimensione pubblica, in Mystic River. Il gruppo vive nella difesa di ambiti privati che si intrecciano, si alleano, si scontrano. La memoria di Jimmy e la sua storia personale sono segnate da amicizie e tradimenti, intessute di valori che mai vanno oltre i confini dello spazio domestico e che sempre si sporcano di sangue. E nel sangue finisce la vita di Katie (Emmy Rossum). Verremo poi a sapere come è stata uccisa, e per quale motivo. Ma nella miseria e nella violenza raccontate da Mystic River quello che più conta è la reazione- di Jimmy. Nella morte della figlia si esaurisce per lui il mondo, ed è come se si trovasse solo sotto un cielo vuoto (splendida e tragica è l'inquadratura nella quale culmina la sua scoperta del cadavere di Katie: confuso in un corpo a corpo disperato con i poliziotti, odiati quasi quanto l'assassino ancora ignoto, Sean alza gli occhi a sfidare il cielo, in una solitudine ribelle e blasfema, mentre la macchina da presa lo osserva dall'alto). A uccidere Katie è stata la violenza che pervade e domina il quartiere, e di cui proprio Jimmy è tanto figlio quanto padre. Jimmy, infatti, è certo d'aver contribuito alla sua morte, anche se - aggiunge - «non so come». Da qui, da questo sospetto doloroso e dalla domanda che vi sta implicita, potrebbe nascere una messa in questione radicale di abitudini, valori, miserie morali. Lo potrebbe, se di nuovo la violenza, il familismo e la vendetta non mettessero a tacere quella domanda, immiserendo anche il dolore. E qui in questa lotta interiore Tim Robbins, alle prese con un conflitto interiore anche più lacerante. Che cosa terrorizza Dave? Che cosa lo spinge a incolparsi della morte di Katie, e quasi a credere alla sua stessa menzogna, se non il timore d'essere stato contagiato dallo stesso male che gli è stato fatto, e d'aver perduto non solo la propria giovinezza, ma anche la propria innocenza? I vampiri e i lupi da cui si sente minacciato, e che si sente vivere dentro, in realtà gli stanno intorno. Hanno nomi e volti familiari: quelli del suo amico Jimmy, dei fratelli Val e Nick Savage (Kevin Chapman e Adam Nelson) e dei tanti altri per i quali la sua debolezza indifesa è una colpa e un marchio. E' segnato, il destino di Dave. E segnato come sempre lo è quello delle vittime sacrificali, che devono morire perché con loro muoia il "rischio" più grande per i persecutori: quello di mettere in questione se stessi e la propria certezza d'essere innocenti. È segnato ora, come lo fu più di vent'anni fa. Non a caso, dopo che ha ucciso, Eastwood mostra il tatuaggio che copre tutta la schiena di Jimmy: una croce che somiglia a una spada, la stessa che stava sull'anello di uno degli stupratori. Il cerchio s'è chiuso là dove s'era aperto. E così siamo alla fine di Mystic River. A parte Dave e Katie, tutti sono in strada, per la prima volta davvero in pubblico, per la parata e per la festa nazionale. Ci sono i fratelli Savage. C'è Jimmy, con la moglie Annabeth (Laura Linney) che lo ha esortato a esser fiero del sangue versato, come una Lady Macbeth. C'è Sean, che conosce la verità e che starà in silenzio. E c'è tutta la comunità, indifferente alla colpa e certa della propria innocenza, nel fragore e nel sole triste del 4 di luglio.
Autore critica:Roberto Escobar
Fonte critica:Il Sole 24 Ore
Data critica:

23/11/2003

Libro da cui e' stato tratto il film
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