Tir-na-nog -
Regia: | Mike Newell |
Vietato: | No |
Video: | |
DVD: | Eagle Pictures |
Genere: | Drammatico |
Tipologia: | I bambini ci guardano, Infanzia di ogni colore |
Eta' consigliata: | Scuole elementari; Scuole medie inferiori |
Soggetto: | da un racconto di Michael Pearce |
Sceneggiatura: | Jim Sheridan |
Fotografia: | Tom Sigel |
Musiche: | Patrick Doyle |
Montaggio: | Peter Boyle |
Scenografia: | Jamie Leonard |
Costumi: | |
Effetti: | |
Interpreti: | Ellen Barkin (Kathleen), Gabriel Byrne (Papa' Riley), Ruaidhri Conroy (Tito), Ciaran Fitzgerald (Ossie), Brendan Gleeson (Ispettore Bolger), John Kavanagh (Hartnett), David Patrick Kelly (nonno) |
Produzione: | Jonathan Cavendish e Tim Pal |
Distribuzione: | Mikado |
Origine: | Irlanda |
Anno: | 1992 |
Durata:
| 100'
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Trama:
| Spossessati di un cavallo bianco, campione di corsa a ostacoli, avuto in dono dal nonno, due piccoli zingari (R. Conroy, C. Fitzgerald) lo riprendono e fuggono con lui da Dublino, inseguiti dalla polizia, dal padre (G. Byrne) e dalla bella Kathleen (E. Barkin). Tratto da un soggetto di Michael Pearce, sceneggiato da Jim Sheridan e David Keating, è, in bilico tra realtà e leggenda, una favola di viaggio che ha le cadenze forti di un film d'inseguimento: lo splendido bianco Tir-na-nog (terra dell'estrema giovinezza) è un simbolo di libertà nel quadro del nomadismo gitano, un orgoglioso segno di diversità rispetto all'ordine, alle costrizioni, al grigiore rigido della gente stanziale con dimora stabile. Diretti a ovest, i due piccoli fuggitivi diventano metaforicamente pellerossa braccati dai visipallidi.
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Critica 1: | Sono indubbiamente molte le prospettive d'interpretazione che ci propone Tir na nOg, ma, al di là di queste, la sua caratteristica più evidente è l'essere un bel film d'avventura, che ripropone gli stilemi classici dei genere, in una costruzione narrativa stringente, capace di tenerci avvinti fino all'ultima inquadratura. La narrazione infatti è costruita da sequenze brevi e veloci, che tendono a non soffermarsi a lungo sui particolari, a tagliare gli eventi secondari (siamo agli antipodi dei neorealismo) e a proporci invece, in rapida sequenza, i fatti più importanti.
Questa modalità narrativa si sposa bene con una figura tipica dei linguaggio cinematografico, il montaggio alternato, capace di alternare, intrecciandole, immagini che si riferiscono ad una sequenza che ha per protagonisti alcuni personaggi, con altre, riferite ad altri personaggi, i quali agiscono contemporaneamente ma in un luogo diverso. Abbiamo sicuramente visto molti film western che ci mostravano, gli uni subito dopo gli altri, inseguitori e inseguiti, cow boys e indiani, o viceversa; in generale tutti i film d'azione creano con questo mezzo paura o attesa nello spettatore, facendogli temere o sperare la sconfitta o la vittoria dei suoi beniamini. In Tír na nOg la macchina da presa, dopo averci mostrato i due bambini che galoppano liberi per la campagna, verso il loro West, ci propone in successione le immagini dei loro inseguitori, sia che ne cerchino le tracce Papa Riley ed i suoi due amici sia che li inseguano per catturarli i poliziotti ed il disonesto Hartnett. Il montaggio, quindi, intreccia continuamente le varie linee narrative, passando, anche nel giro di pochi secondi, dall'una all'altra.
Se il ritmo è veloce, come si addice ad un buon film d'avventura, anche l'uso dei colore contribuisce a costruire una narrazione dai toni forti e non soltanto, come già si è accennato, per evidenziare il contrasto tra la zona urbana di Dublino e la campagna. Il film è infatti attraversato da un'altra differenza di fondo, tra la realtà che si manifesta semplicemente come tale, e quella che vuole creare attorno a sé un alone magico. Il cavallo emerge, nella prima sequenza, dal blu della notte, che non sembra tanto segnalare un tempo cronologico, quanto suggerire la sua origine misteriosa; vediamo in seguito la sua sagoma illuminata da una luce intensa, dai toni dei giallo, a sottolineare la sua differenza ed estraneità rispetto al mondo grigio della periferia e a confermare nello stesso tempo l'alone magico che lo circonda. Come dimenticare dei resto quella nuvola gialla da cui sbuca insieme ad Ossie, quando Tito teme ormai che il treno se li sia portati via entrambi? Anche uno degli episodi più godibili dei film, quello dei tre fuggitivi al cinema, è introdotto dall'azzurro intenso delle insegne di un vecchio cinematografo, che sembra dirci come quello che vedremo appartenga più alla sfera del sogno che della realtà. Lo stesso azzurro è il colore dei vecchio carrozzone di Riley: dei resto tutto ciò che appartiene al mondo dei nomadi è legato a colori marcati, intensi, quasi che il contrasto tra diversi modi di vivere possa anche manifestarsi a livello di colori, tra una sbiadita vita di gente sedentaria ed un'esistenza più ricca e colorata, illuminata dai bagliori intensi dei fuoco che arde al centro dell'accampamento.
Anche l'accompagnamento musicale ha un ruolo importante nella costruzione dei film: un canto femminile accompagna i movimenti dei cavallo quando si vuole rendere più evidente il suo rapporto con la figura materna; altrove la musica presenta le tipiche sonorità tzigane, legate alla fisarmonica e al violino, ad accompagnare i momenti in cui viene dato il massimo risalto alle tradizioni dei nomadi; altrove ancora sottolinea, enfatizzandoli, con un ritmo più o meno cadenzato, i momenti più drammatici della vicenda.
Tutte queste scelte di regia contribuiscono a creare la caratteristica fisionomia dei film, che ondeggia tra comicità e dramma, tra realtà e sogno, in una sorta di realismo magico che si adatta bene a rappresentare la storia di due bambini all'inseguimento dei loro sogno di libertà. |
Autore critica: | Quaderno di approfondimento Tir-na-nOg, Scuola al Cinema - I Bambini del Terzo Millennio |
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Critica 2: | |
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Critica 3: | |
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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