Irma la dolce - Irma la Douce
Regia: | Billy Wilder |
Vietato: | No |
Video: | Warner |
DVD: | |
Genere: | Commedia |
Tipologia: | Storia del cinema |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | dalla commedia omonima di Alexander Breffort |
Sceneggiatura: | Billy Wilder e I. A. L. Diamond |
Fotografia: | Joseph La Shelle |
Musiche: | Marguerite Monnot, André Prévin |
Montaggio: | Daniel Mandell |
Scenografia: | Maurice BarnaThan, E. G. Boyle |
Costumi: | |
Effetti: | |
Interpreti: | Shirley MacLaine (Irma), Jack Lemmon (Nestor Patou), Lou Jacobi (Moustache), Bruce Yarnell, Cliff Osmond |
Produzione: | B. Wilder - Mirtish Company - E. L. Alperson |
Distribuzione: | Istituto Luce |
Origine: | USA |
Anno: | 1963 |
Durata:
| 142’
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Trama:
| Irma, piccola prostituta di un quartiere parigino, lascia il suo protettore quando incontra Nestore, un ex poliziotto. Questi vorrebbe che la donna frequentasse un solo cliente facoltoso e, resosi irriconoscibile, si presenta a lei col nome di Lord X. Per pagare i debiti della doppia vita deve lavorare duramente e di nascosto. Pero', a un certo punto, si sente diventare geloso nei confronti di Lord X e pensa di sopprimerlo. La polizia trova gli abiti lungo la Senna e condanna Nestore a 15 anni di carcere. Irma, disperata, prepara un piano di evasione e Nestore, per dimostrare la propria innocenza, ricompare nei panni di Lord X. Poi decide di vivere onestamente accanto a Irma, che aspetta un figlio.
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Critica 1: | Giovane prostituta parigina s'innamora di un ex poliziotto geloso che pretende che frequenti soltanto un cliente, un certo Lord X. Che è poi lui travestito. S'ingelosisce anche del suo alter ego e finge di sopprimerlo. Da una commedia francese (1956) di Alexandre Breffort, B. Wilder ha tratto, sullo sfondo di una Parigi ricostruita (dal vecchio Alexandre Tranner) in studio più vera del vero, una paradossale farsa drammatica sul tema dello sdoppiamento e del travestimento. S. MacLaine ottima, J. Lemmon istrione acrobatico. Oscar a André Prévin per le musiche. Tra i film comici di Wilder è il più vicino al dramma. |
Autore critica: | |
Fonte critica | Il Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli |
Data critica:
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Critica 2: | Tratto dalla commedia di Breffort, Irma la Douce, racconta la storia d’un flic, Nestor Patou, che si innamora d’una prostituta di Parigi, Irma, detta la Dolce. Geloso della donna, frustrato dal mestiere che ella continua a esercitare, Nestor cerca di monopolizzare le sue prestazioni attraverso una serie di travestimenti, finché Irma non si innamora davvero di lui. Per Wilder, “straniero a Hollywood”, il ritorno, vero e simulato, a temi europei, riveste un’importanza tutta particolare. Nella stessa profonda provincia USA di Kiss Me, Stupid, l’arrivo di un “diverso”, il cantante d’origine italiana Dino (Dean Martin), attraverso gli stereotipi stessi del suo comportamento (canto, gallismo ecc.), fa deflagrare tensioni, maturare situazioni ecc., proprio come avverrà ai personaggi anglosassoni di Avanti! a contatto con l’ “italianità” (era questo, notiamolo per inciso, il tema del Viaggio in Italia rosselliniano); il ritorno al territorio europeo è un ritorno connotato nostalgicamente, ma la nostalgia (eventualmente retrodatata, come avviene per l’Inghilterra di Sherlock Holmes) si situa sempre a livello di stereotipo. La Parigi di Irma la dolce è una Parigi paradossale, ricostruita in studio – “più vera del vero” – da Alexandre Trauner. Come ben dice Ciment: “…la forza del cliché è tale che è miglior cosa utilizzarla come un boomerang, dimostrandone l’essenziale falsità col moltiplicarne le convenzioni. Perché questa falsità spinta all’estremo ritrova una verità, come la caricatura. La Parigi di Irma la Douce, i tedeschi di One, Two, Three raggiungono al di là delle loro convenzioni una verità di secondo grado…”. Il paradosso aggiuntivo di Irma è che la maniacale precisione con cui Trauner ha ricostruito il quartiere delle Halles, raccogliendo tra l’altro una formidabile documentazione fotografica, ha finito per rimanere l’unica “realtà” superstite d’un quartiere poco dopo completamente demolito dall’avanzare del rinnovamento urbano di Parigi. Anche M. Mardore notava, sul n. 149 dei “Cahiers”, che “l’irreale cauziona il verismo, invece di falsarlo”: le Halles, le camere a ore, i bistrot, le strade, assumono lo statuto inquietante di doppi del reale, investimenti libidici di quell’astuzia/tenerezza di cui parlava Godard, rallegrandosi (nel n. 150-151 sempre dei “Cahiers”) che Wilder avesse deciso, dopo “sette anni di riflessione”, di “non prendere più il tragico sottogamba” ma, al contrario, di “prendere il comico sul serio”.
In questa Parigi autenticamente falsa (se così può dirsi), in questa Parigi paradossale, raddoppiata al di là dell’Atlantico negli studios di Los Angeles, giustamente si svolge, in forma giocosa, un dramma dello sdoppiamento di personalità: il flic Nestor (Jack Lemmon), innamorato di Irma (Shirley MacLaine), si trasforma in Lord X, distinto gentiluomo la cui impotenza stessa, rimarcata dal simbolo di castrazione dell’occhio mancante, provoca l’innamoramento di Irma, e quindi la gelosia di Nestor verso il suo doppio. Il travestimento, atto, a livello di story, analogo al raddoppio a livello di scenografia, connota e marca lo sdoppiamento di personalità, la perdita di centro. Si è notato che il film “sembra lento”, “non fa ridere molto”, ecc.; a noi pare difatti che, tra i film comici di Wilder, questo sia in realtà il più vicino al dramma. Notava giustamente Mardore (art. cit.): “Irma la douce è girato con serietà imperturbabile, e la sua messa in scena attiene al cinema drammatico, ivi compresa la direzione degli attori, malgrado tutte le smorfie”. Wilder arriva dunque, qui, al limite estremo del procedimento di contestazione dall’interno del genere-commedia che abbiamo visto svilupparsi almeno da Sabrina in poi; non si tratta di una contaminazione dei generi, per esempio secondo gli sviluppi del western, in cui la commistione di stilemi, forme e tematiche appartenenti ad universi filmici diversi ha il preciso scopo di rivitalizzarne reciprocamente la forza (e il risultato è un nuovo lustro, un acquisto di spessore e di profondità, un aggregarsi di valenze, sul cui sfondo composito si disegnano ancora più marcatamente, per contrasto, i materiali differenti); si tratta, invece, di un affievolimento interno della gag, di un abbassamento del suo ritmo dinamico, derivante dalla presa alla lettera dei suoi meccanismi, della sua messa in scena “secca”, senza nessuna aggiunta di “aura”. Lo “spensierato” Wilder vive così, dopo averla anticipata, la crisi-trasformazione della Hollywood degli anni sessanta, mettendo a nudo nella sua perfezione scheletrica di meccanismo il gesto che le connotazioni supplementari, nella commedia classica, si incaricavano di ispessire e, quindi, di velare. La messa in scena di Irma la dolce sembra sempre più l’esibizione della messa in scena, non attraverso il barocco e l’accumulazione o, al contrario, l’estraneazione didattica, ma invece attraverso la scarnificazione successiva del gag, fino alla sua pura meccanica gestuale e ritmica. |
Autore critica: | Alessandro Cappabianca |
Fonte critica: | Wilder, Il castoro cinema |
Data critica:
| 1976
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Critica 3: | |
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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