RETE CIVICA DEL COMUNE DI REGGIO EMILIA
Torna alla Home
Mappa del sito Cerca in Navig@RE 


Nessuna festa per la morte del cane di Satana - Satansbraten

Regia:Rainer Werner Fassbinder
Vietato:14
Video:Videogram, Number One Video
DVD:
Genere:Drammatico
Tipologia:Le diversità
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Rainer Werner Fassbinder
Sceneggiatura:Rainer Werner Fassbinder
Fotografia:Michael Ballhaus, Jürgen Jurges
Musiche:Peer Raben
Montaggio:Gabi Eichel, Thea Eymesz
Scenografia:Ulrike Bode, Kurt Raab
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Kurt Raab (Walter Kranz), Margit Carstensen (Andree), Helen Vita (Luise Kranz), Volker Spengler (Ernst Krantz), Ingrid Caven (Lilly), Marquard Bohm (Rolf), Ulli Lommel (il falso ispettore), Y Sa Lo (Lana Von Meyerbeer), Armin Meier (Stricher), Katherina Buchhammer (Irmgart Von Witzleben), Peter Chatel (Eugen), Helmut Petigk (Schneider), Dieter Schidor (Willy), Vitus Zeplichal (Urs)
Produzione:Michael Fengler (Albatros Produktion) per Trio Film
Distribuzione:Athena
Origine:Germania
Anno:1976
Durata:

112'

Trama:

Walter Kranz (Raab), poeta ex rivoluzionario a corto di ispirazione, prima si da all'omicidio, poi si circonda di pederasti coi soldi di un'ammiratrice (Carstensen): ma suo fratello ritardato (Spengler) rischia di far finire tutto in tragedia.

Critica 1:Dopo il composto e raffinato Effi Briest, Fassbinder volle cogliere di sorpresa pubblico e critica con un film urlato, buffonesco e volutamente sgradevole, che prende di mira l'intellettualismo decadente (Kranz si ispira alla vita di Stefan George e ne plagia le opere). Una riflessione caustica sulla crisi dell'arte nella società borghese, che risente molto del clima ideologico di quegli anni, e delle trovate di un'avanguardia ormai lontana.
Autore critica:
Fonte criticaIl Mereghetti – Dizionario dei film 2002
Data critica:



Critica 2:Con uno dei repentini cambiamenti che gli sono naturali, Fassbinder abbandona il milieu operaio per mettere in scena una sfrenata farsa sull'intellettuale piccolo-borghese. Si tratta di Satansbraten ("Arrosto di Satana", (nell'edizione italiana Nessuna festa per la morte del cane di Satana), l'opera più eccentrica di Fassbinder (...).
Nonostante il fumo sia parecchio, bisogna ammettere che questo "arrosto di Satana" è un piatto piuttosto forte e pieno di spezie. Del fumo fanno parte sicuramente i vapori acri della provocazione (nessun film di Fassbinder è così esplicito dal punto di vista sessuale, anche se in realtà i suoi film più "casti" distruggono ben altri tabù), la satira facile sugli intellettuali di sinistra (Kranz giustifica il suo delitto con la scusa che in fine dei conti la sua vittima era una capitalista), la rappresentazione sopratono del sadomasochismo presenti in- tutte le relazioni tra i personaggi del film. Stringendo il discorso (e gettando via il bruciato) rimane l' assunto di fondo, la sostanza. E cioè che l'intellettuale contemporaneo non è altro che una sanguisuga. Una sanguisuga benvoluta dalla borghesia, che è felice di legittimarne la diversità individuale al fine di giustificare il suo proprio "democratico" dominio sociale. La conseguenza è che l'artista deve interpretare il ruolo dell'e marginato, deve far finta di non riconoscere la sua vergognosa condizione - fino ad assumere un'altra identità, come quella di Stefan George. E' la legge stessa della sopravvivenza che lo impone (la presenza del denaro nel film è continua e fondamentale) - ma il "poeta" è capace di trasformare questa legge naturale in legge morale, fornendole un'ideologia e un'arte.
L'alienazione culturale è rinforzata da un'alienazione fisica: uno come Kranz non ha nemmeno il coraggio di accettare il corpo. Per quanto sia pronto a farsi ogni donna che incontra, anche pagandola, compie un'ignominioso voltafaccia nei confronti dell'omosessualità, quando cerca di imitare George fino in fondo.
L'alienazione di Kranz potrebbe forse essere integrata e redenta da questa forma di esperienza fisica primaria (ed è questa la storia di Fassbinder stesso, se vogliamo - o di Pasolini ): ma da maschio piccolo-borghese qual è, Kranz non è disposto a concedere, solo a trafugare. La grandezza di un modello decadente come George o Baudelaire si riduce, nello scimmiottamento di Kranz, a parodia. Fassbinder ha avuto l'abile intuizione di lasciare nel dubbio riguardo alla volontarietà dei plagi di Kranz. Il punto è proprio che questo tipo di intellettuale è talmente incapace di creare (di vivere) da non rendersi nemmeno conto di ripetere cose già dette e già scritte. La sua è diventata un'esperienza totalmente secondaria, la sua prassi un inchino spudorato al conformismo. L'abitudine alla falsa coscienza è diventata una nuova forma di coscienza. Per Kranz non c'è progresso, solamente un ripetersi ciclico di situazioni sempre uguali. Morta una moglie, ne trova subito un'altra, mentre lui continua a concedersi le licenze che si è sempre concesso ("perchè è un genio"). Ma di dietro di lui, come l'ombra della scimmia, cammina il fratello demente, collezionista di mosche morte: è il fantasma grottesco dell'intelligenza di Kranz, l'opaco alter ego che Kranz tiranneggia ma non può eliminare; colui che lo aiuta a nascondere la pistola con la quale ha ucciso, ma che è pronto ad estrarla di nuovo per far fuoco contro Kranz. Solo che, in questa sagra delle apparenze e della falsità, scopriamo con un ultimo soprassalto che la pistola era caricata a salve fin dall'inizio.
Autore critica:Davide Ferrario
Fonte critica:Rainer Werner Fassbinder, Il Castoro Cinema
Data critica:

1982

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

A cura di: Redazione Internet
Valid HTML 4.01! Valid CSS! Level A conformance icon, W3C-WAI Web Content Accessibility Guidelines 1.0 data ultima modifica: 11/02/2005
Il simbolo Sito esterno al web comunale indica che il link è esterno al web comunale