Hamlet - Hamlet
Regia: | Kenneth Branagh |
Vietato: | No |
Video: | Medusa Video |
DVD: | |
Genere: | Drammatico |
Tipologia: | Letteratura inglese - 500/600 |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Tratto dal dramma "Amleto" di William Shakespeare |
Sceneggiatura: | Kenneth Branagh |
Fotografia: | Alex Thomson |
Musiche: | Patrick Doyle |
Montaggio: | Neil Farrell |
Scenografia: | Tim Harvey |
Costumi: | |
Effetti: | |
Interpreti: | Richard Attenborough, Brian Blessed, Kenneth Branagh, Richard Briers, Julie Christie, Billy Crystal, Gerard Depardieu, John Gielgud, Charlton Heston, Jack Lemmon, Robin Williams, Kate Winslet |
Produzione: | David Barron |
Distribuzione: | Medusa |
Origine: | Gran Bretagna |
Anno: | 1996 |
Durata:
| 239'
|
Trama:
| La storia, narrata da William Shakespeare, del Principe di Danimarca assetato di vendetta dopo l'omicidio del padre per mano del perfido zio, è ambientata nella New York del 2000 tra cellulari, computer portatili e limousines. Il presidente della Danimarca Corporation è stato ucciso da poco tempo e sua moglie si è già risposata con il principale indiziato dell'assassinio. Nessuno soffre più del figlio Hamlet, determinato a vendicarsi e innamorato della perduta Ofelia. Inizia così una serie di bugie, tradimenti e perdite che distruggeranno le vite di tutte le persone coinvolte.
|
Critica 1: | Nel paesino immaginario di Hope, Speranza, un regista porta in scena Hamlet: con lui, un gruppetto di uomini e di donne fa i conti con le proprie debolezze evidenti e le proprie eventuali grandezze. Il risultato è play, gioco nel senso di spettacolo, felice illusione. La rappresentazione della tragedia sarà il risultato d’una sorta d’attraversamento delle loro anime e dei loro corpi, messi appunto in gioco. Questo, in sintesi estrema, accadeva nel primo Hamlet di Kenneth Branagh, da lui girato per interposta persona, ossia essendosi affidato a un alter ego, protagonista di Nel bel mezzo d’un gelido inverno (1995). Allora, si trattava delle premesse del gioco, dei meccanismi d’un mestiere che dà alla speranza solide per quanto temporanee fondamenta, pur "nel bel mezzo" della precarietà di quel che è umano. Ora, questo secondo Hamlet (Gran Bretagna/Usa, 1996) è il risultato di quel tale attraversamento, il piacere del gioco mentre viene giocato. In 239 minuti, Branagh mostra le grandezze non più solo eventuali d’un gruppo di uomini e di donne che si chiamano Derek Jacobi (Claudio), Julie Christie (Gertrude), Michael Maloney (Laerte), Kate Winslet (Ofelia), Richard Briers (Polonio), Nicholas Farrell (Orazio)... In ruoli non minori ma solo, per così dire, più contenuti, ci sono poi attori deliberatamente citati come attori: John Gielgud (Priamo, che vive sullo schermo per il miracolo del tutto cinematografico del flash back, come Yorik e il vecchio Norvegia), Charlton Heston (il re "messo in scena" da Amleto), Billy Crystal (il becchino, che in originale parla con accento di Brooklyn), Gérard Depardieu (Reginaldo), Robin Williams (Osric), Jack Lemmon (Marcello), Richard Attenborough (l’ambasciatore inglese) Insieme, gli uni e gli altri danno temporanee eppur solide fondamenta all’illusione. Il loro gioco si svolge in uno spazio chiuso (lo schermo) che la rappresentazione apre fino a farlo coincidere con il mondo. Dentro questo spazio chiuso, la regìa e la scenografia istituiscono un’opposizione fra il castello di Elsinore (i suoi esterni sono in realtà quelli di Blenheim Castle, del duca di Marlborough) e il bianco sconfinato delle pianure innevate. Dopo il prologo - che si svolge al confine tra le due dimensioni, nel buio che avvolge i cancelli di Elsinore, non-spazio di terrore abitato da fantasmi -, l’azione si trasferisce nella sala del trono, centro del film. Qui, di nuovo, la macchina da presa indica un’opposizione. D’improvviso, il suo occhio si sposta verso destra, scoprendo per un istante e come per caso la figura di Amleto. Con la sua marginalità che disturba la centralità dello splendore regale, con il suo nero che contraddice la luce di cui il potere s’ammanta, entra nel palazzo l’angoscia del prologo. Ora, dunque, può iniziare quella che Jan Kott chiama “tragedia del disordine”, la narrazione del venir meno d’un mondo, del disfarsi d’una tradizione e d’un sistema di potere, dunque dell’emergere dell’impossibilità di prender decisioni, d’aderire a valori. È questo aspetto "politico" che a Branagh sembra stare più a cuore, tra gli infiniti possibili dell’opera di Shakespeare. Il suo Amleto non è un malinconico eroe solitario, ma il testimone carnale e disperato della fine d’una legittimità, un testimone che vede quella fine dentro se stesso. Non a caso, Branagh gli fa recitare il famoso “Essere o non essere?” davanti a uno specchio, tra i molti che fanno della sala del trono un luogo inquieto della coscienza. Dove e quando accade questo Hamlet? Certo, non in un tempo strettamente storico, benché l’ambientazione sia quella dell’Europa di fine 800. A impedire ogni specificazione riduttiva c’è il testo di Shakespeare, ma c’è anche la cura con cui la regìa inserisce, come elementi di disturbo, visi orientali e personaggi dalla pelle scura. L’impressione è che Branagh voglia suggerirci un tempo del tutto simbolico, uno ieri mitico da cui viene il significato dell’oggi. Quest’impressione trova conferma nello splendido crescendo che chiude il film: mentre nel palazzo la tragedia del disordine arriva alla sua conclusione di morte, lo spazio bianco che lo circonda si riempie sempre più di soldati, necessari e terribili nell’opacità del marrone delle loro divise. Entrato a Elsinore, violate con clamore le sue porte, Fortebraccio rivendica a sé - usurpatore che fonda la propria legittimità nel niente della morte - il potere che non è più né di Claudio né del padre di Amleto, fantasma perduto. Con ciò - sembra si debba dire -, sulle macerie di ieri si regge la precarietà dell’oggi che, come sempre, teme di risprofondare nel niente: il tutto felicemente giocato da Branagh e dai suoi attori nello spazio chiuso e infinito dello schermo, luogo privilegiato dell’immaginario cui ben si addice il nome coraggioso di Hope. |
Autore critica: | Roberto Escobar |
Fonte critica | Sole 24 Ore |
Data critica:
| 25/5/1997
|
Critica 2: | |
Autore critica: | |
Fonte critica: | |
Data critica:
|
|
Critica 3: | |
Autore critica: | |
Fonte critica: | |
Data critica:
|
|
Libro da cui e' stato tratto il film |
Titolo libro: | Amleto |
Autore libro: | Shakespeare William |
|