Spider -
Regia: | David Cronenberg |
Vietato: | No |
Video: | Cecchi Gori |
DVD: | Cecchi Gori |
Genere: | Drammatico |
Tipologia: | Spazio critico |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Tratto dal romanzo omonimo di Patrick McGrath |
Sceneggiatura: | Patrick McGrath, David Cronenberg |
Fotografia: | Peter Suschitzky |
Musiche: | Ronald Sanders |
Montaggio: | Andrew Sanders |
Scenografia: | Denise Cronenberg, Brenda Gilles |
Costumi: | Howard Shore |
Effetti: | |
Interpreti: | Ralph Fiennes, Miranda Richardson, Gabriel Byrne, Bradley Hall, Lynn Redgrave, John Neville, Gary Reineke, Philip Craig |
Produzione: | Maria Aitken, Catherine Bailey, Jane Barclay, Sanjay Burman, David Cronenberg, Charles Finch per Artists Independent Network – Cbl - Capitol Films - Davis Films - Grosvenor Park Productions - Metropolitan Films |
Distribuzione: | Fandango |
Origine: | Francia – Canada - Gran Bretagna |
Anno: | 2002 |
Durata:
| 98’
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Trama:
| Dennis Clegg, un uomo sulla trentina, sta cercando di ricostruire la sua vita dopo essere stato dimesso da un ospedale psichiatrico. Scrivendo un diario, Dennis cerca di scoprire la verità sul suo misterioso passato e la causa della morte di sua madre. “Spider” era il soprannome con cui lei lo chiamava..
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Critica 1: | Arcano e perturbante fino dai titoli (dove le macchie di Rorschach, usate dagli psichiatri per suscitare le associazioni mentali del paziente, compaiono in forma di pitture scrostate su un muro), il nuovo film di David Cronenberg mette in scena una tragedia familiare attraverso la mente sconvolta di uno psicopatico, un “ragnetto” di mamma che compare in doppia versione: da bambino e con i tratti adulti di Ralph Fiennes. Appena uscito dall’ospedale psichiatrico, un uomo dallo sguardo febbricitante giunge nello squallido e fatiscente quartiere londinese dove ha vissuto da piccolo; quando, morta sua madre, il padre (Gabriel Byrne) la sostituì con una donna sconcia e volgare (Miranda Richardson sostiene entrambe le parti). Come da manuale di psicanalisi, la madre è due donne contemporaneamente: l’angelo protettivo e vittima del padre da una parte, dall’altra la puttana che fornica col genitore maschio. Nel mettere in immagini la sceneggiatura che Patrick McGrath ha tratto dal proprio romanzo “Spider”, Cronenberg varia sull’ossessione che predilige in assoluto - l’”orrore delle personalità” - guidando lo spettatore in un viaggio allucinante per i meandri della follia: lo introduce in una temporalità astratta e sospesa; gli provoca sussulti suggerendogli efferatezze senza bisogno di mostrargliele; dipinge la periferia londinese come un universo mentale. Una volta scelto di raccontare gli eventi attraverso il punto di vista schizofrenico del protagonista, il regista canadese si attiene rigorosamente al proposito, rifiuta ogni tentazione spettacolare e adotta una freddezza clinica che raggela la rappresentazione. Perfino le metafore sono rigorosamente “mediche”: a partire dalla finta tela di ragno tessuta da Spider ragazzino, iperbolica rappresentazione del caso freudiano in cui il fanciullo cerca di controllare attraverso un filo la lontananza della madre. Per molti cinefili Cronenberg è una fede, quindi è vietato discuterne. Ciò non toglie che Spider sia un film che lascia sconcertati. Mentre l’ossessiva inchiesta condotta dall’uomo-ragno procede (prima di andare a parare in una rivelazione che sarebbe duro definire imprevedibile), la messa in scena controllata e cerebrale innesca una poco confortevole sensazione di distanza tra lo schermo e chi lo guarda. Ma nello stesso tempo lo spettatore si sente preso in una specie di ragnatela ipnotica, che lo avvolge poco a poco e non lo lascia più andare. |
Autore critica: | Roberto Nipoti |
Fonte critica | la Repubblica |
Data critica:
| 29/11/02
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Critica 2: | C’è una vecchia cisterna del gas che incombe sul paesaggio della Londra industriale e squallida che accoglie Spider all’uscita del manicomio: una città affogata in strade e stanze antiquate, con la tappezzeria lise e una patina grigiastra e polverose che ricopre ogni cosa. L’ultimo film di David Cronenberg avrebbe potuto essere girato in bianco e nero, e l’autore e lo scenografo Andrew Sanders hanno raccontato di aver sottratto gamme cromatiche alla pellicola, per ricreare un’atmosfera astratta e la monotonia desolata che caratterizzava certi reportage londinesi del dopoguerra. Spider, il protagonista, vive infatti fuori dal tempo reale, o meglio vive in un tempo tutto suo, dove passato e presente, vero e falso, quello che lui crede sia successo e quello che invece si è davvero verificato, si sovrappongono incessantemente. Spider è schizofrenico e la sua vita fuori dalla casa di cura spazia in un disordine indefinito. Spider cerca le immagini giuste, il bendalo della matassa che gli si è tessuta intorno come una tela ,la faccia di sua madre nei volti di tutte le donne che incontra. Cerca la sessualità e il calore di sua madre: Kafka incontra Freud (ma anche i paradossi crudeli di Beckett e Pinter) in un sobborgo di Londra. E su tutto aleggia un gran puzzo di gas. Sarebbe stato impossibile trovare un regista più adatto di Cronenberg per raccontare il solitario viaggio nell’incubo di Spider, per riuscire a rendere gli impercettibili confini tra i suoi mondi, per fargli rivivere da spettatore quello che ha già vissuto da bambino (o forse no). Il regista canadese è un maestro nella materializzazione di un’atmosfera che si fa racconto, sperdimento interiore, e nella frantumazione concentrica dei punti di vista, tanto da affogarci nella stessa incertezza di prospettiva del protagonista, nella sua memoria e nella sua coscienza frantumate. Spider è un film di “percezione” più che di “narrazione”, non un plot ma una trama che pare modellata da Escher. Sentire quello che Spider borbotta, intuire quello che scarabocchia, annusare l’aria che lui annusa. Nulla ha senso se non l’odore di gas, la mamma, un’infanzia devastata. |
Autore critica: | Emanuela Martini |
Fonte critica: | Film TV |
Data critica:
| 3/12/2002
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Critica 3: | |
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Data critica:
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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