Best -
Regia: | Mary McGuckian |
Vietato: | No |
Video: | |
DVD: | Gazzetta dello Sport |
Genere: | Drammatico |
Tipologia: | Spazio critico |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | John Lynch, Mary McGuckian |
Sceneggiatura: | |
Fotografia: | Witold Stok |
Musiche: | Mark Stevens |
Montaggio: | Kant Pan |
Scenografia: | Max Gottlieb |
Costumi: | Anushia Nieradzik |
Effetti: | Jack Whittaker |
Interpreti: | John Lynch (George Best), Ian Bannen (Sir Matt Busby), Jerome Flynn (Sir Bobby Charlton), Ian Hart (Nobby Stiles), Patsy Kensit (Anna), Cal Macaninch (Pat Crerand), Linus Roache (Denis Law), Adrian Lester (Rocky), David Hayman (Tommy Dougherty), James Ellis (Dickie Beal), Roger Daltrey (Rodney Marsh), Clive Anderson (intervistatore), Sophie Dahl (Eva Haraldsted), Stephen Fry (Frazer Crane), Mary Mcguckian (Norma Charlton), Jim Sheridan (Bob Bishop), Sara Stockbridge (Night Huntress) |
Produzione: | Best Film Ltd. - Iac Film - Isle Of Man Fil Commission - Pembridge Pictures - Sky Pictures - Smoke & Mirrors Film Productions |
Distribuzione: | Fandango |
Origine: | Gran Bretagna |
Anno: | 2000 |
Durata:
| 102’
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Trama:
| Il film narra le vicende della vita di George Best, ex giocatore del Manchester United, vera e propria leggenda del calcio inglese. La scoperta del suo talento su un anonimo campo della periferia di Belfast da parte di Bob Bishop, la rapida ascesa alla gloria internazionale con la casacca dei mitici 'Red Devils', il premio come calciatore dell'anno nel 1968 e gli anni del declino, accompagnato sempre di più dal massiccio ricorso all'alcol.
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Critica 1: | Fuori dell'Old Trafford, lo stadio del Manchester United, c'è un orologio fermo alle tre e dieci. Sopra il quadrante c'è un cartello: 6 Febbraio 1958; sotto il quadrante ce n'è un altro: Monaco. Quel giorno, a quell'ora, in quel luogo, l'aereo che riportava a casa da una trasferta i giocatori del Manchester United si schiantò a terra. Del gruppo si salvarono solo Bobby Charlton e l'allenatore Matt Busby. Quell'orologio è la prima cosa che il quindicenne George Best vede nel suo primo giorno da calciatore delle giovanili dello United, nel 1961. La prima cosa che gli viene detta, invece, è che il calcio è un gioco meraviglioso. E del calcio, Best sarà meraviglioso interprete, fino a quando il suo amore per le donne, il gioco d'azzardo e soprattutto l'alcool non l'ha costretto a scendere dal palcoscenico.
E' difficile spiegare chi è George Best a chi non lo conosce, a chi non ne ha mai sentito parlare. E chi non lo conosce farà fatica a capire chi è anche guardando questo film. George Best è stato il più grande calciatore della sua generazione, quella che era al suo apice nella seconda metà degli anni '60, ma la pellicola diretta da Mary McGuckian si concentra sulla parte di bad-boy che componeva il personaggio, non sul calciatore. Le poche scene di gioco che ci vengono mostrate sono quasi interamente ricostruite, comprese quella della finale di Coppa Campioni del '68, quando il Manchester batté 4-1 il Benfica di Eusebio in uno Wembley in delirio per Best e Charlton, per Denis Law e Brian Kidd, per Styles e Stepney; per una delle squadre inglesi più forti di tutti i tempi.
La maggior parte del film è girato con uno stile registico molto anni '70, piuttosto acido, spesso grottesco. Questo aiuta certamente ad entrare nell'atmosfera, a capire lo straniamento dal mondo reale in cui si trova il protagonista. Ma non riusciamo a sentirci davvero colpiti da quello che vediamo, perché la cosa si trascina troppo a lungo e finisce per essere disturbante; non riusciamo a sentirci davvero dispiaciuti per ciò che il ragazzo sta sciupando, perché non ci viene mai mostrato davvero cosa il ragazzo stia sciupando. La percezione del talento, del genio, di George Best, è qui affidata quasi esclusivamente al racconto di altri personaggi; le sue magie ci vengono mostrate di rado, e quasi sempre attraverso schermi televisivi. Il grande George Best, a noi che non l'abbiamo mai visto giocare, sembra un Gascoigne qualunque.
John Lynch (anche co-sceneggiatore) è convincente nel ruolo di Best. Al suo fianco si notano Ian Hart e Linus Roache (Le ali dell'Amore) più che Jerome Flynn (che interpreta Bobby Charlton), mentre il carisma di Matt Busby viene fuori soprattutto dalla bella voce del doppiatore, non dalla recitazione di Ian Bannen.
Buona la scelta delle musiche di repertorio, fotografia un po' smunta rispetto all'indirizzo visivo che la regista voleva dare alla pellicola; indirizzo perfettamente seguito da costumi e scenografie, invece.
Essendo irlandese di Belfast, Best non ha mai avuto la fortuna di giocare un Campionato del Mondo. O forse sarebbe più giusto dire che il mondo non ha mai avuto il piacere di vederlo in un Mondiale. Se fosse successo, i difetti di questo film avrebbero avuto ben poca importanza perché tutti saprebbero a memoria le gesta, dentro e fuori dal campo, di George Best. The Best. |
Autore critica: | Alberto Cassani |
Fonte critica | CineFile.biz |
Data critica:
| 6/5/2002
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Critica 2: | (…) è un film che non ti aspetti: nel senso che salvo il retorico “Fuga per la vittoria” di Houston, i film sul pianeta calcio non sono mai riusciti, né per la critica né per i botteghini. La regista Mary McGuckian e lo sceneggiatore John Lynch (nei panni inoltre del protagonista) aprono e chiudono il film come “Toro Scatenato” di Martin Scorsese: Best è in uno studio televisivo – invece che in un night-club come De Niro – in cui rievoca il suo passato. E momenti di cristallina poesia: quando George escluso per motivi disciplinari è estromesso dalla squadra per 6 turni e al suo rientro contro lo Stockcity segna 6 goals (record per la Premier inglese), ma non esulta e i compagni non lo abbracciano: metafora in rima baciata con il momento della sua vita che lo vede solo e abbandonato da donne e compagni. Solo il pubblico, vero coro di questa tragedia, lo osanna, allora come ora. O quando – nello stesso match – dopo una segnatura, strizza l’occhio al portiere avversario appena battuto: come dire che lo stato d’animo di George è affine a quello del portiere in terra. O la sequenza in cui George, oramai devastato dall’alcool, rimira dentro un bicchiere da cognac le giocate della sua vita e la musica del pub lascia spazio all’unico fedele amico di George: l’anonimo, caloroso, boato dei supporters dello United.
Impeccabile la ricostruzione della scintillante e lisergica Londra di quegli anni, dai vestiti, alle macchine, ai locali, all’arredamento. Musiche di Roger Daltrey, vocalist degli “Who”, e, nel film, il manager di George, Rodney, e motivi di Rod Stewart e Beach Boys e degli stessi Who. Nel cast: Linus Roache (Le Ali della colomba), Ian Hart (“Michael Collins”), l’ex pop-singer Patsy Kensit, il veterano caratterista inglese Ian Bannen, e il protagonista, John Lynch. Che oltre ad esser visibilmente somigliante con il vero George Best esprime uno sguardo ironico e disperato che è l’esatta fotografia del carattere del numero 7 del Manchester United: scanzonato ma consapevole di sopportare il grave e invisibile peso di esser un genio, capace di realizzare in partita senza allenarsi quello che nessuno avrebbe altresì compiuto in un’intera vita di sacrificio. Se c’è un’icona del genio e della sregolatezza nel mondo sportivo, questa è incarnata – prima che da Maradona – dall’esistenza, vissuta sempre come una finale, di George Best da Belfast. |
Autore critica: | Luigi Senise |
Fonte critica: | tempimoderni.com |
Data critica:
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Critica 3: | |
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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