Kids Return - Ritornare ragazzi - Kizzu Ritaan
Regia: | Takeshi Kitano |
Vietato: | No |
Video: | Biblioteca Rosta Nuova, visionabile solo in sede |
DVD: | |
Genere: | Drammatico |
Tipologia: | Disagio giovanile |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Takeshi Kitano |
Sceneggiatura: | Takeshi Kitano |
Fotografia: | Katsumi Yanagijima |
Musiche: | Jo Hisaishi |
Montaggio: | Takeshi Kitano |
Scenografia: | Norihiro Isoda |
Costumi: | |
Effetti: | |
Interpreti: | Ken Kaneko (Masaru), Masanobu Ando (Shinji), Leo Morimoto (insegnante), Mitsuko Oka (madre di Sachiko), Michisuke Kashiwaya (Hiroshi), Yuko Daike (Sachiko), Moro Morooka (Hayashi), Atsuki Ueda (Reiko) |
Produzione: | Bandai Visual Co. Ltd. - Office Kitano - Ota Publishing |
Distribuzione: | Lab80 |
Origine: | Giappone |
Anno: | 1996 |
Durata:
| 107’
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Trama:
| Masaru e Shiniji sono due giovani indisciplinati che tornano a visitare la loro vecchia scuola ricordando i giorni in cui erano spensierati studenti. Entrambi compiono scelte di vita rischiose, tentando rispettivamente la strada della mafia giapponese e della boxe.
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Critica 1: | Cosa vale un individuo in un paese dove la solidarietà feudale e le consuetudini morali resistono poco alla ferocia delle esigenze economiche? Shinji prende il posto del vivace e insolente Masaru che lo ha preceduto sul ring. Ma diverrà presto un altro Eagle, un fallito. Con una prodigiosa passività lascia corrodere la propria forma e distruggere la sua personalità dalla pecora nera della palestra. Dalla sua, Masaru sembra portare nell'universo del banditismo qualcosa della sostanziale onestà, della docilità, insomma della moralità tradizionale di Shinji; e lo pagherà caro. In questa tragedia quotidiana, la banalità usurpa il posto del destino. L'inevitabile si compie senza che nessuno affermi il proprio ruolo. Senza nemmeno che i protagonisti ne siano colpiti. Mansueti professori hanno rinunciato a cambiare i loro mediocri studenti in soggetti brillanti, il padronato disprezza le leggi e sfrutta all'osso i propri impiegati, anche i banditi mettono da parte l'onore di fronte a principi di efficacia. Ognuno si sforza di imitare al più presto colui che l'ha vinto e umiliato. |
Autore critica: | Alain Masson |
Fonte critica | Positif n. 434 |
Data critica:
| 4/1997
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Critica 2: | Con Kids Return, il suo primo sforzo registico dopo l'incidente, ci troviamo di fronte a un mondo più realistico e desolato di quelli rappresentati nei film precedenti. In un film come Sonatine il conflitto tra la sospensione statica e la violenza esplode improvvisamente in un finale insanguinato e quasi catartico. Non accade nulla di simile in Kids Return. Il mondo è contratto e imprevedibile come negli altri film, ma qui le frustrazioni continuano ad accumularsi senza risolversi in una vera conclusione. In questo senso, il fatto che sia il primo film di Takeshi dopo l'impatto diretto con la morte lo rende più realistico di tutti. Il finale catartico di Sonatine è altrettanto un'utopica cancellazione di sé al prezzo della morte, ma Kids Return ci lascia con il gravoso peso di un mondo senza speranza né possibilità di fuga, il mondo che ciascuno di noi è costretto ad affrontare. Si può sostenere che questo film costituisca il poema di Takeshi rispetto ai piaceri semplici della vita, quali l'amicizia e la libertà, epitomizzati dalle occasionali trovate di Beat Takeshi sparse qua e là nel film. In più, il fallimento di Shinji nel pugilato coincide con la sua decisione di rifiutare la rigidità dell'allenamento che interferisce nell'amicizia con Masaru. Ma il suo non è l'unico fiasco. La cinepresa di Takeshi focalizza anche personaggi periferici sommersi dalla pressione e dalle aspettative del lavoro e della vita di tutti i giorni. Sono individui apparentemente condannati a vivere in un mondo di azioni ripetitive (la temporalità del film rimane profondamente ambigua). Shinji e Masaru alla fine forse hanno riscoperto la loro amicizia, ma l'ultima scena ripete esattamente quella dell'inizio. Se questa è la libertà, è una libertà intrappolata in una crudelissima circolarità. In Kids Return, Kitano Takeshi è tornato dall'aldilà per illuminarci l'ironia della vita. |
Autore critica: | Aaron Gerow |
Fonte critica: | The Daily Yomiuri |
Data critica:
| 25/7/1996
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Critica 3: | Takeshi "Beat" Kitano non è esattamente una persona simpatica e cordiale. Se non l'avete ancora fatto, andate a comprarvi il suo libro "Ecco perché mi odiano" (Bompiani), tanto per rendervi conto dell'incredibile livore che anima i suoi interventi polemici sulla società contemporanea. A leggere il press book, il film - il primo realizzato dal regista dopo il terribile incidente stradale occorsogli circa un anno fa - dovrebbe segnare sin dal titolo un'inversione di tendenza dell'autore, a favore di una maggiore disponibilità e fiducia nel futuro.
In realtà, ammesso che esista, il timido accenno di speranza in questione rimane del tutto ai margini in questo racconto su due giovani amici che, dopo essere discesi nelle meschinità del mondo della boxe e della mafia, riescono alla fine a ritrovarsi. Quello che infatti colpisce in Kids Return è l'odiosa scortesia, il totale egoismo che anima i rapporti tra le persone, un neanche tanto metaforico continuo prendersi a schiaffi e sputarsi addosso di cui la pratica della boxe, esasperata tra l'altro nei suoi colpi proibiti, è in fondo una rappresentazione sì più estrema, ma non più violenta. Alcuni esempi: nel liceo bande di studenti più anziani che umiliano a più riprese i subalterni; professori senza alcun rispetto per gli allievi che fanno il paio, in quanto a cortesia, al modo in cui i negozianti, baristi o gestori di cinema porno trattano gli avventori; istruttori di boxe sprovvisti del benché minimo spirito sportivo, e così via. Al punto che alla fine non c'è differenza, dal punto di vista "morale", tra uno yakuza e il preside di una scuola.
Bisogna dunque capire che la logica spietata, l'assoluta mancanza di rispetto e la freddezza con cui Takeshi vomita sullo spettatore la povertà del mondo che descrive, sono in fin dei conti la scelta obbligata di un'estetica e di una morale calcolata con precisione. L'"odio", e poi la "scortesia", sono la misura di un punto di vista sul mondo perfettamente indirizzato (Kitano non sbaglia una inquadratura). Magari Kids Return è a tratti un po' prolisso e meno memorabile di Sonatine, ma lo spirito rimane lo stesso. Kitano usa uno sguardo freddo, asettico, minimale nel suo non concedere nulla, solo per mostrare senza filtri la violenza e l'ipocrisia che anima il linguaggio, i comportamenti e le convenzioni dell'uomo giapponese. Caso forse unico di un cinema da apprezzare per la sua sgradevolezza. |
Autore critica: | Michele Fadda |
Fonte critica: | Cineforum n. 355 |
Data critica:
| 6/1996
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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