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Grande Gatsby (Il) - Great Gatsby (The)

Regia:Jack Clayton
Vietato:No
Video:Paramount
DVD:
Genere:Drammatico
Tipologia:Letteratura americana - 900
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Jack Clayton
Sceneggiatura:Francis Ford Coppola
Fotografia:Douglas Slocombe
Musiche:Nelson Riddle
Montaggio:Tom Priestley
Scenografia:
Costumi:Theoni V. Aldredge
Effetti:
Interpreti:Robert Redford, Mia Farrow, Scott Wilson, Sam Waterson, Bruce Dern, Howard Da Silva, Lois Chiles, Karen Black
Produzione:David Merrick
Distribuzione:Non reperibile in pellicola
Origine:Usa
Anno:1974
Durata:

145’

Trama:

Ambientata negli anni '20, ricostruiti con eleganza, è la storia infelice di Gatsby, ex gangster divenuto miliardario, che non riesce a dimenticare Daisy, la ragazza per cui è diventato ricco. Lei non lo ha aspettato e ha sposato un altro. Per starle vicino lui compra una gran villa a Long Island e dà feste memorabili. Riuscirà, infine, a conquistarla ma darà la vita per lei.

Critica 1:La drammatica storia di Gatsby, perdutamente innamorato di una donna che non ha saputo aspettarlo. Riuscirà a riconquistarla, ma il destino non sarà benevolo con loro. Dal famoso romanzo di F.S. Fitzgerald, un bel film con Robert Redford e Mia Farrow premiato con due Oscar: costumi e colonna sonora. Si vede molto volentieri.
Autore critica:
Fonte criticasentieridelcinema.it
Data critica:



Critica 2:E' almeno imbarazzante, e in tanta parte inutile, parlare dei grossi prodotti commerciali, di quelli costruiti su misura per sondare le possibilità economiche del rilancio di una moda e di un modo di essere: certamente è meglio comunque la moda anni Venti del Grande Gatsby alla moda mafiosa del Padrino o a quella diabolica dell'Esorcista. Non si parla tanto del valore dei film (le tre opere all'incirca si equivalgono) ma si tratta di giudicare un certo impatto con il pubblico.
Quando il film insomma diventa davvero «mass media», stereotipo, luogo comune creato a bella posta. Evitiamo confronti con la matrice letteraria: l'opera di Francis Scott Fitzgerald è troppo superiore alle forze del regista Jack Clayton, per venire compromessa, anche solo da una lettura sommaria e superficiale. Basterà che una fetta di pubblico, forse attratta da quanto il film non dice, abbia avuto lo stimolo per leggere quello splendido romanzo: e questo sarà un punto all'attivo. Per il resto l'opera è chiusa nella panoramica estetizzante della moda di quegli anni, di cui ricrea luoghi, costumi e suoni, ma non le sensazioni, non le congetture, non i dubbi, non le disperazioni. Dispiace usare una parola consunta: affresco, ma si tratta proprio di questo, un grande affresco, senza infamia e senza lode, nobilitato da una sopportabile dose di ovvietà e di noia, con qualche piccola scarica elettrica sul volto di Robert Redford che, essendo per sua stessa natura molto bravo, non può fare a meno di dimostrarlo anche in questa parte, pur a lui poco congeniale.
Troppo bello per essere Gatsby e troppo poco disperato, troppo poco corrotto; la sua allucinata querelle amorosa con Daisy si consuma come in un fotoromanzo senza lieto fine, e nulla lascia presagire nulla di quanto va accadendo all'esterno. Lo studioso Klare dice giustamente, riferendosi a Fitzgerald, che in fondo il Gatsby è una matrice tradizionale del dissenso americano, potenziando la vocazione al dimenticare di quella generazione perduta, chiusa nell'universo privato di una disperazione autentica, di cui essa era nello stesso tempo causa ed effetto. Ma se l'opera di Clayton (regista altrove sensibile: basti ricordare il suo Suspense tratto dal Giro di vite di Henry James o La strada dei quartieri alti) avesse avuto la forza di essere un'elegia del « tempo »,
perduto e ritrovato, l'operazione, pur nei limiti « gastronomici » della bella fotografia, della bella scenografia e dei bei costumi, poteva anche dirsi riuscita. Purtroppo il film manca proprio di quella magica dimensione della memoria, che è alla base del romantico dramma di Gatsby e non centra quindi il bersaglio psicologico del personaggio, la sua esperienza individuale messa a dura prova dalle convenzioni che allignano intorno. Il romanzo d'amore è soltanto tale e l'incontro tra Gatsby e Daisy è prevedibile, già visto, poco emozionante. Non scatta nessuna molla d'autentica passione. II « dècor » ha vinto su tutta la linea. Molto meglio invece gli squarci del paesaggio sociale che ogni tanto, annunciati da un grosso cartellone stradale, inficiano la vicenda privata: anche perché gli attori (diciamo così i comprimari) sono di una esemplare bravura, e soprattutto Karen Black disegna una figura abbastanza memorabile. Nick, colui che racconta, dovrebbe alla fine essere l'annunciatore di un nuovo ordine e dire ufficialmente che il sogno americano è morto ammazzato, con il corpo di Gatsby là nella piscina, senza vita. Rimane invece un espediente, nonostante l'attore si prodighi; perché tutto in questo film è un espediente. Per accarezzare, per piacere, per far rivivere la ormai insopportabile moda del tempo che fu. Giunti alla saturazione degli anni Trenta, in breve saremo saturi anche dei Venti.
Il charleston impazza, ma senza vigore: dalla sua finestra illuminata, lassù in alto, Gastby-Redford guarda la folla che consuma energie sgambettando tra frangie di chiffon. Ma è uno sguardo assente di malinconia, privo delle cause reali, senza ambiguità, senza atmosfera. Tutto decade senza rinascere, senza essere giudicato. (…)
Autore critica:Maurizio Porro
Fonte critica:Cineforum n. 138-139
Data critica:

11-12/1974

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:Grande Gatsby (Il)
Autore libro:Fitzgerald F. Scott

A cura di: Redazione Internet
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