Settima stanza (La) -
Regia: | Marta Meszaros |
Vietato: | No |
Video: | San Paolo Audiovisivi |
DVD: | |
Genere: | Biografico |
Tipologia: | La memoria del XX secolo, Razzismo e antirazzismo |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Roberta Mazzoni, Marta Meszaros, Eva Pataki |
Sceneggiatura: | Roberta Mazzoni, Marta Meszaros, Eva Pataki |
Fotografia: | Piotr Sobocinski |
Musiche: | Moni Ovadia |
Montaggio: | Ugo De Rossi |
Scenografia: | Halina Dobrowolska |
Costumi: | |
Effetti: | |
Interpreti: | Adriana Asti (Auguste), Iwona Budner (Elsa), Ileana Carusio (Erna), Elide Melli (Rosa), Maia Morgenstern (Edith Stein), Jan Nowicki (Franz Heller) |
Produzione: | Morgan Film (Italia), Eurofilm (Francia), Film Studio Tor (Polonia), Budapest Film Studio (Ungheria) |
Distribuzione: | Morgan Film |
Origine: | Italia |
Anno: | 1995 |
Durata:
| 110'
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Trama:
| A Breslavia nel 1922, la brillante allieva del filosofo Husserl, la docente di filosofia Edith Stein, appena battezzata con il nome di Theresia Hedwig, deve affrontare le rimostranze della madre Auguste, che l'accusa di aver tradito la religione ebraica. Agli inizi degli anni '30, durante una conferenza a Munster, viene attaccata dal professore Franz Heller, ex collega di studi e innamorato respinto, che l'accusa di opportunismo. Intanto il nazismo dilaga ed Edith viene sospesa dall'insegnamento. Heller, entrato nelle file naziste. Dopo la tragica "Notte dei cristalli", nel 1938 Edith e Rosa si trasferiscono in Olanda, ma l'espansione nazista fa sì che le due donne vengano arrestate e caricate su un vagone, dove si prodigano per consolare i bambini deportati.
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Critica 1: | Alla Settima stanza di Marta Meszaros è toccato un destino scomodo. Durante la Mostra di Venezia, dove è stato presentato tra le "iniziative speciali" in occasione della Conferenza Mondiale della donna, i bagliori mondani del Lido hanno lasciato in ombra il severo film della regista ungherese; oggi arriva sugli schermi con una uscita sommessa, agli sgoccioli della stagione. E invece questa parabola esemplare, costruita su un'esistenza autentica particolarmente congeniale alla poetica di Marta, merita parecchia attenzione e molto rispetto. È la storia di Edith Stein, filosofa ebrea (fu allieva e assistente di Husser) convertita al cattolicesimo che si fece suora carmelitana col nome di Teresa Benedetta della Croce, subì le violenze naziste e finì il suo viaggio terreno a Auschwitz. Nel 1987 venne beatificata da papa Wojtyla. Il titolo La settima stanza, che fa riferimento alla parabola di Santa Teresa di Avila, indica contemporaneamente il luogo del martirio di Edith (la camera a gas del lager) e lo stato della beatitudine e della conoscenza punto di arrivo ambito da una donna che riuscì a coniugare la forza dell'intelligenza con quella della fede. L'arco drammaturgico copre una decina d'anni, dal 1933 al 1942, e il film della Meszaros ha l'andamento scrupoloso di una biografia ma nulla a che fare con l'agiografia del "santino". I tratti didascalici sono riscattati da una sobrietà di fondo, che si apre a momenti di particolare intensità drammatica e non trascura neppure l'elemento psicologico. L'itinerario umano di Edith si rispecchia in un altro complementare-opposto: quello di Franz Heller, già collega di Edith all'università e innamorato di lei ma respinto dalla donna in nome della nascente vocazione religiosa. La conversione di Franz è terribile: lasciata la filosofia per militare nelle file del partito nazista, l'ex-innamorato si trasforma in persecutore e conduce alla morte l'oggetto dei suoi desideri frustrati. Non tutto La settima stanza, che soffre in qualche misura dei limiti delle produzioni internazionali (lo hanno coprodotto Italia, Ungheria e Francia), si mantiene allo stesso livello. Le scene di vita familiare, in cui la madre e i parenti ripudiano Edith per la sua conversione al cattolicesimo, sono risolte in modo alquanto convenzionale. È molto bella, invece, la narrazione del noviziato della futura suor Colonia; ed è struggente la parte finale sul convoglio della morte in viaggio per Auschwitz, prima del ritorno alla sobrietà dell'epilogo in cui Edith cammina verso la "settima stanza". Perfetta la fotografia di Piotr Sobocinski, mentre la colonna musicale di Moni Ovadia aggiunge suggestione senza fare concessioni all'enfasi. Ne risulta un film alto e meditativo a dispetto delle imperfezioni. Con una cosa, però, praticamente perfetta: l'adesione alla parte della protagonista Maia Morgenstern (l'attrice rumena che interpretava tutte le "donne di Ulisse" nello Sguardo di Ulisse di Angelopoulos), bellezza austera al servizio di un grande talento. |
Autore critica: | Roberto Nepoti |
Fonte critica | la Repubblica |
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Critica 2: | |
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Critica 3: | |
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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