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Bronx - A bronx tale

Regia:Robert De Niro
Vietato:No
Video:Pentavideo (Pepite)
DVD:Cecchi Gori
Genere:Drammatico
Tipologia:Disagio giovanile, Diventare grandi
Eta' consigliata:Scuole medie inferiori; Scuole medie superiori
Soggetto:Dal lavoro teatrale di Chazz Palminteri
Sceneggiatura:Chazz Palminteri
Fotografia:Reynaldo Villalobos
Musiche:Autori Vari, Butch Barbella
Montaggio:Robert Q. Lovett, David Ray
Scenografia:Wynn Thomas
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Lillo Brancato (Calogero Adolescente), Francis Capra (Anello a 9 Anni), Robert De Niro (Lorenzo Anello), Taral Hicks (Jane), Katherine Narducci (Rosina Anello), Chazz Palminteri (Sonny)
Produzione:Jane Rosenthal - Jon Kilik - Robert De Niro
Distribuzione:Cineteca Lucana
Origine:Usa
Anno:1993
Durata:

114’

Trama:

A Bronx Tale, è la storia di un ragazzo di nove anni, Calogero Anello, che diventa amico di un gangster di nome Sonny. Il padre di Calogero, Lorenzo, contrasta questa amicizia. Tutta la vita ha lottato per impedire al figlio di venire travolto dall'ambiente corrotto del Bronx. Ma gli eventi precipitano, Calogero è l'unico testimone di un omicidio e, quando viene messo a confronto con Sonny, rifiuta di identificarlo. Sonny diventa una figura paterna per Calogero e più potente di Lorenzo, responsabile della sua educazione al "crimine". Passano otto anni. Sonny ha acquistato più potere e a Lorenzo non rimane che guardare il figlio adolescente vivere nella scia di Sonny. Conteso tra il padre e il gangster, il futuro di Calogero sembra essere deciso...

Critica 1:Ottimo esordio nella regia del cinquantenne Robert De Niro, che mette in scena con misura (salvo qualche eccesso cruento e la scivolata finale sul miele), umanità e senso dell'umorismo, il match psicologico tra due padri che si contendono l'amore e il rispetto di un figlio al bivio della vita. Interpreti eccellenti, anche quelli mai più rivisti, con un superlativo Chazz Palminteri.
Autore critica:Massimo Bertarelli
Fonte criticaIl giornale
Data critica:

10/1/2002

Critica 2:Prima, e finora unica, regia di Robert De Niro, Bronx è un film che stilisticamente deve quasi tutto a Martin Scorsese, offrendo anche una situazione che ricorda da vicino "Quei bravi ragazzi". Ma De Niro è bravo a controllare il materiale a sua disposizione e a presentarcelo con la giusta sensibilità, rendendo il film la storia di due adulti che pensano di sapere quale sia il modo migliore di educare un ragazzo. Solo, uno dei due adulti è il padre del ragazzo, l’altro è un criminale. Sono due uomini che, in maniera diversa, possono sembrare un eroe agli occhi di un ragazzo di diciassette anni: uno si alza presto ogni mattina per dar modo a moglie e figlio di mangiare carne una volta a settimana, l’altro è al di sopra di tutto e di tutti. Bronx non è un film di mafia, è un film sui valori della vita. Basato su un atto unico scritto da Chazz Palminteri, che in teatro era solito interpretare tutte le parti, è scritto per lo schermo dallo stesso Palminteri che dà poi vita in maniera memorabile a Sonny. Ed è proprio questo newyorchese doc ad impressionare maggiormente sullo schermo, non il De Niro autista di autobus e non il giovane Lillo Brancato, che dieci anni dopo ancora non è riuscito a scrollarsi di dosso l’influenza dell’ingombrante Robert (vedere la sua recitazione ne Il nostro Natale di Abel Ferrara). A dir la verità lo script esagera in alcuni punti nel voler inserire troppi temi, come i conflitti razziali che erano comunque all’ordine del giorno nella Grande Mela del 1968, e mette insieme un finale che appare alquanto banale, ma ogni elemento è trattato con la giusta attenzione e la giusta delicatezza. Il rapporto tra Calogero e Jane è il perfetto esempio della mano felice che l’esordiente regista dimostra di avere. A prescindere dalle influenze stilistiche.
Autore critica:Alberto Cassani
Fonte critica:FilmChips
Data critica:

5/10/2003

Critica 3:Viene un momento in cui gli attori non ne possono più dei registi e vogliono fare da soli. Accadde nel teatro italiano nella seconda metà degli anni Sessanta, quando si fece un gran parlare della «rivolta degli attori»; e succede anche nel cinema, dove non sono pochi i grandi nomi dell’interpretazione a rivendicare il diritto di autogestirsi. Alla schiera si unisce ora De Niro, che esordisce a 50 anni dietro la macchina da presa con un film simpatico e molto personale.
Tratto da un monologo teatrale di Chazz Palminteri (è l’attore che assume bravamente nel film la parte del Padrino), Bronx è un nido di memorie. Svolge sull’arco degli anni Sessanta il Bildungsroman di Calogero, figlio di un onesto guidatore di autobus (cioè De Niro) e ammiratore di Sonny, il boss del bar all’angolo. Siamo alla l87esima Strada, fra vita e malavita, impigliati in una rete di omertà alla quale non sfuggono neanche i migliori: è in ballo la difesa del quartiere come roccaforte di certi valori ancestrali che possono facilmente degenerare in criminalità e razzismo. Si gioca la morra all’italiana, si mangia la pizza, si comincia a dare segni di intolleranza quando spunta qualche faccia nera. In un tale contesto gli insegnamenti paterni fondati sul perbenismo non bastano al ragazzo Calogero (lo vediamo prima a 9, poi a 17 anni) che si lascia sempre più incantare dal machiavellismo del guappo. Il tipo di patriarca sommesso e minaccioso, che sa come stroncare le velleità dei motociclisti spacconi, non tollera armi in giro, insiste perché i giovani vadano a scuola e perfino li consiglia nei primi passi della vita amorosa. Siamo di fronte all’incarnazione di quella «mafia pulita» che secondo alcuni fu l’espressione paternalistica e illuminata di una difficile congiuntura sociale e scomparve dopo l’entrata di Cosa Nostra nella droga.
Nel film De Niro ce ne dà un quadro articolato e pittoresco, fra bulli e pupe, situazioni grottesche (il boss che fa chiudere nel cesso quelli che gli portano sfortuna mentre gioca a dadi) e improvvise impennate tragiche (Sonny ammazza a sangue freddo un automobilista, i 4 ragazzi bruciati vivi nella sfortunata spedizione punitiva contro i neri). Si potrà obiettare che ci sono troppe scene effettate, troppa musica pur scelta bene fra i classici dell’epoca, troppi buoni sentimenti che traboccano in finale. All’esordio come autore, il divo si è preoccupato di tenere l’occhio ai gusti del pubblico, rivelandosi in tale atteggiamento hollywoodiano. E tuttavia Io spettacolo c’è, tenuto su dal conflitto tra i due padri, quello vero e quello adottivo: De Niro sobrio e interiorizzato, Palminteri sempre sul punto di esplodere. Il primo che dice: il vero eroe è il lavoratore; il secondo che ribatte: chi lavora è un fesso. Tutti e due tanto padroni della situazione che se fossimo a teatro potrebbero scambiarsi i ruoli sera per sera. Nel gruppo di splendidi comprimari spicca l’apparizione di Joe Pesci tra i fiori del funerale nei panni del Padrino subentrante.
Autore critica:Tullio Kezich
Fonte critica:Il Corriere della Sera
Data critica:

30/1/1994

Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

A cura di: Redazione Internet
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