PerdutoAmor -
Regia: | Franco Battiato |
Vietato: | No |
Video: | Warner Bros |
DVD: | |
Genere: | Commedia |
Tipologia: | Diventare grandi |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Franco Battiato |
Sceneggiatura: | Franco Battiato, Manlio Sgalambro |
Fotografia: | Marco Pontecorvo |
Musiche: | Franco Battiato |
Montaggio: | Isabelle Proust |
Scenografia: | Francesco Frigeri |
Costumi: | Flora Brancatella, Gabriella Pescucci |
Effetti: | |
Interpreti: | Corrado Fortuna (Ettore adulto), Donatella Finocchiaro (Mary), Anna Maria Ghepardi (Augusta), Lucia Sardo (Nerina), Ninni Bruschetta (Luigi), Manlio Sgalambro (Martino Alliata), Luca Vitrano (Ettore bambino), Gabriele Ferzetti (Tommaso Pasini), Nicole Grimaudo (Raffaella), Rada Rassimov (Clara Pasini) |
Produzione: | L'ottava - Sidecar |
Distribuzione: | Warner Bros. Italia |
Origine: | Italia |
Anno: | 2002 |
Durata:
| 87’
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Trama:
| Il percorso di crescita di Ettore Corvaja a partire dalla sua infanzia. La prima fase della storia si svolge in Sicilia, fra i primi mesi del 1955 e l'inverno dello stesso anno, quando Ettore cresce con la gioia di vivere e l'insegnamento di un colto aristocratico del paese, Nella seconda fase siamo in pieno boom economico, quando Ettore, ventenne, ha completato i suoi studi ed ha compiuto le scelte che indirizzeranno la sua vita. Nella terza fase, infine, ritroviamo Ettore a Milano: qui si affaccia, in punta di piedi, nel mondo della musica con l'ambizione di scrivere. Improvvisamente entra a far parte di un gruppo esoterico che gli apre nuovi orizzonti.
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Critica 1: | Il perduto amore, forse, è quello di Battiato per il cinema. Poteva (il cinema) rappresentare una forma "d'arte" attraverso cui sperimentare nuove istanze, e invece si è trasformato (con prevedibile avveramento) in un balletto danzato sulle punte della musica e della filosofia (ma questa spicciola e dozzinale). L'amore, dunque, non è mai sbocciato, bensì si è incancrenito nelle forme di un melodramma algido e frigido. Perduto amor è il figlio, in provetta, dato che mai contatto si è avuto in questo strano matrimonio tardivo. La storia è quella. Ma nessuno ci crede. Neanche il regista. E questo è un fatto. Il romanzo di formazione - che solo un'interpretazione rozza, da psicologismo dozzinale, può ascrivere alla vera vita di Battiato - è il pretesto per andare altrove, per compiere un viaggio stralunato, scomposto nel sublime sempre alto. Nessuna continuità narrativa, nessuno "spessore" psicologico, nessuna possibile trasmissione di affetti (proiezione) verso questo o quel personaggio. Ma solo frammenti, squarci, stralci. Quadri associati a musiche, alte e basse, colte e popolari (e su questo Battiato, ovviamente, non commette errori, perché ben conoscendo la materia sa che l'arte nella musica proviene da ogni direzione e nulla va disdegnato). Questa è la parte più interessante e affascinante del film: rinunciare a qualsivoglia convenzione per esporre liberamente la propria forma-pensiero, che qui è allo stesso tempo quella di Sgalambro e di Battiato. |
Autore critica: | Dario Zonta |
Fonte critica | Duel |
Data critica:
| 27/8/2003
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Critica 2: | Si potrebbe dire che il film scandisce i passaggi narrativi come se andasse da strofa a ritornello e poi ancora da ritornello a strofa, proprio come una canzone, della quale del resto porta il titolo. Perduto amor, la cantava il belga Adamo, nella notte dei tempi, oggi la canta Franco Battiato e su questa suggestione ha costruito una storia, o meglio non storia, che con disinvolta licenza poetica racconta i fatidici passaggi di formazione di un ragazzo (Corrado Fortuna), prima infante in una sognante e iperfemminile Sicilia anni Cinquanta, poi adolescente nella stessa Sicilia dove un maturo pigmalione (Gabriele Ferzetti) lo spinge verso più eccelsi obiettivi, poi giovane uomo nella Milano dei primi anni Sessanta alle prese con una divertente e trasfigurata, ma non troppo, società della canzone, all'ombra della leggendaria Galleria del Corso dove si facevano e disfacevano i destini della musica italiana. Alla fine il protagonista non intraprende la carriera musicale che sembrava scontata, e qui c'è il vezzo di Battiato nel confondere le acque di una possibile lettura autobiografica. Di sicuro descrive mondi che conosce bene, ma rifiuta il realismo convenzionale e scandisce il film come un sogno, o più semplicemente come una composizione musicale che, tra divertenti sorprese, abbandoni poetici e scarti filosofici, ambisce con delicata semplicità a proporre uno sguardo profondo sull'esistenza. I personaggi, tantissimi, sono affollati in un'equilibrata sinfonia corale, dalla quale emerge la figura della madre (Donatella Finocchiaro). Così come emergono i numerosi e divertenti camei, tra tutti quello di Maurizio dei New Dada (poi Krisma) che interpreta oggi il se stesso di quarant'anni fa, mentre la sua compagna Cristina è abbigliata da cassiera e confessa di averlo sempre amato, che dimostrano uno dei paradossi di questo film: il colto, sofisticato Battiato che si concede languidi sussulti per le canzoncine anni Sessanta di cui è lussuriosamente infarcita la colonna sonora. Una singolarità che riflette il paradosso più generale, ovvero quello di essere il più ingenuo dei filmaker, alle prese con la sua opera prima, ma allo stesso tempo un artista maturo e più che consapevole. L'approccio è volutamente candido e disarmante, come di chi se ne frega delle convenzioni cinematografiche e privilegia il racconto di pensiero. Questo forse irriterà il pubblico più affezionato al racconto tradizionale e forse anche i cinefili che maldigeriscono queste incursioni in territori altri. Eppure Battiato riesce in un compito non facile: piaccia o meno, inventa un suo linguaggio, e non usa trucchi per nasconderlo. |
Autore critica: | Gino Castoldo |
Fonte critica: | la Repubblica |
Data critica:
| 17/5/2003
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Critica 3: | L’inconfondibile “marchio” Battiato (spiritualità mista a religiosità, temi metafisici, sacro e profano, filosofia siciliana ed alta cultura popolare) segna indelebilmente l’opera prima cinematografica dell’eclettico artista catanese: Perduto Amor. Inevitabile che ciò accada se dietro la macchina da presa si nasconde lo stesso “occhio” di Franco Battiato e la sceneggiatura, oltre a portare la sua firma, reca anche quella del suo fedele collaboratore ed amico Manlio Sgalambro; e così questo atipico debutto (non privo di un suo misterioso fascino) vive e si sviluppa sulle corde più personali ed intime (guai però a parlargli di autobiografia!) di un uomo che abbiamo imparato a conoscere ed apprezzare in tanti anni di carriera musicale.
E quindi ecco la Sicilia della sua infanzia (Ettore Corvaja, il protagonista, ha nove anni e cresce tra la gioia di vivere spensierata a cavallo tra gli anni '50 e '60 e gli insegnamenti del suo mentore, un colto aristocratico del paese) e la Milano città, piena di fermenti e di frenesia, che accoglie questo ragazzino oramai ventenne (ha il volto pulito e fresco di Corrado Fortuna) immergendolo nel magma culturale e sociale delle sue eclettiche espressioni artistiche e spirituali (Ettore si muove spaesato ma determinato tra club musicali, gallerie d’arte all’avanguardia e gruppi esoterici).
Ma nessuna consequenzialità di eventi o di rapporti a scandire la narrazione scoordinata ma sincera di questo atipico diario di formazione di un ragazzo siciliano, così giovane ma già così austero e compito nelle sue scelte di vita. Lui diventerà uno scrittore mentre il suo alter ego nella vita reale sappiamo bene che strada ha fatto… mai però finendo di stupirci nelle sue eclettiche espressioni artistiche, così passando dalle contaminazioni e sperimentazioni musicali al cinema con identica voglia di scardinare regole già scritte. In tal modo “costruendo” (ogni singolo dettaglio del film sono input per ulteriori sottotesti e nuove riflessioni) un film che della sua, a tratti, sorprendente classicità (confezione di lusso e recitazione di gran scuola interpretativa… dal nobile Gabriele Ferzetti all’intensa mamma Donatella Finocchiaro), della sua scansione ritmica personalissima, dell’uso sgrammaticato dei tempi cinematografici e della sua sospensione narrativa ne fa la sua forza e le caratteristiche più vitali e vincenti. |
Autore critica: | Calogero Messina |
Fonte critica: | |
Data critica:
| 12/05/2003
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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