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Avventure del Barone di Munchausen (Le) - Adventures of the Baron of Munchausen (The)

Regia:Terry Gilliam
Vietato:No
Video:Cde Home Video
DVD:
Genere:Fantasy
Tipologia:Letterature altre
Eta' consigliata:Scuole medie inferiori; Scuole medie superiori
Soggetto:Liberamente ispirato al romanzo di Rudolph Erich Raspe
Sceneggiatura:Terry Gilliam, Charles McKeown
Fotografia:Giuseppe Rotunno
Musiche:Eric Idle, Michael Kamen
Montaggio:Peter Hollywood
Scenografia:Dante Ferretti
Costumi:Gabriella Pescucci
Effetti:Richard Conway, Kent Houston
Interpreti:John Neville (il Barone), Eric Idle (Bertoldo), Sarah Polley (Sally), Oliver Reed (Vulcano), Charles Mckeown (Adolfo), Sting (l'eroico Ufficiale), Valentina Cortese (Regina Ariadne/Violetta), Winston Dennis (Albrecht), Peter Jeffrey (Sultano), Bill Paterson (Henry Salt), Jonathan Pryce (Jackson), Jack Purvis (Gustav), Uma Thurman (Venere/Rose), Robin Williams (Re Della Luna)
Produzione:Thomas Schumly
Distribuzione:Penta
Origine:Usa
Anno:1989
Durata:

126'

Trama:

Verso la fine del '700, in una piccola città portuale assediata dai Turchi agli ordini di un sultano, la compagnia di teatranti Salt recita in un teatrino le gesta di Karl Friedrich Hieronymus Von Münchausen, un nobile ufficiale di cavalleria. All'improvviso sale sulla scena il vero Barone Karl che, imposto agli sbalorditi artisti di non raccontare avventure buffonesche e bugiarde, rievoca le sue mirabolanti imprese compiute con l'aiuto di quattro fedeli compagni: Gustavo, il soffiatore più potente del vento; Bertoldo, il servitore più veloce del mondo; Albrecth, l'uomo più forte di un gigante; Adolfo, l'individuo con la vista più potente di un telescopio. Intenzionato a liberare la città, il Barone, insieme a Sally, la piccola figlia del capocomico, alzatosi in volo su una mongolfiera (realizzata con le sottane delle donne) va alla ricerca dei suoi fidi, da cui è momentaneamente separato, affrontando le più inverosimili delle situazioni, lanciando scommesse e sfide, uscendo dalle trappole più impensate e, per di più, sempre in lotta con la falce della morte, che lo tallona. Con la piccola Sally si reca sulla Luna, di cui conosce gli stravaganti sovrani; piomba nelle viscere della Terra, dove lavorano Vulcano e i ciclopi, facendolo ingelosire e adirare per aver avuto i sorrisi di Venere sua moglie, sempre in fughe folli ed imprese arditissime quanto assurde, compresa quella di andare a cavallo sulle onde del mare fino alla spiaggia della città assediata. Qui giunto, con i suoi quattro fidi amici, il Barone si pone alla testa del popolo, invano contrastato dal livido Jackson, un funzionario che scrive la storia di quell'assedio turco e che ordina l'arresto di Münchausen. Sgominato l'esercito ottomano, il Barone viene colpito dal perfido Jackson, trasformatosi in "cecchino".

Critica 1:Le madornali e iperboliche imprese del barone di Munchhausen hanno tre fonti tutte tedesche del Settecento (il vero barone Karl Friedrich Hieronymus von M., l'erudito Rudolph Erich Raspe e il poeta Gottfried August Burger), furono illustrate da G. Doré nel 1862 e portate sullo schermo già nel 1911 (G. Méliès), 1913 (E. Cohl), 1914 (film muto italiano), 1943 (J. von Backy in un film Agfacolor, restaurato e disponibile in cassetta), 1962 (Baron Prasil del ceco K. Zeman). Con 40 milioni di dollari e collaboratori di prim'ordine (D. Ferretti scenografo, G. Pescucci costumista, G. Rotunno operatore), l'americano Gilliam ha rimanipolato la vecchia materia all'insegna del meraviglioso su grande scala, iniettandovi l'umorismo stravagante di Lewis Carroll e la buffoneria esorbitante dei Monty Python. Effetti speciali strabilianti.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:Il film che rappresentò l’avventura più paradossale del grande regista Terry Gilliam (“Brazil”, “L’esercito delle 12 scimmie”, “Paura e delirio a Las Vegas).
Paradossale anzitutto per l’esito imprevisto della sua produzione: costato più di 40 milioni di dollari e con un cast tecnico di tutto rispetto (dallo scenografo Dante Ferretti alla costumista Gabriella Pescucci) fu il flop più colossale dell’ex Monthy Python. Paradossale in secondo luogo perché contrariamente all’andamento del botteghino, Le avventure del Barone di Munchausen ha rappresentato uno dei capitoli più lieti di un cinema idealmente inteso come mirabile macchina dispensatrice di sogni ed emozioni. Ed anche l’espressione più lieta di una cinematografia concepita come forma ibridata di arte: dalla visionarietà didascalica di George Méliès (autore nel 1911 della prima pellicola ispirata alle gesta del vero barone tedesco K. F. Hieronymus) allo splendore illustrativo di Doré, dallo stile umoristico del filone letterario britannico alla creatività fiabesca della penna collodiana. Tra un’invenzione e l’altra emerge poi il ritratto di un secolo (il Settecento) in parte segnato da una spavalda buffoneria goliardica e in parte rievocato da una nobile tradizione cavalleresca. Fotografia meravigliosa, sceneggiatura ricca e briosa, accompagnamento musicale di grande suggestione. Attori bravissimi e divertente cameo di Robin Williams, Sting ed Uma Thurman (che in verità al tempo era ancora poco conosciuta).
Autore critica:Fabrizio Marchetti
Fonte critica:www.film.it
Data critica:



Critica 3:«Voi potete decidere di credere al mondo rappresentato da Jackson, cioè alla realtà, o di credere al mio», ha detto Terry Gilliam. «La ragazzina di Munchausen è come il dottor Frankenstein: è lei che inventa il Barone, che, come il mostro, sfugge al controllo della sua creatrice. Ma è lei che vuole credere a qualcosa, che vuole che il mondo sia più meraviglioso». L'invenzione del mondo attraverso l'immaginazione gioca un ruolo fondamentale in Munchausen e, in maniera meno sfolgorante, in Erik. Tutti i personaggi che costruiscono l'azione vogliono credere a qualcosa di diverso dal fango e dalla morte che li circonda e, senza mediazioni, decidono di inventare le fantasmagorie più estreme.
In questo senso, Munchausen ha una precisione matematica, chiaramente debitrice al razionalismo settecentesco che informa tutto lo sviluppo e gli umori del film. Tutte le volte che le avventure colorate del Barone prendono il volo verso territori incontrollabili, arriva la ragazzina a riappropriarsi della storia: riporta letteralmente a terra il Barone dal suo valzer aereo con Venere, come lo strappa alle seduzioni tranquille della morte, all'accogliente, «casalinga» pancia della balena. Sally vuole che il mondo sia alla sua maniera, che la fantasia lasciata libera di agire modifichi con i suoi riflessi la realtà'. (...)
Munchausen, invece, innesca un andirivieni continuo tra il mondo reale e quello immaginario, addirittura uno scontro tra realismo, ragion di stato, adattamento e sogno, volontà, ribellione; uno scontro (e questo è l'elemento più interessante del film) che si realizza prima di tutto a livello di immagini, e il cui esito sembra ribaltabile fino all'ultima inquadratura. Neppure Gilliam sapeva come sarebbe finita la storia. «Non so come mai i turchi se ne sono andati. È un fatto che nel film resta non spiegato. Per me, Munchausen è
quasi il Messia. Se credete in lui, i turchi spariranno. Gli altri, quelli come Jackson, sono sempre rinchiusi dentro la città, urlano e si agitano. Il fatto più strano per me è che, il giorno in cui abbiamo girato la scena dei cittadini che guardano fuori dopo aver aperto le porte, non sapevo neppure io quello che avrebbero visto. Non ero sicuro di quello che sarebbe successo. Poi ho deciso: i turchi se ne sono andati; è un lieto fine. Se tentate di essere completamente logici, non funziona. Questo è un argomento contro la logica». Sembra quasi che Sally, come «inventa» il Barone, diriga, seppure in extremis, anche Gilliam, costringendolo a uscire dal suo mondo di dolore sconfortato. Il barone di Munchausen, infatti, pur collegandosi esplicitamente alla tradizione del cinema «meraviglioso», la percorre lungo una traiettoria cupa; enfatizza più l'immaginario della morte e della dannazione (non a caso Gilliam ama molto la pittura di Dorè) che non quello della fantasia gioiosa. Gilliam denuncia il suo debito con Méliès (non solo per la sequenza della luna), con Pinocchio di Walt Disney (letteralmente «parafrasato» per la sequenza nella pancia della balena), con Il ladro di Bagdad (nella versione Powell - Korda e in quella precedente con Douglas Fairbanks), con il cinema di Cecil B. De Mille, e rimanda, sul piano della narrazione, oltre che naturalmente all'opera originale, ai labirinti tortuosi di Alice nel paese delle meraviglie. Sono tutti riferimenti che, insieme a molti altri sia pittorici che cinematografici, corrono nel lavoro di Terry Gilliam fin dai primi disegni animati, nei cunicoli e negli oggetti volanti, nelle teste tagliate e negli animali giganteschi del Monty Python's Flying Circus. Il barone di Munchausen è un po' un punto di fusione tra due lungometraggi precedenti dell'autore, cerca una mediazione tra la fantasia favolistica di Banditi del tempo e l'opprimente magnificenza di Brazil (che resta il maggior film di Gilliam, purtroppo visto male e sbrigativamente liquidato). Qui i due mondi si incontrano costantemente, ma il pessimismo dell'autore ha a poco a poco modificato i colori e gli umori dell'immagine; se i desideri fantastici di Sally riescono ad incidere sui fatti e la storia, d'altra parte questa ha colorato di nero e rosso cupo, del verdastro della decomposizione e dei toni metallici del potere i magnifici viaggi del Barone. L'immaginazione sembra costretta all'interno di volte chiuse, per quanto sterminate, che richiamano gli enormi spazi interni in cui si muovevano i personaggi di Brazil. Anche se nelle intenzioni di Gilliam il contrasto tra i due mondi avrebbe dovuto essere più marcato (in pratica, il mondo reale avrebbe dovuto essere ancora più squallido), non c'è dubbio che le principali componenti visive dell'autore tendano ad una connotazione gotico - barocca di accentuato pessimismo. «lo penso», ha detto infatti Gilliam, «che i mondi immaginari siano solo un po' meglio della realtà. Il mio problema è che non accetto la realtà, come me la trovo davanti alla televisione o nei bar. Si tratta certamente di una menzogna più grande di quella dei mondi presunti immaginari. In Munchausen, la realtà è la guerra, la gente che muore, che crepa di fame, chiusa nella città. Questa è la vita vera. E il Barone dice: "C'è un altro mondo, pieno di giganti, di teste che volano, dove potete andare sulla luna e danzare in cielo". Penso che questo sia più interessante dell'altro; ma non è necessariamente migliore» (...)
Autore critica:Emanuela Martini
Fonte critica:Cineforum n. 289
Data critica:

11/1989

Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

A cura di: Redazione Internet
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