Ciclista (Il) - Bicycleran
Regia: | Mohsen Makhmalbaf |
Vietato: | No |
Video: | Biblioteca Rosta Nuova, visionabile solo in sede |
DVD: | |
Genere: | Drammatico |
Tipologia: | I bambini ci guardano, Infanzia di ogni colore |
Eta' consigliata: | Scuole medie inferiori; Scuole medie superiori |
Soggetto: | Mohsen Makhmalbaf |
Sceneggiatura: | Mohsen Makhmalbaf |
Fotografia: | Ali Reza Zarrindast |
Musiche: | Madjid Entezami |
Montaggio: | Mohsen Makhmalbaf |
Scenografia: | Mohsen Makhmalbaf |
Costumi: | |
Effetti: | |
Interpreti: | Firouz Kiani, Samira Makhmalbaf, Mohammad Reza Maleki, Esmail Soltanian, Moharram Zaynalzadeh |
Produzione: | Institute for the Cinematographic Affairs of Janbazan Foundation, Seyyed jamaleddin Hossini Cultural Foundation |
Distribuzione: | Non reperibile in pellicola |
Origine: | Iran |
Anno: | 1987 |
Durata:
| 95'
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Trama:
| Un rifugiato afghano, che ha bisogno di denaro per curare la moglie malata, s'impegna in una folle scommessa: pedalare senza sosta in bicicletta per una settimana. Lo accompagna il figlioletto. Una delle migliori opere che hanno fatto conoscere il cinema iraniano. Dall'autore de "Il silenzio", e "Pane e fiore".
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Critica 1: | La moglie di Nassim, profugo afgano a Teheran, è in ospedale in attesa di un costoso intervento chirurgico. Spinto da un organizzatore di spettacoli di strada, Nassim accetta di pedalare in bicicletta senza sosta né cibo una intera settimana intorno a una piazza per far lievitare l'ammontare della scommessa e raccogliere la somma necessaria per l'operazione. Settimo film di Makhmalbaf che, oltre a scrivere la sceneggiatura, ha curato scenografia e montaggio. Il drammatico argomento è esposto in cadenze di commedia con risvolti grotteschi e lontani echi dell'hollywoodiano Non si uccidono così anche i cavalli? Pauperistico più che realistico con un bambino, figlioletto del ciclista, a rinforzare il pathos. |
Autore critica: | |
Fonte critica | Il Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli |
Data critica:
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Critica 2: | È la storia di un uomo povero che deve, costi quel che costi, trovare il denaro necessario alle cure della moglie morente. È costretto a pagare di persona, e come Zampanò in La strada a trasformarsi in attrazione: per sette giorni, e senza scendere dalla bicicletta, correrà su una pista di fortuna. Il ciclista trova così la sua figura di stile: il cerchio. Ma un cerchio dantesco, una spirale, una imponderabilità centrifuga a rischio di caduta. Oppure l’imponderabilità è la grazia, e l’eroe ha tutte le caratteristiche di un santo caduto in un mondo che lo esibisce invece di riconoscerlo: la magrezza ascetica, lo sguardo, l’ostinazione, e il film diventa allora il racconto, e ben presto la leggenda del suo martirio. Rapportato alla nostra agiografia occidentale, si direbbe S. Sebastiano o un discepolo di S. Francesco d’Assisi, soprattutto frate Ginepro, con il quale condivide un mutismo completo e la volontà di far comprendere qualcosa al mondo con la sua sola presenza (si veda Rossellini). (...) Indifferente a qualsiasi cosa, il ciclista gira e gira ancora, come un derviscio, come un orologio, come la bobina di un film. Il suo motore è l’immagine di sua moglie e quella di suo figlio (Egli deve sostenere la famiglia, e il suo nome è Atlas). Ed è col figlio che compone la più bella inquadratura del film.(...) |
Autore critica: | Bernard Bénoliel |
Fonte critica: | Cahiers du cinéma n. 528 |
Data critica:
| 1998
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Critica 3: | |
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Fonte critica: | |
Data critica:
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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