San Michele aveva un gallo -
Regia: | Paolo Taviani; Vittorio Taviani |
Vietato: | No |
Video: | Biblioteca Rosta Nuova, visionabile solo in sede |
DVD: | |
Genere: | Drammatico |
Tipologia: | Storia del cinema |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Paolo Taviani, Vittorio Taviani, dalla novella "Il divino e l'umano" di Lev Tolstoj |
Sceneggiatura: | Paolo Taviani, Vittorio Taviani |
Fotografia: | Mario Masini |
Musiche: | Benedetto Ghiglia |
Montaggio: | Roberto Perpignani |
Scenografia: | |
Costumi: | |
Effetti: | |
Interpreti: | Giulio Brogi (Giulio Manieri), Virginia Ciuffini, Marcello Di Martire, Daniele Dublino (il carceriere), Vittorio Fantoni, Samy Pavel, Lorenzo Piani, Renato Scarpa, Sergio Serafini |
Produzione: | Giuliani G. De Negri per la Igor Film e la Rai Tv |
Distribuzione: | Non reperibile in pellicola |
Origine: | Italia |
Anno: | 1972 |
Durata:
| 87’
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Trama:
| Giulio Maineri, un anarchico internazionalista di origini borghesi, verso il 1870 guida un colpo di mano in una piccola città. L'impresa fallisce, perchè immatura e mal preparata, e il capo viene condannato a morte. Mutata la pena nell'ergastolo, Maineri riempie la sua cella di solitarie fantasie. Parlando con se stesso finge di trovarsi nel mezzo dei dibattiti politici e di assistere al trionfo della rivoluzione: cosi' vince lo sgomento della segregazione e si conserva uomo vivo. Passati dieci anni, durante il trasferimento in un'isola della Laguna, incrocia una barca che porta in galera altri sovversivi, e scambia con loro qualche parola. Quanto basta per esprimere le differenze fra due modi di ribellarsi. Mentre Maineri è rimasto uno "spontaneista" che punta tutte le sue carte sull'immaginazione, i piu' giovani hanno sostituito la lotta paziente all'avventurismo. Per Maineri non c'è piu' posto: puo' affogarsi in Laguna.
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Critica 1: | Nel 1870 un anarchico internazionalista comincia una lunga prigionia di segregazione. Dieci anni dopo, durante un trasferimento, incontra giovani rivoluzionari che lo irridono. Ispirato alla novella di Lev Tolstoj Il divino e l'umano e costruito in 3 movimenti di musicale pregnanza e su 3 soli ambienti con un solo protagonista, è un apologo affascinante sul conflitto politico-esistenziale tra socialismo utopistico e socialismo scientifico, tra due modi di intendere la rivoluzione, l'anarchico e il marxista. Attuale e utile anche oggi, dunque. Uno dei film più equilibrati e armoniosi dei fratelli Taviani. (…) |
Autore critica: | |
Fonte critica | Il Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli |
Data critica:
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Critica 2: | Sotto forma di un apologo (personaggi e fatti non sono reali, ma soltanto storicamente verosimili) il film mette a confronto due diverse concezioni di lotta politica in vista della realizzazione di una società più giusta. Giulio Manieri incarna il socialismo anarchico, insofferente di ogni forma di gerarchia e di progetto a lunga scadenza e proteso all'immediata conquista del potere attraverso l'insurrezione armata: si tratta di una visione spontaneistica e fortemente volontaristica della lotta di classe, incentrata sulla pratica clandestina e lo scontro frontale con lo Stato; il gruppo di prigionieri politici dell'altra barca simboleggia, invece, il socialismo scientifico d'ispirazione marxista che, sulla base di una visione gradualista del divenire storico, assume tempi più lunghi per la rottura rivoluzionaria ed indica nella lotta legalitaria per le riforme e nel partito politico fortemente organizzato gli strumenti privilegiati d'azione. Nella sua solitudine ed isolamento Manieri esprime la crisi irreversibile del movimento anarchico nella società italiana di fine secolo, mentre i giovani socialisti rappresentano la parallela crescita di un movimento operaio ormai svincolato dalle perdenti illusioni del passato.
In quale delle due barche stanno i registi? Apparentemente in quella dei nuovi socialisti, più razionali e concreti dell'idealista Manieri, più di lui al passo coi tempi e con le nuove esigenze della modernità industriale che avanza, ma probabilmente essi indicano la necessità di una terza barca nella quale la generosa tensione verso l'utopia dell'anarchico possa fondersi con il lucido realismo dei socialisti.
I fratelli Taviani propongono la loro idea di Cinema dialettico (basato cioè sulla contrapposizione di elementi di difficile conciliazione) sia dal punto di vista dei contenuti, sia della forma. Da una parte la vicenda ci propone la figura dominante del conflitto (anarchici-Stato, certezze-dubbi, realtà-fantasia, oggettività-soggettività, maturità-regressione infantile, passato- presente, ideologia anarchica-ideologia socialista), dall'altra lo stile realizza il sovrapporsi e lo scontrarsi di codici e registri espressivi assai lontani tra di loro (contrasto immagine-musica, realismo-teatralità, interni-esterni, monologo-dialogo, staticità-movimento). Ne esce un film asciutto e nudo, che fa della povertà produttiva una risorsa, dalle scenografie di scarna e disadorna essenzialità, dalle brusche ellissi e che non concede niente all'identificazione emotiva dello spettatore. E questo perché l'obiettivo dei Taviani non è quello di porgere al pubblico una pedagogica e didascalica lezione di Storia che individui con chiarezza dove stanno la ragione e il torto, la giustizia e l'ingiustizia (secondo quello che era il modello prevalente del Cinema politico e civile degli anni Settanta), bensì quello di provocare crisi e di far riflettere, senza dare risposte definitive e rassicuranti.
Un film forse aspro e difficile, indubbiamente legato al vivace dibattito politico degli anni in cui fu realizzato, ma di spiccata originalità artistica e di grande pregio intellettuale. |
Autore critica: | |
Fonte critica: | pacioli.net |
Data critica:
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Critica 3: | |
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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