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Doors (The) - Doors (The)

Regia:Oliver Stone
Vietato:No
Video:Pentavideo, Bmg Video, Cecchi Gori Home Video (Pepite)
DVD:Cecchi Gori
Genere:Biografico
Tipologia:La musica
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Randal J. Johnson, Oliver Stone
Sceneggiatura:Randal J. Johnson, Oliver Stone
Fotografia:Robert Richardson
Musiche:The Doors
Montaggio:David Brenner
Scenografia:
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Dennis Burkley (Dog), Kevin Dillon (John Densmore), Josh Evans (Bill Siddons), Billy Idol (Cat), Val Kilmer (Jim Morrison), Kyle MacLachlan (Ray Manzarek), Meg Ryan (Pamela Courson), Frank Whaley (Robby Krieger)
Produzione:Sasha Harari - Bill Graham Films
Distribuzione:Cineteca del Friuli
Origine:Usa
Anno:1991
Durata:

136'

Trama:

Sconvolto per aver assistito da bambino - casualmente - alla morte di un vecchio pellerossa, a causa di un incidente stradale, Jim Morrison ne rimane segnato per tutta la vita, al punto di convincersi di essere la reincarnazione di uno sciamano. Studente di cinematografia in California, si cimenta in composizioni poetiche scapigliate, e legge con molta passione Kerouac, Nietzsche, in particolare Blake, che lo suggestiona con l'immagine delle "Porte", delle barriere, cioè, della percezione, che sfida a superare per raggiungere l'infinito. Con questo intento, il giovane Morrison fonda nel 1965 "The Doors" (Le Porte), un gruppo musicale di cinque amici, con il quale consegue ben presto i primi successi, davanti a platee in prevalenza giovanili, travolte dalle sue musiche scatenate e dal suo esibizionismo trasgressivo e sfrenato fino all'osceno. Allucinato dall'Lsd, scambia le proprie suggestioni deliranti per visioni mistiche, in cui riappare con insistenza uno sciamano, quasi sempre ubriaco e in preda ad ogni dissolutezza, confondendo privato e pubblico al punto da trasformare il palcoscenico in baccanale e gli spettatori in folle deliranti, in una sorta di follia collettiva. Nel 1971, ad appena 27 anni, Jim muore per collasso a Parigi.

Critica 1:Il film dovrebbe piacere a molti: per i ricordi che suscita, per la musica che lo invadono e, non certo come ultimo merito, per l'interpretazione straordinaria di Van Kilmer; i quarantenni vi riconosceranno (almeno in parte) Jim Morrison, i ventenni, da adesso, sapranno chi è stato.
Autore critica:Gian Luigi Rondi
Fonte criticaIl Tempo
Data critica:



Critica 2:Biografia di Jim Morrison, più che del complesso musicale di cui era il leader: un poeta con l'anima del pagliaccio, che corteggiava la morte, che raccontava come lo spirito di uno sciamano gli fosse entrato dentro quand'era ancora bambino, che morì fulminato da una crisi cardiaca (overdose di eroina?) a Parigi nel '71. "Jim Morrison è una figura leggendaria della contestazione del sistema e ha significato molto per la mia generazione..." dice Stone, classe 1946, che all'acme del successo dei Doors era in Vietnam e là ascoltava la loro musica. Vent'anni dopo ha fatto un film da 30 milioni di dollari, lirico, con magniloquenti ambizioni tragiche, impregnato della musica dei Doors (25 pezzi del loro repertorio), che tocca molti temi ma in cui i sentimenti dominanti sono la morte e la pulsione di distruzione.
Autore critica:
Fonte critica:Il Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 3:Michael Apted, alla mostra di Venezia, ha presentato per la prima volta in una proiezione pubblica un affascinante documentario dal titolo Incident at Oglala. Si tratta di un importantissimo documento che testimonia la grande battaglia che l'American Indian Movement (AIM) sta combattendo, dal 1968, anno della sua nascita ufficiale, per l'indipendenza degli Indiani. Questa organizzazione cerca di far recuperare la dignità di un popolo fiero e valoroso, e tenta con ogni mezzo di mettere fine allo sfruttamento ed alle ingiustizie che subiscono ogni giorno i popoli nativi, costretti spesso a degradanti ed offensive manifestazioni folkloristiche per turisti invadenti. Naturalmente questa lotta è duramente ostacolata dal governo americano che vede in essa un grosso pericolo per gli interessi economici che ruotano attorno all'intera “questione indiana”, principalmente a causa dello sfruttamento del territorio.
Tutto ciò diviene ancora più interessante se lo inseriamo nel discorso produttivo dell'ultima fatica di Apted: Cuore di Tuono. Probabilmente il regista, ancora fresco degli echi dell'impegno ambientalista di Gorilla nella nebbia, ispirato da un'idea del grande sceneggiatore John Fusco, si presenta all'appuntamento con i produttori, tra cui un instancabile Robert De Niro, e comincia a convincerli della validità, della fruibilità e della commerciabilità dell'idea: - che cosa succederebbe se, oltre ad un documentario interessantissimo, riuscissi a creare una storia di FBI e indiani poliziotto ambientata tra le ingiustizie ed i soprusi di una riserva con incontri ravvicinati di spiriti di antenati e crisi esistenziali di un agente mezzo indiano sottolineando furbescamente che si tratta di una storia vera?
A questo punto i produttori, dopo aver ascoltato attentamente il soggetto dall'euforico regista, cominciano a fare i loro calcoli. Per prima cosa c'è l'impegno ambientalista in una storia il cui realismo può benissimo essere annullato a favore della spettacolarità che paga (al botteghino); poi c'è la possibilità di usare attori di “moda”: l'indiano Graham Greene, assai quotato sul mercato e garanzia di successo (Balla coi lupi); Val Kilmer andrebbe benissimo per la parte dell'agente mezzosangue con forti conflitti interni che decide di mettersi dalla parte dei buoni - con i capelli lunghi, in The Doors, sembrava proprio un indiano, mentre con i capelli corti è il classico ragazzotto primo della classe americano, ma non importa; chissà se un attore attento ed impegnato come William Hurt o meglio Sam Shepard accetta di fare la parte dell'antagonista traditore? Potrebbe essere una mossa azzeccata per spingere al cinema anche quelli che pensano (a ragione) che non si tratta di un film serio e di stampo realista. È anche possibile costruire, all'interno della storia, una infinità di sottotrame che hanno come protagonisti il solito vecchissimo stregone indiano che vede il passato ed il futuro colloquiando con gli spiriti e una giovane indiana attiva nella battaglia dell'indipendenza contro la prepotenza dei bianchi “civilizzatori”. Sembrerebbe che ci siano tutti gli ingredienti per un'operazione vincente. E poi non dimentichiamoci che lo sceneggiatore è dei nostri; ha voluto provare l'ebbrezza della produzione e non si allontanerà troppo dalla nostra idea. (...) Il film naturalmente ha dalla sua una grande professionalità ed un indubbio impatto emotivo, soprattutto quando abbiamo a che fare con la descrizione nuda e cruda dei soprusi a cui sono sottoposti gli indiani. Ma siamo lontani mille miglia dalla stretta al cuore che ci prese durante la visione di Soldato Blu. (...) L'opera risente palesemente del colloquio tra un regista realmente interessato al problema (vedere il documentario per rendersene conto) ed i produttori che, come ingranaggi di un'industria spietata, fingono di credere al problema “indiano” sapendo che può essere un buon affare, troppo buono per gettarlo in pasto ad un'operazione realistica dagli esiti commerciali incerti. Così va il mondo del cinema spettacolo. A noi spettatori non rimane che la grande simpatia di un attore come Graham Greene, che riesce a illuminare lo schermo nonostante sia spesso usato come traduttore simultaneo, e una grande fotografia che impreziosisce il magico paesaggio desertico ed inospitale della riserva. (...)
Autore critica:Marzia Milanesi
Fonte critica:Cineforum n.317
Data critica:

9/1992

Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

A cura di: Redazione Internet
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