Sesso e potere - Wag the Dog
Regia: | Barry Levinson |
Vietato: | No |
Video: | Cecchi Gori Home Video |
DVD: | Home Vi |
Genere: | Satirico |
Tipologia: | Mass media |
Eta' consigliata: | Scuole medie inferiori; Scuole medie superiori |
Soggetto: | Tratto dal romanzo (America Hero" di Larry Beinhart |
Sceneggiatura: | Hilary Henkin, David Mamet |
Fotografia: | Robert Richardson |
Musiche: | Mark Knopfer |
Montaggio: | Stu Linder |
Scenografia: | Wynn Thomas |
Costumi: | |
Effetti: | |
Interpreti: | Dustin Hoffman, Robert De Niro, Michael Belson, Kirsten Dunst |
Produzione: | Jane Rosenthal, Robert De Niro, Barry Levinson per New Line, Tribecca, Baltimore Pictures, Punch |
Distribuzione: | Cecchi Gori |
Origine: | Usa |
Anno: | 1997 |
Durata:
| 99'
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Trama:
| Mancano due settimane alle elezioni presidenziali, e il Presidente degli Stati Uniti in carica viene coinvolto in uno scandalo, per le possibili accuse derivanti dalla violenza subita da una minorenne all'interno della Casa Bianca. Prima che l'incidente possa causare danni irreparabili per la rielezione, viene chiamato alla Casa Bianca Conrad Brean, consulente esperto di mass media, al quale viene affidato il compito di fare in modo che l'opinione pubblica sia impegnata con qualche altro avvenimento, così da coprire l'eventuale svolgersi della "questione" che coinvolge il Presidente. Conrad ha una straordinaria abilità nel manipolare politica, stampa e popolazione. Si reca subito in California, e, a Los Angeles, coinvolge abilmente Stanley Motss, regista e produttore, a partecipare all'impresa. Dopo avere buttato giù varie idee, viene trovata quella giusta. Si farà credere, attraverso giornali e televisioni, che è scoppiata una guerra, alla quale gli Stati Uniti non possono non partecipare. Viene individuata l'Albania come luogo dove prendono il via le ostilità, vengono girati in studio finti servizi di finti inviati dal fronte di guerra, arrivano le prime vittime americane di guerra. Si allestisce il funerale, secondo la solenne tradizione americana. Ma a questo punto Stanley si ribella e non vuole più stare al gioco. Mentre Conrad cerca di dissuaderlo, Stanley muore per attacco cardiaco. Alla televisione intanto, uno speaker annuncia che c'è stato un attacco di terroristi albanesi e che il Presidente ha allertato l'esercito.
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Critica 1: | Dal regista di Rain Man, un indovinato e antiretorico apologo "doppiostatista" sul gioco sporco del potere: quando l'industria dei sogni incontra quella delle frottole. Politica e cinema a braccetto in un film velenoso e divertente che racconta, con spietata lucidità, l'eterna illusione di un mondo che non può più permet- tersi di credere a niente e a nessuno. Una grande e corrosiva riflessione sulla forza mistificatoria e manipolatrice del "palazzo" e dei media che, consapevolmente o meno, lo servono: su col morale, non c'è vita che non si possa aggiustare con l'aiuto di un buon produttore. Meno nervoso di Bob Robertsma acuto quanto La seconda guerra civile americana, Sesso e potere (un titolo che immaginiamo partorito al termine di stremanti e concitate riunioni fiume) cancella il già labile confine che divideva la realtà dalla sua stessa proiezione,interrogandosi, con leggerezza di cui gli siamo grati, circa la falsità "congenita" della visione. |
Autore critica: | Filiberto Molossi |
Fonte critica | Duel |
Data critica:
| 28/5/1998
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Critica 2: | Cosa fareste se foste il presidente degli Stati Uniti e, a 11 giorni dalle elezioni che dovrebbero riconfermarvi alla carica, scoppiasse il classico Sexygate? Se una ragazza di Santa Fe, New Mexico, dichiarasse al Washington Post che mentre era in visita alla Casa Bianca il presidente l'avesse portata in una stanza accanto allo studio ovale e le avesse fatto... quelle cose lì? No, Clinton non c'entra. Questa volta siamo nella finzione del nuovo film di Barry Levinson, Sesso e potere (come è stato reintitolato in italiano il pressoché intraducibile Wag the dog), tratto dal romanzo di Larry Beinhart “American Hero” e uscito con clamorosa tempestività sugli schermi americani il 9 gennaio, nel pieno della battaglia legale di Clinton contro Jones, Lewinski e associate. Ma il Sexygate è solo il punto di partenza del film di Levinson, che percorre a passo di corsa, e con qualche scorciatoia di credibilità, la vecchia ipotesi, ampiamente diffusa otto anni fa, ai tempi della guerra del Golfo, secondo cui i presidenti americani tendono a inventarsi (e ad amplificare) una diversione bellica quando devono far dimenticare qualche problema di altra natura. Con una piccola differenza: che, diversamente che nel caso di Bush (il Golfo) e di Reagan (Grenada), la diversione bellica del presidente di Sesso e potere non è inventata direttamente dai suoi consiglieri militari, ma da un produttore cinematografico, ed è diffusa da una rete compiacente. Insomma, è una guerra di fiction costruita al computer, una guerra virtuale che serve solo a distrarre l'attenzione del pubblico dall'accusa che ha colpito il Presidente - e ad aumentarne insieme (come dice l'esperienza storica) la popolarità. Poco importa poi se l'accusa è vera o falsa: nel regno del virtuale è il fatto stesso che circoli a farla diventare reale. Come dimostra l'istruttiva storiella circa un politico che accusava il suo rivale di scoparsi una pecora. I suoi consiglieri gli dicevano che non era vero. E il politico rispondeva: "Lo so, ma voglio sentirlo quando dovrà negare pubblicamente la cosa"... Nel film, insomma, l'indice non viene puntato tanto sui media quanto sulle manipolazioni che il potere riesce a imporre ai medesimi. Lo specialista dei momenti di crisi chiamato a soccorso dall'addetta stampa del presidente è Bob De Niro. Il produttore cinematografico che inventa la guerra elettronica è Dustin Hoffman. Il nemico prescelto per l'operazione cyber-diversiva è l'Albania. (...) Sesso e potere non è Il dottor Stranamore: parte da un'idea forte anche se non nuovissima (ricordate Capricorn One, dove si immaginava una spedizione su Marte simulata da una base nel deserto americano?) e la tira (con divertimento, qualche momento ripetitivo e una regia non propriamente esaltante) fino all'estremo sviluppo possibile. Ma De Niro e Hoffman - taciturno e freddo il primo, eccitato e loquace il secondo - intrecciano un duetto strepitoso, e la sceneggiatura firmate da David Mamet e Hillary Hankin (ma, pare, quasi totalmente mametiana), si fa allegramente beffe della cultura e dei miti patriottici americani, con la complicità di un vecchio eroe della musica folk come Willie Nelson che incarna se stesso e compone la canzoncina strappalacrime destinata ad accompagnare il ritorno dello pseudoeroe. In America il film si è beccato l'accusa di cinismo. E lo si capisce. La satira fa male, e gli americani non amano forse sentirsi dire sulle loro guerre le cose poco lusinghiere che dice il gelido ma lucido De Niro.
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Autore critica: | Irene Bignardi |
Fonte critica: | la Repubblica |
Data critica:
| 10/4/1998
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Critica 3: | |
Autore critica: | |
Fonte critica: | |
Data critica:
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Libro da cui e' stato tratto il film |
Titolo libro: | American Hero |
Autore libro: | Beinhart Larry |
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