Eraserhead la mente che cancella - Eraserhead
Regia: | David Lynch |
Vietato: | No |
Video: | Biblioteca Panizzi |
DVD: | |
Genere: | Fantasy |
Tipologia: | Le diversità |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | David Lynch |
Sceneggiatura: | David Lynch |
Fotografia: | Herbert Cardwell, Frederick Elmes |
Musiche: | Peter Ivers, David Lynch |
Montaggio: | David Lynch |
Scenografia: | |
Costumi: | |
Effetti: | |
Interpreti: | John Nance, Charlotte Stewart, Jeanne Bates, Judith Anna Roberts, Jack Fisk, Laurel Near |
Produzione: | David Lynch |
Distribuzione: | Ventana |
Origine: | Usa |
Anno: | 1977 |
Durata:
| 100'
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Trama:
| Henry Spencer, tipografo, vive da solo in uno squallido appartamento fra le allucinazioni che la sua mente malata visualizza. Durante un grottesco pranzo in casa dei suoceri, appreso che la sua ragazza Mary è incinta, viene obbligato a sposarla, Nasce un "baby" mostriciattolo orrendo e frignante che la madre, disgustata, abbandona alle cure di Henry il quale, esasperato, lo uccide. Dal corpo in disfacimento del piccolo fuoriescono esseri strani che infestano la casa e la vita di Henry.
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Critica 1: | Definito dal regista (cui costò quattro anni di lavoro e poche migliaia di dollari) "un sogno di cose oscure e inquietanti". Un incubo popolato di incubi: il giovane Henry dai capelli ritti a presbitero; l'epilettica Mary che partorisce un mostriciattolo con la testa di un coniglio scuoiato; un teatrino tra gli elementi di un radiatore; la testa di Henry che si stacca dal corpo ed è portata in una fabbrica per farne gommini per cancellare; la testa del neonato che galleggia nell'aria. In bilico tra espressionismo e surrealismo, è un microcosmo formale autonomo sotto il segno della sterilità e della corruzione che evita simbolismi, allegorie, interpretazioni psicoanalitiche e ispira una sorta di angoscia metafisica e di paura ripugnante. Il linguaggio è classico, ma Lynch ne fa un uso aberrante nella dilatazione dei tempi e dei suoni. Straordinario, ingombrante, intollerabile, divenne un film di culto nei cinema di mezzanotte. |
Autore critica: | |
Fonte critica | Il Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli |
Data critica:
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Critica 2: | Terminato nel 1976, dopo una lavorazione durata cinque anni sulla scorta dei finanziamenti a singhiozzo provenienti dall'American Film Institute e da altre fonti, trovate con fatica dall'autore, Eraserhead fa il suo esordio in una sala di Los Angeles. I Cahiers du Cinéma, in un articolo dedicato al culto di questo film, informano che l'opera di Lynch alla prima uscita riscosse un debole successo. Questo arrivò crescente da quando si iniziò a programmarla a mezzanotte In alcune.sale di New York e della West Coasi, continuando un'esperienza già avviata con El Topo di Jodorowsky e proseguita trionfalmente con The Rocky Horror Picture Show.
La stretta funzionalità di Eraserhead alle proiezioni della tarda nottata ebbe una clamorosa controprova nel 1980 quando, a seguito dei successo dì critica e di pubblico ottenuto da Lynch con Elephant Man, il primo lungometraggio del regista venne ripresentato in un locale newyorchese in orario normale: fu un completo fallimento. Condannato a essere un midnight movie, il film afferma definitivamente la propria radicale estraneità al contesto cinematografico e alle sue pratiche. Già la lunghezza della realizzazione l'aveva posto al di fuori della dinamica domanda - offerta, a cui la produzione hollywoodiana, anche se povera, anche se indipendente, anche se concettualmente avanzata, di solito fa riferimento. Lo sbocco in un mercato imponderabile, caratterizzato da teniture a tempo indeterminato e da aspettative in gran parte extracinematografiche, sottrae li film al ciclo di sfruttamento del prodotto, lo rende un unico, eppure reinventabile a ogni successiva visione, in qualche modo un non - film: un “oggetto” (come il misterioso asteroide) alla deriva nelle notti insonni dei suoi cultori.
Ciò che potrebbe differenziare un film di mezzanotte dagli altri è la sua riutilizzabilità: la maggior parte degli spettatori sono alla seconda o terza visione e non sono più soggetti alle sorprese dei racconto cinematografico. Cade nei loro confronti il fascino di una scoperta “dal buco della serratura”, fatta di rivelazioni successive e di continue modifiche nel rapporto fra ciò che è mostrato e ciò che si immagina o si pre-vede. È questa una condizione che si realizza nel completo distacco, così come è percepito dal pubblico, fra lo schermo e la sala. Si capta qualcosa che avviene “altrove” e di cui non si può aver certezza; il che trasmette, nella progressione conoscitiva, l'effetto di una successione.
Il film visto più volte viene recepito invece come totalità e l'interesse dello spettatore in tal caso può essere suscitato soltanto dalla possibilità di smontare e riutilizzare l'oggetto nella situazione sala, che diventa il vero luogo di definizione del film. I rituali collettivi scatenati anche a Milano da The Rocky Horror... sono culminati in un inscenamento della vicenda (in parallelo con la proiezione) da parte di spettatori-attori, vestiti e atteggiati nell'identica maniera dei personaggi. Ma in questo sdoppiamento puramente imitativo, nella teatralizzazione (suggerita, non c'è dubbio, dalla struttura musical), il film ha terminato il suo percorso sotterraneo, in dialettica con suggestioni private e desideri inconsci, per approdare a una manifestazione goliardica. Le “creature della notte” sono state esorcizzate e il limbo sessuale dei personaggi ricondotto, attraverso la mascherata davanti allo schermo, alla semplice esibizione di un trucco.
Va detto però che The Rocky Horror... appartiene fin dall'inizio alla cultura camp - warholiana degli anni Sessanta, a un grottesco degradato, volutamente contrario (ma quanti l'han capito?) a un'amplificazione fantastica e a una reinvenzione che non sia ripetizione di stereotipi. Eraserhead, quantunque attraversato dallo stesso orrore della procreazione e animato da una coppia di sposi ugualmente perbenista e candida, appartiene all'epoca dei punk, a una visione alienata, non mediabile, della realtà: non più colori kitch e sfondi carosello, ma un universo metropolitano in bianco e nero, reso assoluto e nello stesso tempo atomizzato in det-tagli che negano la possibilità di raffigurarsi un insieme, producendo l'effetto di un'apocalissi incombente. Macchi-nari da archeologia industriale e ponti in cemento armato, sbuffi di locomotive a vapore e sibili di jet: la città è un accu-mulo di reperti eterogenei, un'entità ormai senza tempo, tendente al caos originario.(…)
La pittura di Francis Bacon, esplicitamente citato da Lynch. In un'intervista, pare il riferimento più probabile: la sfigurazione dell'immagine, il suo corrompersi sotto una luce impietosa e nello stravolgimento della prospettiva, la contemplazione della caduta dell'umano come disfacimento della sua rappresentazione e sedimentazione di forme mostruose, sono i tratti del pittore inglese che hanno esercitato un forte fascino sul regista. Accomuna entrambi la metafisica dell'orrido: la caduta non si lascia fissare in un'immagine negativa, è vertigine e trasformazione.(…) |
Autore critica: | Ludovico Stefanoni |
Fonte critica: | Cineforum n. 212 |
Data critica:
| 3/1982
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Critica 3: | |
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Data critica:
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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