Incredibile verita' (L') - Unbelievable Truth (The)
Regia: | Hal Hartley |
Vietato: | No |
Video: | Biblioteca Rosta Nuova, visionabile solo in sede - Columbia Tristar Home Video |
DVD: | |
Genere: | Drammatico |
Tipologia: | Spazio critico |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Hal Hartley |
Sceneggiatura: | Hal Hartley |
Fotografia: | Michael Spiller |
Musiche: | Jim Coleman, Kendall Brothers, Phil Reed, Wild Blue Yonder |
Montaggio: | Hal Hartley |
Scenografia: | Carla Gerona |
Costumi: | |
Effetti: | |
Interpreti: | Robert Burke (Josh Hutton), Christopher Cooke (Vic Hugo), Julia Mueller (Pearl), Adrienne Shelly (Audrey Hugo) |
Produzione: | Action Features |
Distribuzione: | Non reperibile in pellicola |
Origine: | Usa |
Anno: | 1990 |
Durata:
| 87’
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Trama:
| Si tratta del primo film del regista indipendente di Uomini semplici e Trust - Fidati, uno dei migliori autori contemporanei. Josh ha passato un lungo periodo in prigione, perché accusato di due omicidi. Ora fa il meccanico e la figlia del proprietario lo ama. I problemi non mancano ma alla fine la verità sull'antica tragedia fugherà le nubi.
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Critica 1: | Lungometraggio d'esordio di Hal Hartley, forse il prodotto più interessante dell'attuale cinema indipendente americano, il film si costruisce come un saggio su un antico problema dell'uomo: la decisione, il dover decidere. Josh è un giovane appena uscito dal carcere a causa di un delitto che non aveva mai commesso. Tornato in libertà si scontra subito con la diffidenza e l'ostilità della gente per un ex carcerato. Giunto al paese d'origine incontra Pearl, che vedendolo sviene. Josh anni prima aveva involontariamente provocato la morte della sorella di Pearl in un incidente. Andando a chiedere perdono al padre della ragazza, questi si era sentito male ed era caduto dalle scale, morendo sul colpo, e il povero Josh, creduto colpevole, fu condannato per omicidio. La vita riprende lentamente per Josh che trova lavoro presso l'officina di Vic. Audrey, figlia di Vic, si innamora di lui, che la respinge, e allora lei va a New York per intraprendere la vita di fotomodella. Le foto di Audrey nuda arrivano in mano al padre che invia Josh a riprendersela. Josh la trova insieme al fotografo e lancia verso la loro finestra un libro. Audrey lo insegue e tornati a casa, sulla spiaggia, tra i due inizia una storia d'amore. Una storia che a raccontarla sembra banale, ma che nelle abili mani di Hartley si trasforma in una profonda - e ironica - disamina dei problemi con cui l'umanità è tutti i giorni portata a confrontarsi: la fiducia nell'altro, il confronto con i propri desideri e le proprie scelte, l'amore. |
Autore critica: | Fabrizio Liberti |
Fonte critica | Cineforum n. 337 |
Data critica:
| 9/1994
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Critica 2: | The Unbelievable Truth, il lungometraggio a esordio di Hartley, è uno studio preciso (fino all artificialità) su come si prendono decisioni; è anche una commedia che trasporta senso, anzi molti sensi. Josh, che tutti scambiano per un prete (e non gli deve dispiacere: «Ammiro le persone che si dedicano a qualcosa»), fa il meccanico ed è appena uscito di prigione, condannato per un delitto che in realtà (lo si saprà alla fine) è stato un incidente. Josh torna a casa, trova lavoro nel garage di Vic, e Audrey, la figlia del padrone, si innamora di lui. Posizionati gli elementi, iniziano contatti e scambi. Tra Audrey e il padre è un continuo stabilire e ritrattare accordi: su quali studi Audrey debba scegliere, se debba continuare a studiare o piuttosto accettare di posare come modella per foto pubblicitarie e fare un sacco di soldi. Un accordo anche tra Josh e il padre di Audrey: stipendio aumentato se Josh non vedrà più la ragazza. La scena in cui Audrey va a trovare Josh con l’ intenzione di fare l'amore può essere considerata emblematica del modo di far cinema di Hartley. Josh sta ripulendo e imbiancando casa. Audrey arriva, inciampa su un libro (circolano molti libri nei film di Hartley: farsi una cultura è considerato un buon obiettivo), cade, si rompe una calza, si sbuccia un ginocchio. Le cose cominciano a non andare come dovrebbero. Audrey chiede a Josh di spiegarle il funzionamento di un pezzo meccanico che sta lì sui gradini. E la scatola della trasmissione, ingranaggi che assolvono con precisione al loro compito. Josh sa tutto di trasmissioni meccaniche. Ma Audrey non lo sente più, incantata a guardarlo, sente raddoppiate le parole di Josh, gli chiede se vuole fare l'amore con lei. Josh entra in casa, torna con un cerotto per il ginocchio di Audrey e le dice di no.
C'è una vena puritana in Hartley: i corpi non si toccano, se non tra uomini e solo per picchiarsi; il sesso è nascosto; le foto di Audrey nuda non sono mostrate allo spettatore. La meccanica del desiderio è molto più pericolosa di quella automobilistica e Josh, che ama il proprio mestiere ed è affascinato dalla precisione con cui lavorano gli ingranaggi, non si azzarda a passare alla instabile meccanica umana. I contratti di Audrey con il padre sono di tipo mercantile, una cosa in cambio di un'altra; per questo sono rinegoziabili di frequente. Hartley, che fa dei film per studiare come le persone prendono delle decisioni (come si comportano di fronte a una scelta; come si costruiscono una coscienza o un'etica), posto il triangolo Josh - Audrey - Vic, si chiede se siano possibili tra i vertici del triangolo dei patti non mercantili, in cui cioè non si scambi denaro contro se stessi, dei patti basati sulla fiducia, non sul baratto. La risposta viene data, in extremis, da Josh che prende la decisione di aver fiducia in Audrey (ritornata a casa dopo l'avventura pubblicitaria). Non si può credere che tutti mentano. Tutti mentono è una proposizione insostenibile (lo sapeva già il cretese Epimenide, quello che diceva che tutti i cretesi sono bugiardi). Sostenere che tutti mentono (anche chi sta parlando) porta a negarsi ogni possibilità di scelta. Josh, nella scena finale (un disvelamento in piena regola, con tutti che si incrociano, tutti che pensano che tutti mentano), sceglie di aver fiducia in Audrey che glielo chiede esplicitamente («Devi avere fiducia in me»). Josh si allontana un poco, torna verso Audrey, la alza per la vita (alla stessa maniera in cui un altro testardo rappresentante della sfiducia nell'uomo, in un grande western di Ford, sollevava un'altra ragazza) e dice: «Io non mi fido di nessuno». La decisione di fidarsi è presa; solo le parole restano, ancora una volta indietro. Gli ingranaggi della meccanica umana non combaciano mai perfettamente. Il cinema di Hartley, filmmaker americano di periferia che gira film all'europea, ha richiamato, nelle già piuttosto numerose analisi critiche, un buon numero di registi ispiratori. Lo sperimentale Godard, anzitutto; poi i comportamentisti trascendentali Rohmer e Bresson; poi i colleghi Kaurismàki e Almodovar (quest'ultimo riferimento ci pare fuorviante); i classici Lang e Ray, maestri di avventure morali, insieme a Hawks e a Preston Sturges, registi di commedie, intenditori di meccanica umana e cinematografica. Aggiungiamone un altro, di nome. Hartley ha in mente di fare molti film; gli basta scegliere una domanda, una situazione in cui c'è una decisone da prendere: «Penso che presto farò un film in Europa. Mi piacerebbe molto fare dei film centrati su una situazione come quella di vivere in un'altra cultura; potrei girare una decina di film sul solo spunto di essere completamente perduto, di non sapere neppure chiedere la strada. Questo sarebbe un eccellente pretesto per esplorare la maniera con cui si prendono delle decisioni». Come a Rohmer, anche ad Hartley basta poco per inventare una storia. E visto che nei suoi film sono sempre le famiglie a costituire lo spazio (topologico) dentro (e fuori) cui muoversi, Hartley ci fa venire in mente Ozu, un regista che ha scavato per anni lo stesso pezzetto di terra, che ha rigirato lo stesso ingranaggio (famigliare) per tanti film. Tra Godard e Ozu, alla periferia di New York, lontano da Hollywood. |
Autore critica: | Bruno Fornara |
Fonte critica: | Cineforum n. 320 |
Data critica:
| 12/1992
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Critica 3: | |
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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