A proposito di Schmidt - About Schmidt
Regia: | Alexander Payne |
Vietato: | No |
Video: | Warner Bros |
DVD: | Warner Bros |
Genere: | Drammatico |
Tipologia: | Le diversità |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | dal racconto omonimo di Louis Begley |
Sceneggiatura: | Alexander Payne, Jim Taylor |
Fotografia: | James Glennon |
Musiche: | Rolfe Kent, Erik Satie |
Montaggio: | Kevin Tent |
Scenografia: | Jane Ann Stewart |
Costumi: | Wendy Chuck |
Effetti: | E=Mc2 - Pat Tagliaferro |
Interpreti: | Jack Nicholson (Warren Schmidt), Hope Davis (Jeannie Schmidt), Dermot Mulroney (Randall Hertzel), Kathy Bates (Roberta Hertzel), June Squibb (Helen Schmidt), Howard Hesseman (Larry Hertzel), Connie Ray (Vicki Rusk), Harry Groener (John Rusk), Len Cariou (Ray Nichols), Mark Venhuizen (Duncan Hertzel) |
Produzione: | New Line Cinema - Avery Pix |
Distribuzione: | Nexo |
Origine: | Usa |
Anno: | 2002 |
Durata:
| 125’
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Trama:
| Warren Schmidt è un uomo depresso e avvilito: è in pensione ed è vedovo di recente. Incerto sul suo futuro così come delle scelte fatte nel passato, decide di fare i bagagli per un viaggio attraverso il Nebraska, per essere presente al matrimonio della figlia con un venditore di letti ad acqua. Eppure ogni cosa che fa, sembra sbagliata e Warren sembra destinato a finire la sua vita così come l'ha vissuta: un fallimento. Ma lungo la strada Warren racconta il suo viaggio e le sue osservazioni ad un interlocutore inaspettato, un ragazzino povero della Tanzania che sta sovvenzionando per 73 centesimi al giorno. Nelle sue lunghe lettere al ragazzino, Warren inizia a vedere se stesso e la vita che ha vissuto con occhi diversi.
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Critica 1: | Guidato con sicurezza e maestria da un Nicholson quasi settantenne dalle dita gonfie, la camicia piena ad altezza della vita, le palpebre a mezzaria e la bocca sempre semiaperta, il film tratteggia con maliziosa ricchezza uno spaccato americano di vita media e lontana dalle grandi metropoli, ma allo stesso tempo libera con sospetto scetticismo, al di sotto della brillante satira, una concezione spietata e vigile del destino di individui normali. Nessuno dei quali sarà mai troppo assopito da non risvegliarsi prima o poi e chiedersi, al proprio crepuscolo, che tracce potrà mai aver lasciato. Schmidt/Nicholson potrà contare solo su quelle che il piccolo Ndugu gli testimonia, in una inquadratura finale dolce e triste che solo qualche secondo di durata in meno avrebbe privato di un retrosapore dolciastro. Come tutti i veri umoristi, Payne sa bene che ogni vera commedia affonda le proprie radici in un fondo nascosto di atroce pessimismo. |
Autore critica: | Mario Sesti |
Fonte critica | |
Data critica:
| 23/1/2003
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Critica 2: | Un uomo, da poco in pensione, piange. Ha appena ricevuto per lettera un disegno. Di un bambino in Africa, Ngubu, che il signore ha adottato a distanza. Il disegno mostra un adulto che tiene la mano di un bambino. Siamo nel Nebraska, nel 2003.
A proposito di Schmidt è un viaggio nella profonda provincia americana, ma anche un «viaggio dell'anima» di un americano che più medio di così non si può: vedovo da poco, ha smarrito il senso della propria vita. Anzi, ha il sospetto che la propria vita un senso non lo abbia mai avuto. Il lavoro come assicuratore, quarant'anni di matrimonio, un'esistenza fatta di niente, di piccole manie e di riti quotidiani, dal toast del mattino alla birra al pub: tutto sembra sgretolarsi. Il film è stato accompagnato da una vibrante campagna promozionale, sostanzialmente incentrata sull'immensa prova d'attore di Jack Nicholson. E in effetti si tratta di una delle più straordinarie interpretazioni di Jack Nicholson.
Il film ci racconta la (presunta) innocenza americana. Innocenza - che ama rappresentarsi come candida, infantile, ingenua - che non è mai esistita. Ma quest'innocenza idilliaca affonda le sue radici nell'immagine che ha di sé la grande, immensa, provincia americana. È fatta di piccole cose: la candida casetta con il garage, l'hamburger, gli affetti familiari, la dedizione per il lavoro. È lì, nella provincia, che trova la sua somma celebrazione, lì trova linfa vitale, lì inizia a fluttuare dalla dimensione personale a quella collettiva, da quella collettiva fino a quella mondiale.
L'ingenuità - ottimistica e sentimentale, culturale fino ad essere «politica» - dei tanti Schmidt è il fondamento su cui poggia l' american way of life. La quale è fatta delle certezze degli Schmidt: la carriera, la famiglia, la purezza del sogno a stars & stripes (un estasiato - e ingenuo - Schmidt ad un certo punto visita un museo che celebra le immortali gesta dei pionieri). I tratti dell'americano cosiddetto «medio» sono indagati con attenzione quasi «antropologica»: la passione per piccoli ninnoli di ceramica per Schmidt, la sua insistita gentilezza, la distanza siderale (ancora una volta: culturale) che lo separa dal resto del mondo; la camicia hawaiana, il cane da passeggio, le coloratissime cartoline dalle cascate del Niagara, l'insistente «correttezza» nei modi e nei rapporti. Soprattutto, la menzogna: alla figlia, al bambino adottato a distanza della Tanzania, e soprattutto a se stesso. Eppure sei portato a volergli pure bene, con tutte le sue paure e le sue bugie: è talmente compresi nella loro visione del mondo da non concepire altra possibilità che imporla. Schmidt non vuole che la figlia si sposi con un tale che lui considera un idiota., il secondo nientemeno che al Vietnam. |
Autore critica: | Roberto Brunelli |
Fonte critica: | L’Unità |
Data critica:
| 3/3/2003
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Critica 3: | Variamente apprezzato a Cannes, A proposito di Schmidt è un film che si differenzia radicalmente dal prodotto medio americano per come contraddice una tradizione intangibile del cinema di Hollywood: quella secondo cui tutte le storie narrate, anche le più negative, sono pregne di senso esistenziale. Quale senso ha mai la vita di Warren Schmidt, un "signor Rossi" sessantaseienne, già funzionario di un'impresa di assicurazioni e per il quale è suonata l'ora della pensione? Perduta anche la moglie, ormai quasi un'estranea, Schmidt si prepara a vivere in perfetta solitudine gli ultimi anni di un'esistenza banale e povera d'amore (post-mortem della consorte, tra l'altro, ha scoperto che in gioventù la donna lo tradiva col suo migliore amico). Pieno di rabbia e paura, l'uomo attraversa il Nebraska in camper per partecipare alle nozze dell'unica figlia, che sta per sposare un idiota. Gli incontri con esponenti del sesso femminile sono fallimentari, grotteschi: e la responsabilità è perlopiù di Schmidt. Il quale, perfetto antieroe della mezza età, si mette - sì - "on the road again" ma per compiere, contro ogni convenzione, un itinerario senza alcun riscatto finale.
Lungo il percorso il tono di commedia amara strappa allo spettatore parecchie risate (l'adozione a distanza del bimbo africano); ma a denti stretti e che, alla fine, lasciano stretta anche la bocca dello stomaco. Vedi soprattutto i vacui discorsi pronunciati alla cerimonie (festa di pensionamento, funerale, matrimonio) pretendendo, penosamente, di attribuire significato a ciò che non ne ha.
L'unica cosa da rimpiangere è che Payne, acuto sguardo satirico sull'America e indiscutibile talento di ritrattista (un critico francese lo ha paragonato a Flaubert), non sia altrettanto bravo come regista e si accontenti di una messa in scena piuttosto piatta.
Ciò non toglie che il suo sia un film fuori del comune, per il modo in cui dinamita l'ideologia del successo, principale prodotto d'esportazione Usa, in una visione sconsolata ma molto più realistica della vita vera di un americano medio. E per l'interpetazione di Nicholson, beninteso. Taluno lo troverà eccessivo, e forse lo è. Però il diabolico Jack, alle prese con un personaggio al cui confronto il commesso viaggiatore di Arthur Miller pare un eroe romantico, varia per tutta la tavolozza dei sentimenti (ira e paura, umiliazione e ribellione, speranza e rimpianto) trovando momenti di autentico genio. |
Autore critica: | Roberto Nepoti |
Fonte critica: | La Repubblica |
Data critica:
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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