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Popolo migratore (Il) - Peuple migrateur (Le)

Regia:Jacques Perrin; Jacques Cluzaud; Michel Debats
Vietato:No
Video:Medusa
DVD:Eyescreen
Genere:Documentario
Tipologia:Natura e ambiente
Eta' consigliata:Scuole elementari; Scuole medie inferiori; Scuole medie superiori
Soggetto:Valentine Perrin
Sceneggiatura:Jacques Perrin, Stephane Durand, Francis Roux
Fotografia:Michel Benjamin, Sylvie Carcedo-Dreujou, Laurent Charbonnier, Luc Drion, Laurent Fleutot, Philippe Garguil, Dominique Gentil, Bernard Lutic, Thierry Machado, Stephane Martin, Fabrice Moindrot, Ernst Sasse, Michel Terrasse, Thierry Thomas
Musiche:Bruno Coulais
Montaggio:Marie-Josephe Yoyotte
Scenografia:Regis Nicolino
Costumi:
Effetti:Manfred Buttner
Interpreti:
Produzione:Bac Film - Cnc - Eyescreen S.R.L. - Filmstiftung Nordrhein-Westfalen - France 2 Cinema - France 3 Cinema - Galatee Films - Le Studio Canal+ - Les Productions Jmh - Les Productions De La Gueville - Pandora Filmproduktion - Television Suisse-Romande - Wanda Vision S.A
Distribuzione:Lucky Red
Origine:Francia - Germania - Italia - Svizzera
Anno:2001
Durata:

92'

Trama:

Un viaggio attraverso il mondo degli uccelli migratori. Chi sono, dove vanno e perché ogni anno percorrono le stesse migliaia di chilometri per raggiungere le loro destinazioni al cambio delle stagioni, sfidando ogni sorta di pericolo e di intemperie. Il documentario porta lo spettatore alla scoperta di un pianeta libero e senza confini.

Critica 1:Le macchine da presa dislocate e inviate lungo le latitudini e le longitudini del globo planano, virano, si impennano, atterranno e decollano. Si mescolano e si mimetizzano tra gli uccelli in volo. Uccelli che migrano e che sorvolano savane, deserti, ghiacci, grattacieli newyorchesi, ponti parigini, canyon di celebri western. Jacques Perrin, (produttore e coregista) è l'anima, l'istruttore, il maestro di questo incredibile volo costato quattro anni di preparazione e riprese. Uno sforzo epico per filmare la leggerezza degli uccelli, la loro mitica libertà, l'immensità del cielo e della Terra, il segreto ancestrale della migrazione. "Il popolo migratore" é un altro capitolo di quelle fiabe naturalistiche che negli anni passati ha già guardato da vicino e si sono mescolate con amore e stupore con le scimmie ("le peuple singe") e con gli insetti (Microcosmos, il popolo dell'erba). Lo splendore del mondo animale, la meraviglia primigenia sono le correnti d'aria di questo affresco ornitologico zavorrato da una musica troppo elegiaca e da "world soup". Nel dare struttura e ritmo a questa avventura volante si smussa il sensazionalismo documentaristico e si migra dal saggio etologico all'opera didatti e alla fiction.
Autore critica:Enrico Magrelli
Fonte criticaFilm TV
Data critica:

19/11/2002

Critica 2:Inizia con la luna, suggestivo e segreto. E' raccoglimento, silenzio, è concentrazione. Non solo "spostamento", ma rito e gesto ripetuto. Lo spazio è territorio, mappa conosciuta e ripercorsa, tramandata. E' un viaggio che strema, ma che significa vita, ricambio, ciclicità. 36 i paesi "sorvolati", 4.000 uccelli utilizzati e 4 anni di riprese. Jacques Perrin, già produttore di Microcosmos (1996) e Himalaya - L'infanzia di un capo (1999), torna ad affrontare la forma documentaria. ll popolo migratore assorbe e riproduce suoni che, ancor più delle parole, testimoniano ed educano. C'è una voce fuori campo, ma si limita a commenti discontinui, chiarimenti che si perdono nell'immagine lasciando spazio allo sguardo e all'arricchimento che deriva da un insegnamento-spettacolo, ll quadro appartiene a esseri naturali estesi verso gli spazi, gli uccelli migratori; si racconta una storia, non una favola. L'occhio guarda e cerca. Panoramiche e tuffi nel vuoto, inquadrature intense, vaste, aperte ma costrette a un confronto sempre più insistente con immagini tronche, incompiute, presenze incalzanti che mostrano integra la violenza. Immagini sempre più lente, per assaporare: cresce la consapevolezza del dolore, di una morte aggressiva, di una fine inevitabile, normale, di una debolezza non risparmiata. La natura è anche cattiva, o semplicemente completa. Inutile abbandonarsi all'idea di vedere un mondo fatato, non è quello lo scopo, l'immagine è strumento e indagine sulla realtà. ll popolo migratore è traduzione per immagini di una riflessione tra uomo e natura. Non c'è lotta tra giusto e ingiusto, c'è solo completezza e perfezione: non assenza di macchie, ma equilibrio innato che si rigenera nonostante le inevitabili interferenze che la natura incontra. In tutto questo l'uomo si inserisce come soggetto-ospite, ma il suo effetto non è meno brutale di altri, forse è semplicemente più "artificiale", più stonato. Non viene dimenticata la negatività del suo intervento, ma si va anche oltre l'idea di uomo deturpatore, inglobandolo nella realtà dove bene e male, dramma e gioia rappresentano un'intoccabile, eterna quotidianità, dove il confronto implica il riconoscimento di ciò che è "ingiusto", ma non la condanna perché anche ciò che si percepisce come male è natura e fatto. Eppure, nonostante l'innegabile ruolo che l'uomo si è ritagliato, rimane una distanza, un senso di inferiorità, di inadeguatezza. C'è chi, invece, possiede e appartiene agli spazi, chi vive in comunione con il resto senza strumenti né tecnologie per sentire e trovare. C'è chi è già «ago della bussola» e conosce stelle, venti, terre, per esperienza e tradizione. C'è distinzione tra due "culture", c'è scontro ma anche possibilità di unione, basta aspettare e saper riconoscere il proprio ruolo, rispettando certi ritmi innati e continui. Poi c'è talmente tanta intelligenza nella natura che lo sforzo di avvicinarsi al bello viene inevitabilmente compreso e premiato. Sono suggestioni e fascini, documenti del vero e incredibilmente normali.
Autore critica:Susanna Nasti
Fonte critica:Duel
Data critica:

7/1/2003

Critica 3:Il mondo visto dall'alto, senza frontiere, unica e meravigliosa alternanza di ghiacci e deserti, un set infinito che capta i paesaggi di John Ford e la Grande Muraglia, conquista i cieli di Manhattan nel raggelante flash sulle Twin Towers e sfiora la Tour Eiffel, tutto attraverso lo sguardo del Popolo migratore, gli uccelli, seguiti nel loro vagabondare dalla macchina da presa volante di Jacques Perrin. Capolavoro unico, impresa grandiosa dell'attore-produttore francese, che già con Microcosmos, le peuple de l'herbe (1976) aveva restituito il silenzio alle creature aliene del pianeta, Il popolo migratore, è un film «muto», o quasi, avventura alata dove la sapienza scientifica, il cinema e la poesia si fondono in un tutt'uno lisergico. Gli operatori sul deltaplano fanno da battistrada alle anatre imprintate (ma ci sono anche esemplari selvaggi), che seguono i loro «simili», gli amici, i parenti, gli uomini. Il cast infatti può dirsi dis/umano, fuori da ogni intento didattico e lontano migliaia di chilometri (la sterna codalunga batte ogni record nella sua migrazione: 36.000 km) dai documentari tv drammatizzati ad arte. Il popolo migratore è una sinfonia di immagini e di suoni, transiti onirici, rivelazione di un pianeta che nessun satellite ci restituirà mai così avvolgente. Musica originale di Bruno Coulais, Orchestra Bulgara, e voci di Nick Cave e Robert Wyatt, il più sensibile interprete dei pennuti in viaggio (il suo disco Shleep lo mostra in copertina mentre dorme su una colomba in volo). Fuori campo, poche parole accompagnano le grandi migrazione di gru e aquile, pellicani e tortore, fenicotteri e albatros. Nella versione italiana (distribuisce Lucky Red) pochi tocchi in più (dialoghi aggiunti di Danilo Selvaggi) enfatizzano tensione e colore. «La promessa del ritorno è stata mantenuta...» dice alla fine Jacques Perrin, che ha seguito le formazioni geometriche tra nuvole e pioggia seguendo il sole e le stelle, riferimenti astronomici degli uccelli, navigatori infaticabili sulle rotte verso l'emisfero nord a primavera, dove si riproducono. Mentre l'autunno li fa volare in direzione sud, oltre ogni limite. Scolpiti nel cielo, gli uccelli diventano icone della Terra, testimoni della sua solitudine, mentre gli uomini concentrati negli insediamenti urbani sembrano i veri estranei, dissociati da questi angeli, presi di mira dai fucili dei cacciatori. Il film - una coproduzione europea - è sostenuto dalla Lipu (lega italiana protezione uccelli) e dal Wwf, che hanno avviato un progetto per la raccolta fondi contro il bracconaggio, in particolare per i campi dello stretto di Messina e del bresciano, i più a rischio, dove gruppi di sorveglianza presidiano il territorio. La nuova legge che prevede l'estensione della caccia anche nei parchi naturali - in linea con questo governo pronto a vendere i beni culturali - ha già prodotto disastri e comportamenti violenti tra i cacciatori. Militanti della Lipu sono stati aggrediti e sequestrati proprio in quelle zone. Il popolo migratore insegna che un uccello non conosce confini, mentre adesso ogni regione avrà la sua «licenza di uccidere» e la tortora dovrà imparare a non sorvolare mai il Veneto, per esempio. Intanto, vediamoli passare sul grande schermo incantato di Jacques Perrin.
Autore critica:Mariuccia Ciotta
Fonte critica:il Manifesto
Data critica:

16/11/2002

Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

A cura di: Redazione Internet
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