Dancer in the Dark - Dancer in the Dark
Regia: | Lars Von Trier |
Vietato: | No |
Video: | Dae Video |
DVD: | Eagle |
Genere: | Drammatico |
Tipologia: | Il lavoro |
Eta' consigliata: | Scuole medie inferiori; Scuole medie superiori |
Soggetto: | Lars Von Trier |
Sceneggiatura: | Lars Von Trier |
Fotografia: | Robby Muller |
Musiche: | Bjork |
Montaggio: | François Gedigier, Molly Malene Stensgaard |
Scenografia: | Karl Juliussen |
Costumi: | |
Effetti: | |
Interpreti: | Bjork, Catherine Deneuve, David Morse, Peter Stormare, Joel Grey, Jean-Marc Barr |
Produzione: | Danish Film Institute, Swedish F. I., Norwegian F. I., Icelandic F. Fund, Finish F. Foundation, Eurimage, Media Programme of E.U. |
Distribuzione: | Istituto Luce |
Origine: | Danimarca, Francia, Germania |
Anno: | 2000 |
Durata:
| 139'
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Trama:
| Selma, ragazza madre, è arrivata negli Stati Uniti dalla ex-Cecoslovacchia. Nel piccolo paese agricolo dove risiede, ha trovato lavoro come operaia in fabbrica. Selma non dice a nessuno la realtà della propria situazione: sta diventando cieca, e suo figlio Gene è destinato alla stessa sorte se lei non riuscirà a farlo operare in tempo. Si tratta di una operazione costosa, e per questo Selma giorno dopo giorno mette da parte il denaro, spendendo il minimo indispensabile e facendo turni di straordinario anche notturno. Selma ha la passione per il musical, e nei ritagli di tempo partecipa alle prove della locale compagnia teatrale. Ma la sua vista peggiora sempre di più, e ormai i movimenti che può fare sono veramente pochi. Selma si confida con Bill, il vicino proprietario di casa e poliziotto. Anche Bill ha bisogno di soldi per assecondare i desideri sempre crescenti della moglie, approfitta di un momento in cui Selma non distingue la sua presenza, osserva dove la donna tiene i risparmi e, quando è assente, entra in casa e li ruba. Selma però se ne accorge, capisce che è stato lui, cerca di riaverli indietro. Bill nega tutto, scoppia una lite, parte un colpo dalla pistola di ordinanza: ferito, Bill sente di non avere più la forza di sostenere i problemi che lo affliggono, chiede allora a Selma di non lasciarlo in quella condizione. Selma spara altri proiettili su di lui e l'uomo muore. Viene arrestata, sottoposta al processo e infine condannata a morte. Mentre è in carcere, il caso viene riaperto, c'è un rinvio e forse si potrebbe sperare in qualche cambiamento. Ma i soldi per l'avvocato non ci sono più, bisogna utilizzare quelli messi da parte per Gene. Selma dice di no. Rifiuta qualunque altra azione legale. Il rinvio scade e Selma muore per impiccagione.
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Critica 1: | La genialità di Von Trier è coniugare secondo l'American Dream un dramma proletario, privo di quel "glamour" che luccicava nei musical classici. Entra in scena perfino un Fred Astaire cecoslovacco: viene in mente il film di montaggio East Side Story ('97, di Dana Ranga), un'antologia dei misconosciuti e solari musical dei paesi del socialismo reale (anni '50 e '60). Allevatori che cantano, marinai che ballano, casalinghe che duettano. L'altra faccia (leggera) della retorica filmica oltre la Cortina di Ferro. In tal senso Mosca e Hollywood spalmavano sul mondo un similare e ingannevole belletto. Invece le sequenze melodiche in cui Selma si trasforma in "star" morale, non ne cancellano la vera condizione. Anzi, stride peggio il contrasto con l'esigenza di felicità e libertà che il canto esprime. Le bellissime "visioni" della quasi cieca, idealmente trasfigurate, fanno di Dancer in the Dark un poema sinfonico moderno, metafisico e politico allo stesso tempo. Lo si capisce dall'epilogo, da quel terribile strattone che sciocca la platea e spezza l'ultima performance della danzatrice nel buio (della giustizia). La macchina da presa, dal corpo piombato nel piano inferiore, si solleva a quello superiore e sale ulteriormente, interrotta dallo schermo nero. Segnando, forse, il movimento ascensionale di un'anima liberata. Una scelta registica fatta con discrezione, che rimanda al conclusivo e più esplicito miracolo delle campane in cielo di Le onde del destino. |
Autore critica: | Massimo Monteleone; |
Fonte critica | Rivista del Cinematografo on line |
Data critica:
| 20/10/2000
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Critica 2: | Traboccante di tenerezza, pietà e sbalordimento arriva sugli schermi la Palma d’Oro di Cannes. Premiato al Festival anche per la migliore interpretazione femminile, Dancer in the dark porta la firma di Lars von Trier. Stavolta il trucco dell’illusionista di Le onde del destino consiste nel proporre un singolare musical che ha messo l’angoscia al posto della gioia. Lo attraversa ballando, cantando e soffrendo Björk, 35 anni, l’età che aveva la Masina al tempo di Le notti di Cabiria: e in un misto di grinta e innocenza, questa piccola islandese un po’ ricorda la nostra Giulietta. Nelle interviste la musicista, che ha dato il suo contributo anche come autrice della colonna sonora, confessa di essere uscita distrutta dall’esperienza, tanto che si propone di non fare altri film. Speriamo che cambi idea, perché Dancer in the dark anche per merito suo risplende con allarmante originalità. In un’America anni ’60 girata in Svezia perché il fobico regista non prende l’aereo, l’esule cecoslovacca Selma è una piccola santa, operaia di giorno e filodrammatica alla sera. Il suo rifugio sono i film musicali, che ormai può solo farsi raccontare dall’amica Deneuve. Infatti sta perdendo la vista per una tara ereditaria, che incombe anche sull’adorato figlio dodicenne, a meno di non fargli un’operazione: per coprire i costi la nostra eroina lavora anche di notte. Dall’insolita premessa nasce un intrigo per cui la protagonista verrà licenziata, derubata, diffamata, coinvolta in un fatto di sangue, arrestata e condannata. I numeri musicali rappresentano le fantasie di Selma e sembrano aggiustare tutto: perfino il morto ammazzato si alza per intonare strofe assolutorie. Ma non è vero che in un musical non può succedere niente di brutto e in finale l’autore lo proclama con stoicismo. Non a caso Selma bambina voleva uscire dal cinema alla penultima canzone del film, solo modo per salvare le illusioni dall’impatto con la realtà. Sconsiglio di fare lo stesso con Dancer in the dark : perdereste una delle più forti emozioni del cinema contemporaneo. |
Autore critica: | Tullio Kezich |
Fonte critica: | Corriere della Sera |
Data critica:
| 21/10/2000
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Critica 3: | Una vita infame: Selma, una giovane cecoslovacca emigrata in America, fa l'operaia alla catena di montaggio, vive in uno squallido sobborgo di motorhomes, sta diventando cieca e mette via ogni centesimo per far operare il suo bambino e salvarlo dalla cecità che gli ha trasmesso. Infagottata in vestitini da quattro soldi, con le lenti spesse e lo sguardo sperso di chi non vede quasi più, Bjòrk si arrabatta e viene costretta all'omicidio nell'America appiattita dai colori desaturati che Lars von Trier le ha costruito intorno. La macchina a mano del dogma la insegue, stringe sulla sua faccia e sul suo sorriso che ostinatamente ritorna, non ci risparmia nessun particolare sgradevole degli interni, dell'omicidio disperato (violento, repellente, lungo, come nella vita e come in Quinto non ammazzare di Kieslowski), del carcere. E, a tratti, guidata dalla volontà di sopravvivenza di Selma e dalla scelta teorica ed emotiva di Von Trier, si blocca e lascia spazio alle volute ampie e piane del più tradizionale dei generi, il musical: la vita in musica, come ogni tanto ci illudiamo che sia, come non è mai, come solo al cinema può essere. Ogni rumore, o concatenazione di rumori, il battito ritmato di un passo (o di107 fatidici passi), lo stridio di una macchina, le voci e le "entrate" che si accavallano in un processo, il battito di un treno sulle rotaie o quello sordo e terrorizzato di un cuore, tutto serve a Selma per creare davanti ai suoi e ai nostri occhi il sogno di una vita cinematografica, da Tutti insieme appassionatamente (che fa da "guida" al film) a Sette spose per sette fratelli, dal modernismo alla Bob Fosse al vitalismo del musical sovietico anni '50, all'omaggio vivente a Jacques Demy e alle sue "demoiselles" che è Catherine Deneuve, operaia tenerissima, dalla faccia pulita, quasi ringiovanita. In Dancer in the Dark (anche il titolo è una citazione minnelliana), ci sono un dolore e un amore enormi, intrecciati appassionatamente nella più impossibile, ma per alcuni anche la più quotidiana delle finzioni: sognare la perfezione del cinema per resistere all'orrore della vita. |
Autore critica: | Emanuela Martini |
Fonte critica: | Film TV |
Data critica:
| 24/10/2000
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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Autore libro: | |
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