Processo di Giovanna d’Arco (Il) - Procés de Jeanne D'Arc
Regia: | Robert Bresson |
Vietato: | No |
Video: | Biblioteca Decentrata Rosta Nuova, visionabile solo in sede |
DVD: | |
Genere: | Storico |
Tipologia: | Storia del cinema |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Robert Bresson |
Sceneggiatura: | Robert Bresson |
Fotografia: | Leonce-Henri Burel |
Musiche: | Francis Seyrig |
Montaggio: | Germaine Artus |
Scenografia: | |
Costumi: | |
Effetti: | |
Interpreti: | Florence Carrez (Jeanne D'arc), Jean Darbaud (Nicolas De Houpperville), Philippe Dreux (Frère Martin Ladvenu), Jean-Claude Fourneau (Vescoco Cauchon), Jean Gillibert (Jean De Chatillon), Michel Herubel (Frère Isambert de la Pierre), Roger Honorat (Jen Beaupère), Marc Jacquier (Jean Lemaitre), Andre' Regnier (D'Estivet) |
Produzione: | Agnes Delahaie per Pathe' |
Distribuzione: | Non reperibile in pellicola |
Origine: | Francia |
Anno: | 1962 |
Durata:
| 90'
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Trama:
| Giovanna d'Arco è prigioniera da molti mesi, in una cella del castello di Rouen. Il film ne segue il processo, la condanna a morte e l'esecuzione sulla base dei testi dell'epoca, delle cronache minuziose degli eventi. L'imputata si ritrova progressivamente smarrita in un labirinto fatto di burocrazia e di malevola persecuzione, al termine del quale l'attende la sconfitta ineluttabile. Bresson non cerca la ricostruzione storica, ma vuole mostrare come l'ingenua sensibilità di Giovanna possa aprire le porte di un mondo misterioso, chiuse per la maggior parte delle persone.
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Critica 1: | Costituisce la summa della sua coscienza religiosa: il suo giansenismo fa della solitudine umana un privilegio e della dimenticanza della vita terrena un obiettivo. Un 'film musicale', astorico, come precisa lo stesso regista. |
Autore critica: | Fernaldo Di Giammatteo |
Fonte critica | Nuovo dizionario universale del cinema |
Data critica:
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Critica 2: | Il processo, la condanna, la morte di Jeanne d'Arc che, sotto l'accusa di eresia e stregoneria, fu arsa sul rogo a Rouen nel 1431 all'età di 19 anni. Sesto film di Bresson, è, come gli altri, il resoconto di un'avventura spirituale e un omaggio, nato dall'amore, a una creatura di Dio di cui ancor oggi persino i non credenti ammirano "la prudenza, la finezza, l'intelligenza". Il ritmo del film non è dato dal dialogo: è il dialogo stesso stupendo per limpidità, bellezza e concisione desunto parola per parola dagli atti storici e dalle minute dei due processi, quello di condanna e quello, successivo di 25 anni, di riabilitazione. Si chiude sull'immagine del tronco d'albero annerito dal fuoco da dove pendono, ormai inutili, le catene. È una metafora di Bresson sul proprio cinema. |
Autore critica: | |
Fonte critica: | Il Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli |
Data critica:
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Critica 3: | Un film giudiziario d’autore (Bresson ha scritto la sceneggiatura basandosi sulle minute del processo), in cui "gli interrogatori servono soltanto a suscitare sul volto di Giovanna le sue impressioni profonde, a registrare sulla pellicola i movimenti del suo animo". Rigoroso, geometrico, quasi glaciale nella messinscena (ma la logica del campo-controcampo è spezzata da primi piani emotivamente efficaci proprio in virtù del loro isolamento), il film di Bresson si distingue nettamente da tutte le altre versioni anche per il ritratto della pulzella: non più l’eroina plebea, ma una donna raziocinante nel suo mistero, disinvolta ed elegante, che si confronta con i giudici alla pari ("parlava una lingua di perfezione mirabile", sostiene il regista). All’epoca fu più criticato (per eccesso di distacco e cerebralità) che apprezzato, e anche oggi sconta - a torto - la difficoltà del suo autore. |
Autore critica: | |
Fonte critica: | Circolo del Cinema, Bellinzona (CH) |
Data critica:
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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