Ali' - Ali'
Regia: | Michael Mann |
Vietato: | No |
Video: | Cecchi Gori Home Video |
DVD: | Cecchi Gori |
Genere: | Biografico |
Tipologia: | Spazio critico |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Gregory Allen Howard |
Sceneggiatura: | Michael Mann, Stephen J. Rivele, Eric Roth, Christopher Wilkinson |
Fotografia: | Emmanuel Lubezki |
Musiche: | Pietre Bourke, Lisa Gerrad; canzoni di Kenneth 'Babyface' Edmonds, Marvin Gaye, R. Kelly |
Montaggio: | William C. Goldenberg, Lynzee Klingman |
Scenografia: | John Myhre |
Costumi: | Marlene Stewart |
Effetti: | David H. Watkins |
Interpreti: | Will Smith (Muhammad Ali'), Jamie Foxx (Drew 'Bundini' Brown), Jon Voight (Howard Cosell), Mario Van Peebles (Malcolm X), Ron Silver (Angelo Dundee), Jeffrey Wright (Howard Bingham), Mykelti Williamson (Don King), Jada Pinkett Smith (Sonji), Nona Gaye (Blinda), Levar Burton (Martin Luther King Jr.) |
Produzione: | Columbia Pictures Corp. - Forward Pass - Ieg Initial Entertainment Group - Overbrook Entertainment - Peters Entertainment - Picture Entertainment Corp. |
Distribuzione: | Cecchi Gori |
Origine: | Usa |
Anno: | 2001 |
Durata:
| 158’
|
Trama:
| Il 24 febbraio 1964 Cassius Clay incontra Sonny Liston, vince per ritiro al 7° round e diventa campione del mondo dei pesi massimi. Da quel momento si proclama aderente alla religione musulmana e assume il nome di Muhammad Alì. Conosce Sanshi e, contro il parere del suo entourage, la sposa. Il leader nero Malcolm X, che Alì frequenta, viene brutalmente ucciso nel corso di una predica. Dopo essersi aggiudicato al 1° round la rivincita con Liston, Alì tratta male la moglie che allora va via di casa. Quando arriva la notizia che è stato arruolato e deve adempiere al servizio militare, Alì rifiuta di obbedire e viene arrestato per renitenza alla leva militare. Esce su cauzione, viene di nuovo interrogato, oppone ancora rifiuti, è dichiarato colpevole e condannato a 5 anni di detenzione e ad una multa di 10mila dollari. Decaduto dal titolo di campione, che passa ad Ellis, sospeso dalla pratica musulmana e dal tempio, Alì fa ricorso alla Corte suprema. In attesa, va a Filadelfia a parlare con Joe Frazier e poi sale sul ring e vince per ko contro Jerry Quarry ad Atlanta, città dove può agire anche senza la licenza pugilistica che gli è stata tolta. La Corte Suprema lo riconosce innocente e lo rimette in libertà. Incontra allora Frazier, perde, ma poi Foreman batte Frazier, e quindi viene organizzato l'incontro tra i due, con sede a Kinshasa, in Africa. Dopo un rinvio e mesi di preparazione, arriva il giorno del match, nel 1971. Alì vince per ko.
|
Critica 1: | Al contrario di molti colleghi "yes-men" della Hollywood odierna, Michael Mann (Heat, Insider) è un regista dotato di grossa personalità. Lo confermano le prime immagini di Alì: mentre Cassius Clay si allena in palestra, ci passano davanti frammenti dei suoi incontri, della sua fanciullezza, di un discorso del suo amico Malcolm X sul diritto a reagire alla violenza. Nelle due ore e mezza che restano seguiremo dieci anni della vita del campione, dal 1964 al '74: l'ascesa, la caduta e la resurrezione sul ring, la conversione alla fede musulmana, col nome cambiato in Muhammad Alì; gli amori e i matrimoni; il rifiuto di prestare servizio in un esercito che sta combattendo la sporca guerra del Vietnam; gli storici match con Sonny Liston, Joe Frazer e George Foreman, l'ultimo dei quali si tenne cosa mai avvenuta nella storia del campionato mondiale in un Paese africano, lo Zaire, e fu accompagnato da un memorabile concerto. Quella sequenza d'inizio, però, ci ha già detto l'essenziale sul protagonista, anticipando la fantastica parabola umana che trasformò l'uomo in mito per il popolo african-american, e non soltanto (vedi bella la scena in cui Alì, in Africa, si trova ritratto su un muro nell'atto di distruggere a pugni i carri armati). Prima e dopo Toro scatenato di Martin Scorsese, il cinema ha spesso integrato fra loro i modelli del film biografico e del boxe-movie ma, per quanto grandi, gli altri campioni avevano stature imparagonabili a quella del "più grande". Il compito di coniugare sport e storia c'è anche la scena dell'assassinio di Malcolm X non era certo lieve e il film soffre, nella seconda parte, di alcune pause di tensione e di qualche indugio non necessario. Però la qualità complessiva è alta, la ricostruzione puntigliosa, la fotografia perfetta, le sequenze di boxe (piaccia o no il genere, queste di Mann sono da antologia) eccezionali, il livello delle interpretazioni ottimo. Will Smith, candidato all'Oscar, deve essersi visto centinaia di volte le riprese di Alì e dei suoi combattimenti: ne restituisce così bene l'arroganza verbale, le movenze da ballerino e la potenza che, nei campi lunghi, potresti scambiare la copia per l'originale. Quasi irriconoscibile Jon Voight (anche lui candidato alla statuetta, ma come attore non-protagonista) sotto il pesante trucco del giornalista sportivo Howard Cosell. |
Autore critica: | Roberto Nepoti |
Fonte critica | la Repubblica |
Data critica:
| 2/3/2002
|
Critica 2: | C’è qualcosa di così ampio, nel cinema di Michael Mann, che non si riesce a cogliere, perlomeno a una sola prima visione. Perché come tutti i suoi film, anche Alì deve essere visto più volte. Per comprendere che la visione che Mann dà del mondo ci tocca nel profondo più di quanto possano fare cento altri registi. Per accorgersi che la realtà, come dice lui stesso, è totalmente riproducibile, secondo la ricerca incredibile di un'autenticità che si traduce nella costruzione di un universo fondato su linee, piani, pezzi sfocati, illusori, riflettenti, veloci, dentro il quale l'uomo si perde, vivendo. Il dettaglio, nel cinema di Mann, diventa principio di esistenza, con tutto quello che comporta, cioè, soprattutto, una vita fatta di mille cose che non riescono a trovare una sistemazione. Alì, che non è una cinebiografia come potrebbe apparire, pur mettendo in scena gli avvenimenti della storia di Muhammad Alì nella decade '64-'74 con adesione maniacale a fatti, persone e luoghi, sconvolge per la monumentalità dello sguardo e del respiro, tipicamente manniani. Dentro Alì c'è la paura dei cambiamenti in atto, rivoluzionari e mai finiti, del contesto e della personalità, come da "Strade violente" fino a Insider. E Mann ce la fa vedere e sentire, quella paura, attaccandosi, come sempre, ai personaggi, di loro volti, guardando nei loro occhi, con uno stile inconfondibile, unico, fatto di sfocature, angoli, ralenti. Ci sono momenti di inaudita forma cinematografica, pura perfezione linguistica: i dieci minuti iniziali, incredibili, con un medley di brani di Sam Cooke/David Elliott; il primo incontro sul ring con Liston; un paio di leggerissimi movimenti al ralenti nel "Rumble in the Jungle" finale con Foreman, che lasciano a bocca aperta. Che l'Academy abbia quasi trascurato Alì per gli Oscar 2002 è un affronto, e la conferma di quanto grande e fuori fuoco sia il suo autore; ma se Jon Voight nel ruolo del giornalista Cosell non si porta a casa la statuetta, sarebbe oltremodo offensivo. |
Autore critica: | Pier Maria Bocchi |
Fonte critica: | Film TV |
Data critica:
| 6/3/2002
|
Critica 3: | Per i giovani degli Anni 60, Cassius Clay, nato nel 1942 in Kentucky da una modestissima famiglia, è stato davvero «The Greatest» come lui stesso si autodefinì, e non solo grazie all´insuperato record di aver conquistato per tre volte il titolo di campione dei pesi massimi. Affrontare un personaggio leggendario, già immortalato in diversi documentari tra cui il bellissimo When We Were Kings di Leon Gast (1996), era una sfida impervia alla quale il regista Michael Mann ha risposto in modo brillante superando la maggior parte degli ostacoli, ma non tutti. Scritto con intelligenza, raffinatissimo nella fattura, illuminato dall´interpretazione ispirata di Will Smith (candidato all´Oscar) per non parlare di Jon Voight anche lui nominato come attore non protagonista nei panni del giornalista Howard Cosell, e realizzato senza badare a spese, «Alì» è un film impeccabile che ha il solo difetto di restare a tratti troppo freddo ed elusivo. Quanti lo conoscono per come è oggi, malfermo e invecchiato da una precoce forma di Parkinson a causa dei pugni presi, riusciranno a capire da questo ritratto elegante e impressionista la magnetica comunicativa di Alì? Il suo sincero impegno civile? Il perché di un mito planetario che ha lasciato un segno ben al di là delle cronache sportive? Abbracciando l´arco di un decennio, il film parte nel `64 con la vittoria del ventiduenne Cassius sul campione in carica Sonny Liston, prosegue raccontando l´amicizia del pugile con il leader del Black Power Malcom X, la conversione alla religione musulmana, l´assunzione del nome Mohamed Alì e le storie d´amore complicate dalla fede nell´islam. Nel `67 Clay rifiuta di andare soldato in Vietnam (è rimasta famosa la sua battuta: «Nessun vietcong mi ha mai chiamato nigger») e paga il gesto di ribellione con un lungo processo e la sospensione dall´attività sportiva. Il resto è la rimonta della china, la battaglia per riconquistare il titolo, la sconfitta del `70 nel match con Joe Fraser e la vittoria su George Foreman nell´incontro svoltosi nel `74 in Zaire. La lunga corsa per le strade di Kinshasa in mezzo a una folla esultante che, avendo identificato in Mohamed il proprio vendicatore benché anche Foreman fosse nero, gli grida «Alì bomaye» (Alì ammazzalo) è uno splendido film nel film e merita da solo la visita. |
Autore critica: | Alessandra Levantesi |
Fonte critica: | La Stampa |
Data critica:
| 1/3/2002
|
Libro da cui e' stato tratto il film |
Titolo libro: | |
Autore libro: | |
|