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Ragazzi di via Panisperna (I) -

Regia:Gianni Amelio
Vietato:No
Video:San Paolo Audiovisivi
DVD:Gianni Amelio, Vincenzo Cerami
Genere:Drammatico
Tipologia:Diventare grandi, I giovani e la politica
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:
Sceneggiatura:Gianni Amelio, Alessandro Sermoneta
Fotografia:Tonino Nardi
Musiche:Riz Ortolani
Montaggio:Roberto Perpignani
Scenografia:
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Andrea Prodan (Ettore Majorana), Ennio Fantastichini (Enrico Fermi), Mario Adorf (Corbino), Laura Morante (Laura Fermi), Virna Lisi (madre di Ettore), Sabina Guzzanti (Ginestra, fidanzata di Ettore), Alberto Grimignani (Emilio Segré)
Produzione:Urania Film - Rai Uno Roma - Taurus Film München
Distribuzione:Bim
Origine:Italia
Anno:1988
Durata:

122’

Trama:

Nel 1930 opera a Roma, nell'istituto di Fisica di Via Panisperna, un gruppo di giovani di grande impegno e talento, - Ettore Majorana, Bruno Pontecorvo, Edoardo Amaldi, Emilio Segré - sotto la guida di Enrico Fermi, professore govanissimo anche lui e già Accademico d'Italia. Senza disdegnare di tanto in tanto qualche scherzo goliardico, costoro riescono a portare a termine il primo esperimento nucleare. E' un evento straordinario la sfida tra due diverse concezioni della fisica, quella ufficiale e quella che ora si esprimeva in termini di energia non già elettrica, ma nucleare. Tra gli altri emergono, in un costante rapporto di reciproca ammirazione e diffidenza, di slanci e rancori, Enrico ed Ettore, un rapporto che si rivela e rinnova di continuo anche nella differenziazione dei metodi scientifici, essendo Enrico lo scienziato sperimentatore ed Ettore quello per così dire "puro", sempre teso ed assillato dallo stimolo di un intuito misterioso e geniale. Diversi anche come personalità e carattere - pragmatista e più disinvolto il professore, introverso l'altro ma più conscio delle conseguenze (anche terribili) che la nuova scoperta impone sul piano morale ed umano alla responsabilità degli scienziati - l'incontro-scontro fra i due è inevitabile. Prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, il Premio Nobel Enrico Fermi riesce a riparare con la moglie Laura (che è israelita) negli Stati Uniti. Mentre il gruppo di autentiche intelligenze di Via Panisperna si disgrega (anche Pontecorvo emigra), Ettore continua nei suoi studi insegnando a Napoli, indi abbandona tutto, forse stanco e smarrito, per ritirarsi fra le zàgare e la calura della sua ricca proprietà siciliana. Poi misteriosamente scompare.

Critica 1:Nel 1934 Fermi e i suoi allievi scatenano la reazione nucleare che apre la strada alla costruzione della bomba atomica. Solo Fermi e Majorana, il suo allievo più geniale, intuiscono quale tremenda responsabilità gravi sulle loro spalle. Diretto da uno dei più fini, intensi, coerenti registi italiani della penultima generazione, è un film TV quietamente emozionante: nella prima parte ha cadenze giovanili, leggere, ilari, poi il racconto diventa più scuro e denso sino alla malinconia.
Autore critica:
Fonte criticaKataweb Cinema
Data critica:



Critica 2:1938: Enrico Fermi, recatosi a Stoccolma per ritirare il premio Nobel conferitogli per le ricerche sui ‘neutroni lenti', si imbarca per l'America assieme alla moglie e i figli, le leggi razziali sono già operanti in Italia e la consorte di Fermi è, appunto, ebrea. Inizia, con lui la fuga di ‘cervelli' oltreatlantico. Ma in quello stesso anno un altro scienziato Ettore Majorana - allievo e amico di Fermi - scompare nel nulla durante una traversata in nave, dando origine al mistero mai dissipato, che ha ispirato il libro di Leonardo Sciascia: «La scomparsa di Majorana». Suicidio o ritiro volontario nel silenzio di un convento? Professore di fisica teoretica all'Università di Napoli dal 13 gennaio 1938, Majorana (noto per le sue ricerche sul nucleo e la fissione dell'atomo considerate all'origine dell'energia atomica) scrive al preside Antonio Carelli, il 25 marzo, pochi giorni prima di sparire: «Ho preso una decisione che era ormai inevitabile. Non vi è in essa un solo grano di egoismo, ma mi rendo conto delle noie che la mia improvvisa scomparsa potrà provocare a te e aglistudenti». Poi più nulla.
Per Leonardo Sciascia l'inquietudine di Majorana diventa l'inquietudine lucida e consapevole nei confronti di ricerche e scoperte di cui lo scienziato avvertiva il futuro violento e distruttore. Enfant prodige del calcolo e studioso nevrotico, oltreché geniale, Majorana, insomma, avrebbe intuito l'avvento della bomba atomica e l'inevitabile utilizzo perverso delle scoperte scientifiche. E, dunque, travolto dal dubbio, avrebbe volontariamente abbandonato la scena mondana. È questa anche l'ipotesi - molto contestata, soprattutto in ambiente scientifico - cui si richiama Gianni Amelio nel ricostruire in I ragazzi di Via Panisperna la vicenda dei padri italiani dell'atomica. Chi sono i ragazzi di Via Panisperna? II film - pur usando volutamente solo i nomi di battesimo: Enrico, Ettore, Edoardo, Franco e Emilio - ricostruisce il percorso comune di Fermi, Majorana, Edoardo Amaldi, Franco Rasetti, Emilio Segré che, ancora studenti, presso l'istituto romano di fisica di Via Panisperna, contribuirono ad aprire una nuova era, quella dell'energia nucleare. Un gruppo intellettualmente solidale e ricco di contrasti, riunito attorno alla personalità prepotente del loro giovane professore, Enrico Fermi. Un gruppo i cui percorsi Amelio ricostruisce filtrati attraverso la riflessione contemporanea, consapevole delle conseguenze dell'energia atomica, ma anche con rispetto per l'infuocata innocenza dell'età delle scoperte e della giovinezza spavalda. Prima di essere un ritratto ideologico, dunque, quello di Amelio è un ritratto sentimentale, attratto dai germi della genialità scientifica e dal loro prodursi nelle persone come già succedeva nei lavori precedenti del regista, da La città del sole dedicata alle utopie di Campanella al magistrale Il piccolo Archimede. E il nodo narrativo e dialettico del film consiste proprio nel contrasto, spesso violento, tra la razionale fiducia nella neutralità dei risultati che determina la ricerca scientifica di Fermi e, al contrario, la dissipazione oscura di Majorana, la cui ricerca è costantemente attraversata dal dolore del ripensamento e dal demone dell'autodistruzione. Certo, i personaggi tratteggiati da Amelio sono caricati di un eccesso di moderna consapevolezza che molti rifiutano. Ma che importa ai fini del film? Amelio approfitta, per così dire, della vicenda storica per aprire il racconto e strapparlo alle secche della documentazione, per raccontare ciò che pensa della scienza e dei suoi dilemmi, per riattraversare un universo ed un periodo storico in cui libertà della ricerca e costrizione del regime sociale finiscono per entrare inevitabilmente in conflitto. E per produrre conflitto nell'individuo. Al di là del dato storico a noi interessa il risultato espressivo dell'operazione di Amelio, regista poco allineato che insiste solitario, contro ogni tendenza o moda, a ragionare di un cinema ‘illuminato', un cinema-saggio in cui riflessione e concettualità tentano di trasformarsi in stile e linguaggio. Un cinema, va detto, che pochi ormai perseguono e che non usa più, ma che Amelio può continuare a fare proprio perché lavora quasi esclusivamente per la televisione (l'uscita in sala della versione breve de I ragazzi di Via Panisperna è, in qualche modo, una scelta di riserva). Il che non significa che il suo sia un cinema televisivo, ma piuttosto che Amelio sa bene come attraversare e riattraversare, in continuo equilibrio, il confine sottile che separa tensione saggistica, rigore documentario ed esigenza finzionale. Anche in questo senso, Amelio riesce ad approfittare di alcuni margini espressivi della televisione per produrre un cinema che, altrimenti, nel quadro contemporaneo risulterebbe impossibile o marginale. A partire da uno sfondo sociale preciso e dalle tensioni dialettiche che questo stesso sfondo esibisce, il regista de I ragazzi di Via Panisperna si concede dunque una libertà di reinvenzione che ha a che fare esclusivamente con la messa in gioco di materiali visivi, narrativi e sonori di puro ambito cinematografico. Esemplare, da questo punto di vista, l'apertura e la prima parte del film, dove la presentazione dei personaggi si allarga a dismisura sino a far scendere in campo la Roma d'epoca, la retorica del fascismo e il dissidio tra scienza passata e forze giovani e contestatrici, incarnate dal gruppo di Via Panisperna. Per riuscire in questa operazione, Amelio prende un piccolo elemento, le onde via etere scoperte da Marconi - insomma la radio come mito del tempo - e lo trasforma in materia prima della narrazione. Dopo l'inizio con panoramica sulla città dal punto di vista della piccola mongolfiera approntata per l'esperimento, si passa alla presentazione del gruppo di amici, in frenetica attività per mettere a punto calcoli e materiali (un'occasione, anche, per evidenziare le strabilianti doti matematiche di Majorana e il suo conflitto con l'ignoranza dei vecchi professori). Infine, la macchina da presa entra in uno studio radiofonico dove, con carrelli e precisi movimenti ci presenta l'avvenimento del giorno, il saluto agli ascoltatori di un Guglielmo Marconi biancovestito, «padre della radio», trasformato in pomposo simbolo del fascismo. La metallica voce radiofonica dell'epoca viene interrotta - da un punto imprecisato, dunque da ogni punto possibile dell'immagine - dalla gracchiante voce dei ragazzi che annunciano la morte di Marconi e, assieme a lui, della vecchia fisica. Una voce fuori campo e clandestina che si fa protagonista della lunga sequenza, unendo ambienti e personaggi, uscendo assieme a loro per le strade di Roma, segnalando in modo suggestivo e immediato la non-ortodossia del gruppo di Via Panisperna. Certo, nell'episodio non c'è nulla di vero e, forse, come ha dichiarato, all'uscita del film, l'ottantenne Ettore Amaldi, quei giovani studenti erano più seri e meno goliardi. Ma, ancora una volta, a noi che importa? Lo scherzo è così riuscito e pregnante che, se non fosse successo si sarebbe dovuto inventarlo, come, appunto, ha fatto Gianni Amelio con l'aiuto dello sceneggiatore Vincenzo Cerami e il risultato è un film in cui il tempo della nostra storia è riascoltato con attenzione ma riscritto con intenzione, senza dimenticare, appunto, il valore del gioco, dell'ironia e dell'infedeltà motivata.
Autore critica:Viola Brusati
Fonte critica:Cineforum n. 282
Data critica:

3/1989

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
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A cura di: Redazione Internet
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