Salaam Bombay! - Salaam Bombay!
Regia: | Mira Nair |
Vietato: | No |
Video: | Domovideo, Multigram |
DVD: | |
Genere: | Drammatico |
Tipologia: | Diventare grandi, Infanzia di ogni colore, Migrazioni |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Mira Nair, Sooni Taraporevala |
Sceneggiatura: | Sooni Taraporevala |
Fotografia: | Sandi Sissel |
Musiche: | L.Subramaniam |
Montaggio: | Barry Alexander Brown |
Scenografia: | |
Costumi: | |
Effetti: | |
Interpreti: | Aneeta Kanwar (Rekha), Nana Patekar (Baba), Shafik Syed (Krishna), Mansa Vithal (Manju), Raghubir Yadan (Chillum) |
Produzione: | Mirabai Film (India), National Film Development Corpor. (Usa), Channel Four Television (Gb), Cadrage (Francia) |
Distribuzione: | Non reperibile in pellicola |
Origine: | India |
Anno: | 1988 |
Durata:
| 113'
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Trama:
| Il decenne Krishna, abbandonato dal circo ambulante presso cui fa l'inserviente, si reca clandestinamente a Bombay sperando di poter guadagnare cinquecento rupie e tornare poi al paese dalla madre. Giunto in città, Krishna si trova a contatto con un mondo assordante e convulso dove tutti, e soprattutto tanti ragazzi, lottano disperatamente per la sopravvivenza. Divenuto "chaipau", portatore di tè, Krishna impara a conoscere la strada ed i suoi abitanti: vagabondi, delinquenti minorili, prostitute, protettori, spacciatori di droga, ladri. Fa amicizia con Chillum, un tossicodipendente che salva dal suicidio (anche se questi successivamente morirà, dopo aver derubato Krishna di tutti i suoi risparmi); si affeziona a Manju, la piccola figlia di Rekha, una prostituta sfruttata ignobilmente da Baba; tenta di aiutare Solassal, una ragazza avviata alla prostituzione. Rinchiuso in un istituto correzionale e riuscito a fuggire, Krishna giunge a casa di Rekna nel momento in cui questa ha un diverbio con Baba: interviene e, per salvarla, lo uccide.
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Critica 1: | Il decenne Krishna arriva da solo a Bombay e vive per la strada, come migliaia di altri bambini, guadagnandosi il salario quotidiano come portatore di tè o di pane e imparando la dura e impietosa legge della metropoli. Ammirevole primo film (premiato a Cannes con la Camera d'or) che, come ogni opera neorealistica seria, nasce da un meticoloso lavoro di ricerca e
documentazione. Evita quasi sempre le trappole del patetico. |
Autore critica: | |
Fonte critica | Il Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli |
Data critica:
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Critica 2: | Il protagonista ha un nome ingombrante per la cultura indiana e beffardo per il contesto in cui si ritrova a vivere, poiché la divinità taumaturgica che lo identifica sembra non avere alcun potere per migliorare situazioni di estremo disagio e sopraffazione, in cui i diritti più elementari sono regolarmente violati. Non a caso, il suo nome viene modificato nel corso del film e il divino Krishna si trasforma più prosaicamente in Chaipu, semplice portatore di tè.
Bombay è l'emblema di un luogo che dovrebbe apparire magico e ricco di opportunità e invece si rivela una sorta di gabbia – come suggeriscono le molte inquadrature iniziali che utilizzano scenografie claustrofobiche e enfatizzano la messa in scena di vari tipi di barriere fisiche – in cui i più piccoli, abbandonati a se stessi, hanno poche speranze di condurre una vita umanamente accettabile. La città appare segnata da un brulichio continuo e disordinato e fin dalle prime sequenze, con l'arrivo del protagonista, i rifiuti fisici si confondono con quelli umani, le strade sono popolate da moltitudini di senza dimora e di disperati che ci vivono ventiquattr’ore al giorno.
La povertà che caratterizza molti abitanti di Bombay appare ancora più grave in riferimento ai bambini protagonisti del film, sul cui sguardo la regista ritma tutta la narrazione. È attraverso gli occhi di Krishna che lo spettatore viene a contatto con situazioni di estremo disagio, in cui i più piccoli si ritrovano a vivere quasi come schiavi o comunque in condizioni di estrema privazione. Il lavoro minorile appare un vero sfruttamento, cui è possibile sfuggire solo compiendo piccoli o grandi reati. Ma in questo caso aumentano sensibilmente i rischi di morte violenta o di finire in riformatorio.
Pur mostrato in una breve parentesi del film, il carcere minorile appare una gabbia peggiore di quella che c'è fuori, con la sopraffazione e la violenza che sembrano le uniche regole rispettate. Anche un'altra possibile alternativa per sfuggire a tale situazione appare impraticabile, come sperimenta Chillum: la scelta di drogarsi per essere il più possibile incosciente di fronte al degrado che caratterizza la propria esistenza non ha ovviamente un esito piacevole, portando a compimento in modo ancora più rapido il processo di auto-distruzione.
In questo panorama gli adulti non appaiono mai come riferimenti. Al contrario sono tendenzialmente degli sfruttatori, dal padrone del circo all'inizio, al venditore di tè, al trafficante Baba, che non ha alcuna remora nel gestire non solo merci, ma anche esseri umani. Le giovani comprate per pochi soldi in provincia, costrette a diventare prostitute e vendute ai migliori offerenti in città sono un altro drammatico emblema dell'infanzia rubata e del degrado in cui si ritrovano proiettati i piccoli protagonisti. Con un'aggravante: nei loro occhi comunque infantili, come capita a Solasaal, c'è ancora l'illusione che i più grandi siano in qualche modo affettuosi e agiscano per fare del bene.
In questo senso, l'uccisione finale di Baba da parte di Krishna, non premeditata e sicuramente catastrofica per le conseguenze che avrà sulla vita del bambino, diventa una sorta di vendetta per l'insieme dei torti subiti lungo il film da tutti i minori, accomunati da un senso di impotenza e dal fatto che per loro non sembra esserci un posto felice in un mondo basato sullo sfruttamento. |
Autore critica: | Michele Marangi |
Fonte critica: | Aiace Torino |
Data critica:
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Critica 3: | |
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Data critica:
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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