Filming Othello - girando Otello - Filming Othello
Regia: | Orson Welles |
Vietato: | No |
Video: | Biblioteca Rosta Nuova |
DVD: | |
Genere: | Documentario |
Tipologia: | Storia del cinema |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Orson Welles |
Sceneggiatura: | Orson Welles |
Fotografia: | Gary Graver |
Musiche: | Alberto Barberis, Angelo Francesco Lavagnino |
Montaggio: | Marty Roth |
Scenografia: | |
Costumi: | |
Effetti: | |
Interpreti: | Orson Welles, Robert Coote, Hilton Edwards, Micheal MacLiammoir |
Produzione: | Flaus Hellwig e Jurgen Hellwig |
Distribuzione: | Non reperibile in pellicola |
Origine: | Germania Occidentale |
Anno: | 1978 |
Durata:
| 90’
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Trama:
| Orson Welles racconta la storia delle peripezie produttive del film Otello iniziato nel 1949 e portato a termine nel 1952.
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Critica 1: | Prodotto dalla seconda Rete della TV tedesca, è la rievocazione della laboriosa lavorazione del film Othello (tre anni di riprese a intervalli, dal 1950 al 1952; quattro attrici per Desdemona; produttori falliti; negativi sequestrati), fatta da O. Welles con due amici attori, H. Edwards e M. MacLiammoir (che in Othello interpreta Iago), con studenti di un'università di Boston o da solo, davanti alla moviola. Welles ne approfitta per spiegare il proprio mestiere e le sue idee sul cinema. |
Autore critica: | |
Fonte critica | Il Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli |
Data critica:
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Critica 2: | Come F f or Fake, anche Filming Othello è un film molto " parlato " (da Welles e dagli altri " attori ", che poi interpretano loro stessi). L'idea - abbiamo visto - risale a parecchio tempo fa, al '52, quando l'Otello wellesiano vinse a Cannes. La realizzazione pratica dell'idea di " introdurre " questo capolavoro shakespeariano, però, è molto più recente: tra la pigrizia atavica di Welles e le oggettive difficoltà economiche, si è dovuto attendere fino al 1'977 per iniziare questo prezioso lavoro di taglia e cuci dei materiali vecchi e nuovi del film. Filming Othello ha una struttura " televisiva " (un omaggio o una presa in giro al Godard di Numéro deux? ), con il " racconto " continuamente frammentato e integrato dagli spezzoni del vecchio Otello, commentati dalla voce fuori campo di Welles, o dalla presenza " in scena " del vecchio marpione invecchiato, gonfio e rubizzo (ma che non sia un ennesimo virtuosismo di truccatura?), il quale trova gli ambienti ideali, i " luoghi deputati " - come la moviola e l'Università di Boston, dove " presenta " il suo film - per ironizzare su se stesso e sugli altri. Ha scritto Piera Detassis: «Ecco dunque l'immagine strana del grande Welles costretto quasi in un piccolo spazio fumoso, gonfio di gente, con un microfono davanti alla bocca, a parlare del suo Otello, nell'università di Boston. Con qualche guizzo e qualche acidità nelle frasi, in risposta a domande un po' pedanti e un po' stupide. Ma anche un po' di rassegnazione al gioco, un'ombra - ed è già troppo - d'adeguamento».
Ma il film inizia proprio in una sala di montaggio e con Welles che immediatamente magnetizza lo spettatore, facendo l' “elogio " della moviola: «Questa è una moviola - dice guardando in macchina -, la macchina che serve al montaggio dei film. Ma in realtà, quando parliamo di tagliare o di montare, non diciamo veramente tutto. Un film non è fatto solamente sul set; una buona parte della realizzazione viene eseguita letteralmente qui. Una moviola come questa è dunque importante quasi come una cinepresa. Qui si tenta di recuperare dei film e se, a volte, si tratta veramente di un salvataggio, talvolta è un salvataggio-massacro. Questa è l'ultima tappa esistente nel lungo cammino che incomincia dal sogno nato nella mente di un cineasta e arriva fino al pubblico, destinatario di questo sogn ». E, di questo passo magnetico e colloquiale, Welles ci mostra la sua «tenace volontà (...) di procedere alla fondazione, ancora una volta, della propria mitologia» (Detassis), visto che dal '41 ad oggi ogni volta ha dovuto rifarlo. E racconta, " fa " storia; gli episodi si susseguono: il signor Scalera, della Scalera Film, amante di Verdi (per questo gli fa fare l'Otello), il Cyrano de Bergerac preparato e poi inaspettatamente venduto a José Ferrer che ci vince un Oscar; e poi, ancora, il fallimento della produzione di Otello, le difficoltà e le improvvisazioni (vedi la famosa scena della morte di Rodrigo nel bagno turco), i " salti mortali " tra la Francia, l'Italia, il Marocco; il suo lavoro di attore per pagare il film, che però ogni tanto si blocca e quando si riprende bisogna cambiare metà troupe (le quattro Desdemone, per esempio).
Ormai è un fiume di parole e di ricordi che dilaga, irrefrenabile: «Non abbiamo mai avuto i mezzi necessari per costruire qualcosa. Quindi non venne disegnato niente. Bisognava trovare tutto. Per questa ragione furono fatti tutti questi viaggi: Jago passa dal portale di una chiesa di Torcello (... ) ad una cisterna portoghese al largo della costa africana. Ha attraversato il mondo ed è passato da un continente all'altro nel bel mezzo di una frase. E questo in Otello avviene in continuazione. Una sala toscana e un bastione marocchino sono due parti di quello che, nel film, è un unico salone. Rodrigo picchia Cassio a Mazagan e riceve la risposta a Orvieto, a 1500 chilometri di distanza». È un " come eravamo " molto tenero e delicato, nascosto com'è dietro a questo volersi far dire in continuazione «Ma guarda quant'era bravo ...». E il " gran maestro " (che è ancora bravo, bravissimo), aperto un altro varco emotivo nello spettatore, lo sfrutta subito e ci mette le chiacchiere del dopopranzo, in cucina, sulla gelosia - «il sentimento più detestabile» - degli altri due grandi vecchi shakespeariani, i suoi amici del Gate Theatre di Dublino Hilton Edwards e Micheàl McLiammóir (quest'ultimo scomparso prima dell'uscita di Filming Othello). Welles è stranamente tenero nel riprendere questa sequenza: «... la voce graffiante e scettica - rileva Detassis - insospettabilmente si ammorbidisce sino a sfiorare l'emozione nell'incontro con i due, ormai vecchi, interpreti dell'Otello (McLiammóir era Jago e Edwards Brabanzio - n.d.a.), seduti ad un tavolo, con un Welles quasi sempre fuori campo, i volti incartapecoriti dall'abuso di ceroni, l'aria polverosamente nobile da attore shakespeariano» (Tra l'altro, nel '52, McLiammóir scrisse un libro, Put Money in thy Purse. The Filming of Orson Welles «Othello »).
Poi è di nuovo la moviola, con Welles che improvvisamente si stira e si " risveglia " dal sogno/ricordo emotivo. L'ultima zampata non può non essere sua: «Vi lascio con una confessione. Non tutto è stato così facile come avrei potuto sperare. Troppi sono i rimpianti, troppe le cose che avrei voluto poter rifare. Se, invece di un ricordo, si fosse trattato di un progetto per il futuro, parlare dell'Otello sarebbe stato una vera soddisfazione. Promettere dà un piacere maggiore di quello di spiegare. Di tutto cuore, preferirei non guardare indietro all'Otello, ma doverlo ancora realizzare. Sarebbe un Otello formidabile».
Welles innocente o Welles colpevole, quindi? Non importa, perché - come ha già risposto ne La signora di Shanghai - «innocente o colpevole non significa niente. L'importante è saper invecchiare bene!». E Welles sta " invecchiando " molto bene stando a questo Filming Othello: tutt'altro, quindi, che «contributi volontari per la pensione», come invece è stato detto. Il cammino di Orson Welles è ancora ben lontano dalla pensione. |
Autore critica: | Claudio M. Valentinetti |
Fonte critica: | Orson Welles – Il Castoro Cinema |
Data critica:
| 11/1980
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Critica 3: | |
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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