A me la libertà - A Nous La Liberte'
Regia: | René Clair |
Vietato: | No |
Video: | Luce |
DVD: | |
Genere: | Commedia |
Tipologia: | Il lavoro |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | René Clair |
Sceneggiatura: | René Clair |
Fotografia: | Georges Perinal, Georges Raulet |
Musiche: | Georges Auric |
Montaggio: | Rene' Le Henaff |
Scenografia: | Lazare Meerson |
Costumi: | Rene' Hubert |
Effetti: | |
Interpreti: | Raymond Cordy (Louis), Henri Marchand (Emile), Paul Ollivier (lo zio), Andre' Michaud (il caporeparto), Rolla France (Jeanne), Germaine Aussey (Maud), William Burke (il capobanda), Alex D'Arcy (il gigolo), Léon Lorin (il vecchio Gaga'), Jacques Shelley (Paul), Vincent Hyspa (la personalità sul palco) |
Produzione: | Films Sonores Tobis |
Distribuzione: | Cineteca Nazionale |
Origine: | Francia |
Anno: | 1932 |
Durata:
| 97’
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Trama:
| Emile e Louis sono due detenuti che trascorrono il loro tempo dietro le sbarre assemblando giocattoli e pianificando una possibile evasione. Quando cercano di scappare, le cose non vanno come avevano previsto e Louis resta in prigione. Ne esce qualche anno più tardi, mentre nel frattempo l'ex compagno di cella è diventato un industriale. Louis trova lavoro nella fabbrica di Emile, alla catena di montaggio, ma ben presto capisce che la fabbrica è fin troppo simile alla prigione che ha appena lasciato. Emile invece progetta di rendere il lavoro nella fabbrica completamente meccanizzato, ma qualcuno ha scoperto il suo passato di evaso e lo minaccia. Louis riesce a far comprendere all'amico che l'industria, il profitto, il progresso, non sono che un'altra prigione e la vera libertà per loro è lontano dalla fabbrica. Così i due partono insieme, per fare i vagabondi
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Critica 1: | In carcere Emile si sacrifica per l'amico Louis, aiutandolo a fuggire. Tempo dopo si ritrovano, il primo operaio e il secondo padrone, ma in difficoltà, nella stessa fabbrica che sta per essere automatizzata. Partono insieme a fare i vagabondi, liberi. Considerato un "classico" degli anni '30, ma sopravvalutato anche nei suoi significati sociali che in Italia la censura fascista smorzò nel titolo. Oltre a quella delle banconote al vento, è famosa la breve sequenza della catena di montaggio che ispirò Chaplin per Tempi moderni (1936). Notevoli i contributi di Georges Auric (musiche) e Lazare Meerson (scenografie). |
Autore critica: | |
Fonte critica | Il Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli |
Data critica:
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Critica 2: | ... E il sorvegliante di A nous la liberté, coi suoi baffi alla Guglielmo II è così piccolo quando si mette davanti alla porta della fabbrica e guarda il padrone con occhi così assolutamente e servilmente canini, che quasi non si riesce a rimproverargli il suo essere "cane" con gli operai. Cli rimprovera ad un cane di essere cane? E potrebbe forse la moglie di Cordy (Louis) vestire diversamente da come veste, avere degli amici diversi, non avere un amante? Certo non potrebbe.
In sostanza tutto Clair, se un vero artista come lui potesse essere costretto in una formula, sta da un lato in questa comprensiva e cordiale umanità, che inclinerebbe a mettere volentieri su uno stesso piano ogni creatura umana, e dall'altro nella intelligenza troppo raffinata che glielo vieta. (...)
La differenza fra Clair e Charlot è che quest'ultimo è un vero anarchico, profondamente corrosivo delle basi delle società, mentre il primo è un anarchico intellettuale. (...)
Lo scetticismo di Clair è quello che gli fa accettare le convenzioni del cinematografo verso il quale, come mezzo espressivo, egli regge il suo comportamento in quella posizione scettica di cui abbiamo già tentato una descrizione a proposito del suo avanguardismo. |
Autore critica: | Umberto Barbaro |
Fonte critica: | Cit. in Renè Clair, XL Mostra Internazionale del Cinema Venezia |
Data critica:
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Critica 3: | Se si abbandona il piano "umano", se si considerano solo il mondo messo in causa e le marionette che lo abitano, allora si deve convenire che la riuscita è totale. Come al solito, l'universo è sostituito dalla scenografia, da grandi superfici nude e da angoli vivi. L'immensa officina, la cui architettura si ispira alle officine Ford di Detroit, vuole essere soprattutto scenografia. Grandi pannelli di legno compensato riproducono l'aspetto lineare del modello, ne compongono la geometria, pur rifiutando la "sostanza" cioè il cemento. Ridotta al suo solo aspetto esteriore, alle sue linee essenziali, la fabbrica diviene una fabbrica tipo, l'idea della fabbrica. Lo stesso si può dire della prigione, in cui gli allineamenti delle sbarre - anche quelle in legno leggero - compongono una scenografia che diviene l'idea della prigione. |
Autore critica: | Jean Mitry |
Fonte critica: | Cit. in Renè Clair, XL Mostra Internazionale del Cinema Venezia |
Data critica:
| 1981
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Libro da cui e' stato tratto il film |
Titolo libro: | |
Autore libro: | |
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